Lettere a Iacchite’: “Cosenza. Il calvario di nostra madre, morta per incuria in Rianimazione”

Egregio Direttore,

siamo i figli della signora Maria Agata Messinetti e vorremmo precisare alcune cose in merito alla morte di nostra madre avvenuta in Rianimazione a seguito di complicazioni dovute all’infezione da Covid, così come sostenuto dai sanitari.

Ci preme dire che è vero che nostra madre era ricoverata in Rianimazione ma non era assolutamente infetta da Covid. Precisiamo che nostra madre era dializzata, e come tutti i giorni era andata a fare la dialisi al centro “Euro 2000” di Montalto. Arrivata sul posto, gli infermieri del centro informavano nostra madre che doveva sottoporsi a tampone, visto che un altro paziente del centro era risultato positivo. Da questo momento in poi ha inizio il calvario di nostra madre. Dopo quattro ore di attesa al freddo davanti al centro di Montalto, finalmente arriva il risultato del tampone rapido: presunto positivo, e già qui ci siamo chiesti cosa volesse dire.

Dopo la comunicazione del risultato del tampone, il responsabile del centro di Montalto invitava nostra madre a recarsi presso il Triage del Pronto soccorso dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, per “approfondire” meglio il risultato. Così insieme a nostra madre in auto ci dirigiamo verso il Pronto soccorso. Arriviamo al Triage intorno alle 17 di venerdì 26 marzo, e subito nostra madre viene sottoposta al prelievo di ben 3 flaconi di sangue. Passano le ore e del risultato nessuna notizia. Preoccupati, iniziamo a chiedere notizie ai responsabili, ma nessuno sa dirci niente con precisione. Alcuni ci dicono che possono anche passare 6 ore prima di avere il risultato. Così restiamo al freddo in attesa. Intorno alle 20, dopo oltre tre ore di attesa, e dopo una giornata stressante per una dializzata, nostra madre inizia ad avvertire un primo malore.

Avvertiamo subito il responsabile medico della situazione, il quale con una certa sufficienza dice: sarà per via dello stress subito da questa giornata, e ci consiglia di farle mangiare qualche cracker. Stupiti da questa risposta insistiamo, visto l’aggravarsi dello stato di salute di nostra madre, e solo dopo le nostre rimostranze il medico decide di sottoporla a visita all’interno del Pronto soccorso. Dopo un primo monitoraggio il medico ci comunica che il quadro clinico di nostra madre risulta stabile. Non passano nemmeno 20 minuti che un altro medico ci comunica che nostra madre per via della mancata dialisi ha subito un arresto cardiaco. Ci spiega: l’innalzamento del livello di potassio ha causato l’arresto cardiaco, ed è per questo che si è reso indispensabile il suo ricovero in Rianimazione. E come se niente fosse ci invitavano a ritornare a casa con la rassicurazione che saremmo stati informati dal personale medico sullo stato di salute di nostra madre. Il tutto avveniva attorno alle 23, dopo ben sei ore di attesa.

Passa la nottata, e il giorno dopo alle 11 di sabato 27 marzo, chiamiamo in ospedale per avere notizie, e il medico responsabile ci comunica che la situazione era stazionaria, nonostante nostra madre avesse avuto un altro arresto cardiaco, rassicurandoci che l’equipe medica era al lavoro per curarla. Alle 13,30 arriva la triste notizia. Con una telefonata ci avvisano che nostra madre è deceduta, senza darci alcuna spiegazione, se non quella legata all’arresto cardiaco. Tant’è che oggi, dopo ben tre giorni dal decesso, non abbiamo ancora avuto il risultato del tampone.

Quello che ci chiediamo è com’è possibile morire in questo modo, com’è possibile che una donna dializzata venga trattata con sufficienza e menefreghismo da parte del personale medico che avrebbe dovuta curarla. Era evidente lo stato precario di salute di nostra madre, eppure l’hanno lasciata per ore al freddo e in attesa di cure che per nostra disgrazia sono arrivate troppo tardi. Non ci fermeremo qui, e chiederemo a chi di dovere di fare luce sulle cause della sua morte.

Vanessa e Luca Bossio