La rivolta di Reggio Calabria per il capoluogo di regione.
Reggio di Calabria 1970,”boia chi molla”, lotta di popolo, l’unico e vero 14 luglio altro che la cosiddetta “presa della Bastiglia”. Cinquantadue anni fa la rivolta della città, dal 14 luglio 1970 al febbraio del 1971, scese in piazza la popolazione di una città emarginata, vessata, arrabbiata. Il regime romano-centrico (governo e partiti, sindacati e mezzi di informazione), la bollò come una “rivolta fascista”. Cinque morti, duemila feriti, ottocento arresti e carri armati sul più bel lungomare d’Italia.
Ricordiamo l’epopea di una città eroica, cara a tutti i meridionali, esempio che, oggi non pochi per via della grave crisi politico-economica in corso, pensano – anche se non lo dicono – che bisognerebbe seguire in tutte le regioni della nostra martoriata nazione. La lotta di Reggio Calabria raccolse diverse adesioni in tutta la Calabria, capofila l’organizzazione cosentina della “Unione Bruzia”, per il succedersi dei moti che non furono contro lo Stato ma contro il sistema di potere che l’occupava. Molte le simpatie da parte di movimenti localistici indipendenti e antipartitocratici che parteciparono alle elezioni del 1970.
La repressione fu brutale e dura, non vi furono eccezioni nel colpire anche le donne che manifestarono in massa. Molte le pubbliche denunce a riguardo dei reparti speciali che violarono domicili, inflissero torture, in servizio 24 ore su 24 che a detta dei cittadini fu possibile con l’uso di stupefacenti.
Nessuna collusione con l’attentato di Gioia Tauro, che è rimasta sempre e solo una semplice congettura. Giorgio Almirante, unico leader cui si consentì in comizio a Villa San Giovanni, provò a rimuovere la linea dura del governo onde promuovere un ponte per il dialogo ma non fu assolutamente ascoltato. Alla repressione si accompagnò la mobilitazione della triplice sindacale che calò da tutta Italia a Reggio per intimidirla. L’adesione vantata da parte di alcune organizzazioni extraparlamentari di estrema sinistra, a differenza della destra, fu solo un fatto simbolico dl propaganda e non registrò una presenza di piazza. Sul finire della rivolta era stata progettata l’astensione dal lavoro, in tutto il nord, dei meridionali che poi non ebbe più modo di realizzarsi.
La condotta delle forze dei reparti speciali intervenute spesso non trovarono condivisione da parte degli uomini delle locali forze dell’ordine; non contrastarono iniziative, tanto per fare un solo esempio, come quella della “Unione Bruzia”, di far giungere a Reggio propri manifesti di solidarietà, già affissi a Cosenza, e volantini, in modo che non valesse il blocco totale della città nella quale nessuno poteva entrare oppure uscire, e nulla poteva inviarsi.
Grazie dell’attenzione.
Arturo Stenio Vuono