Lamezia, le fibrillazioni interne al clan Giampà hanno accelerato l’operazione

Saverio Giampà

Dai piccoli esercizi commerciali alle grandi aziende, tutti vittime di estorsioni e minacce e costrette e pagare il “pizzo” alla cosca Giampà di Lamezia Terme. Nonostante avessero già vissuto un periodo in carcere, dopo le operazioni “Medusa” e “Perseo” contro la cosca di ‘ndrangheta, alcuni esponenti erano tornati in libertà ed avevano ripreso l’attività criminale, costringendo i negozi a pagare o con merce anche di poco valore oppure attraverso la richiesta periodica di somme di denaro, anche ingenti.

E’ questo il quadro che emerge dall’operazione “Filo rosso” condotta dalla Squadra Mobile di Catanzaro, dal Commissariato di polizia di Lamezia Terme, con la collaborazione del Servizio centrale operativo e con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Per costringere gli imprenditori a pagare, gli esponenti della cosca avrebbero utilizzato le intimidazioni con bottiglie incendiarie e danneggiamenti con ordigni esplosivi davanti agli esercizi.

Ma la polizia ha anche ricostruito diverse attività di spaccio di sostanze stupefacenti, a conferma di un’organizzazione criminale impegnata su più fronti. Saverio Giampà, uscito dal carcere per fine pena nell’ottobre 2016, insieme a due affiliati sottoposti ancora uno agli arresti domiciliari e l’altro alla sorveglianza speciale, avrebbe ripreso l’attività criminale, non sapendo però di essere intercettato in ogni suo spostamento. Tra le intimidazioni portate a termine, anche un ordigno artigianale posizionato davanti al cancello del cantiere per la realizzazione del nuovo palazzetto dello sport di via del Progresso per costringere la ditta impegnata nei lavori a cedere alle richieste estorsive.

Le indagini hanno anche evidenziato la netta contrapposizione tra la cosca Giampà e il clan dei Torcasio, storici avversari, al punto che dopo l’operazione della Dda contro i Torcasio per detenzione di armi, i Giampà avrebbero avuto momenti di fibrillazione perchè preoccupati del possesso di altre armi da parte degli stessi rivali. Un clima particolarmente teso, dunque, al punto da scatenare anche frizioni interne al clan Giampà.

Come nel caso dell’ordigno esplosivo piazzato davanti casa di Saverio Giampà, con il danneggiamento della porta di ingresso e dell’autovettura dell’uomo. Subito dopo uno degli affiliati, risultato legato ai Notarianni, sarebbe stato prima pestato selvaggiamente, quindi sarebbe stato costretto a lasciare la città per evitare di rimanere vittima di una imboscata. Per scongiurare eventuali delitti, la polizia ha quindi deciso di chiudere le indagini e portare a termine l’operazione.