Le carte (ancora) coperte della corsa per il Quirinale

Da Cartabia a Letta, quei nomi «al riparo» che potrebbero servire a raggiungere il compromesso tra gli schieramenti

(Roberto Gressi – corriere.it) – Per giocare a carte coperte bisogna conoscere le regole. Per la partita del Quirinale sono almeno tre. La prima dice che possono essere eletti cittadini italiani di almeno cinquant’anni che godono dei diritti politici. E i candidati sono milioni. La seconda recita che alle prime tre chiame servono il due terzi dei grandi elettori, solo dalla quarta basta la maggioranza assoluta: ed ecco che la schiera si assottiglia. La terza regola impone che il voto sia segreto.

Nasce per garantire la massima libertà nello scegliere la più alta carica dello Stato ma si confonde in un dedalo di alleanze insospettabili, agguati, partite doppie o anche semplicemente compromessi, per individuare il nome che più di altri può unire l’assemblea. Ed è allora che i candidati tenuti al riparo dal vento possono uscire dal gruppo. Soprattutto se si rivelasse arduo scegliere l’inquilino del Colle con un consenso larghissimo, visto che poi i due principali schieramenti non hanno voti abbastanza per fare da soli, e che la terra di mezzo conta un centinaio di grandi elettori. E visto che la maggioranza Ursula, quella che consentì la conferma a presidente della Commissione europea di Ursula von der Leyen, che conta su Pd, Cinque stelle, Forza Italia e Leu, vive per ora in chiave Quirinale più come suggestione che come percorso lineare.

Eccoli allora gli alfieri del piano B, che hanno dalla loro l’assoluta certezza che non si rotolerà nello scioglimento delle Camere. Anche se la mossa di Giancarlo Giorgetti (Mario Draghi capo dello Stato potrebbe continuare da lì a guidare le scelte), pur costituzionalmente goffa, rivela che al voto anticipato non ci pensa (quasi) nessuno.

Marta Cartabia (58 anni) ha dalla sua un curriculum inattaccabile. Presidente emerito della Corte Costituzionale, solida, preparata, giovane. È con lei ministro della Giustizia che la Francia accantona la dottrina Mitterand e restituisce all’Italia i terroristi delle Brigate rosse. Ed è lei a portare a casa la riforma del sistema giudiziario penale. Un successo e un handicap, perché i Cinque stelle che hanno tutt’ora il numero più elevato di grandi elettori la vedono come il fumo negli occhi, cosa che rende difficile anche al Pd sostenerla, vista la prospettiva di alleanza politica con i grillini. Ma non è detto che sia un muro invalicabile, considerato anche il fatto che libererebbe una casella, quella del Guardasigilli, cosa sempre preziosa nella corsa al Colle. E poi sarebbe la prima a rompere il tabù che non ha mai voluto una donna sullo scranno più alto.

Ma anche un maestro del Diritto come Giuliano Amato (83 anni) ha una schiera folta e trasversale di ammiratori. Fu un candidato molto accreditato sette anni fa, quando poi l’assemblea scelse Sergio Mattarella. Di lui si torna a parlare in questi giorni nei corridoi del Palazzo, anche adombrando, con zoppìa costituzionale, la possibilità che resti al timone non più di due anni. Cosa che consentirebbe di tornare a eleggere un presidente dopo le elezioni politiche, con i nuovi equilibri dettati dalle urne e con le Camere riformate dal taglio dei parlamentari.

C’è poi un’altra partita che vede all’opera l’abilità di king maker di Matteo Renzi, che muove sulla scacchiera alla ricerca di alleanze robuste e bipartisan. Qui il primo nome è quello di Pier Ferdinando Casini (65 anni), candidato non sgradito a una vasta area, una guida centrista che darebbe il tempo di andare a vedere se c’è nel Paese la possibilità di (ri)costruire una forza politica moderata capace di scardinare gli schieramenti classici degli ultimi anni. Ha il tallone d’Achille di avere alle spalle una lunga esperienza politica, un pregresso che può fare da freno nella ricerca di tutti i consensi necessari a superare lo scoglio del voto segreto.

Ecco allora apparire, tra le tante voci, la possibilità di puntare su una seconda carta coperta, quella del professor Sabino Cassese (86 anni). La scelta cadrebbe su un tecnico che ha attraversato lunghi decenni senza diventare mai portabandiera di uno schieramento. Nessuno vince con una spallata, nessuno perde davvero.

Ma anche il centrodestra ha i suoi nomi coperti. Il filosofo Marcello Pera (78 anni), presidente emerito del Senato, sarebbe un nome gradito in quello schieramento, pur con i leader sempre in competizione tra di loro, e potrebbe cercare voti nella terra di mezzo ma dovrebbe conquistarli quasi tutti, visto l’improbabile sostegno di Pd e Cinque stelle.

E infine, ma non ultimo, Gianni Letta (86 anni), il nome coperto per vocazione personale. Forte preparazione, senso delle istituzioni, capacità diplomatiche impareggiabili. L’unico che potrebbe far digerire a Silvio Berlusconi di essere usato come candidato di bandiera.

Ma quanto la partita sia lunga e incerta lo rivela l’ironia di Rosy Bindi, che non si sottrae al toto Quirinale e all’Espresso dice: «Sto già pensando al discorso, mentre Casini probabilmente se l’è già scritto tutto».