Il ponte sul fiume Allaro, della statale 106 jonica locridea, in provincia di Reggio Calabria, cade a pezzi.
Una parte era già crollata a novembre 2015 in seguito ad un violento nubifragio. Da allora si procede su una carreggiata con l’ausilio di un semaforo che regola il transito. Ora, ovviamente anche l’unica corsia su cui si marcia a senso unico alternato dà segni di cedimento. Al momento non esistono strade alternative.
Di ricostruzione, dopo 3 anni, si parlerà da settembre 2018 in poi. Se dovesse mollare, si può comprendere, essendo l’unico collegamento, come ci sarebbe un distacco e un isolamento praticamente totale tra sud e nord della Locride con tutti i disagi che si possono immaginare.
Sono state promosse e organizzate manifestazioni, cortei e assemblee, confrontandosi con politici tecnici e istituzioni ma senza alcun risultato. Il monitoraggio da parte di ANAS è attivo h24. Sono arrivati sul posto ingegneri, esperti e le maestranze del caso, hanno creato un po’ di trambusto con transennamenti, prove di carico, ed è tutto finito, come al solito con le rassicurazioni dei dirigenti. E’ un po’, se vogliamo, quello che sta succedendo anche per l’ospedale e per la cancellazione dei treni.
Oltre che per il ponte, abbiamo urlato la nostra rabbia contro lo smembramento dell’unico nosocomio ancora esistente, e la soppressione di quei pochi convogli rimasti, ma qua nessuno ci ascolta. Si ha come l’impressione che nei piani alti nessuno sembra accorgersi che in Italia e precisamente nella bellissima Calabria, esiste un lembo di terra, a sud del sud, chiamata Locride, la cui popolazione, completamente abbandonata dallo stato, ha gli stessi diritti di tutti gli altri esseri umani.
Quaggiù, è come se fossimo dei fantasmi, nessuno ci vede e nessuno ci sente. Siamo un popolo senza voce. La classe politica è assente e le istituzioni di più, anzi, a dire il vero l’unica istituzione viva e vegeta è la ndrangheta. Siamo in balìa di un caos sfrenato a cui nessuno è capace o vuole dare ordine.
E’ anche vero che esiste una assemblea dei sindaci, 42 per la precisione, che se fosse compatta, e se volesse, potrebbe scatenare una rivolta senza precedenti. Purtroppo è un organismo inconsistente che non vale granché, perché non è capace di rappresentare le istanze dei cittadini e mettere in campo strategie di lotta che possano incidere sulla risoluzione dei problemi.
Ognuno di loro è la prima tutela della propria cittadinanza. Se ci fosse, da parte loro, unità d’intenti, basterebbe prospettare davanti al prefetto, dimissioni di massa per una situazione divenuta, ormai, insostenibile. Si aprirebbe uno scenario, probabilmente unico, per cui il Prefetto dovrebbe pensare come gestire 42 comuni di una intera area. Ma forse no, anche se è solo fantasia, la poltrona è meglio non metterla in discussione… Insomma, è dura ammetterlo, ma è il fallimento della politica, che è stata trasformata, nel tempo, in un carrozzone al cui traino troviamo di tutto e di più.
Ma più ancora, e questo fa molta rabbia, è anche e soprattutto la bancarotta della società civile e i risultati delle ultime elezioni politiche ne sono la dimostrazione. No, non è pessimismo, ma la realtà sotto gli occhi di tutti. Se non facciamo un sforzo per svincolarci dall’indifferenza che il potere ci ha iniettato, soccomberemo. E’ ora di insorgere, manifestare avversità per un sistema che ci tiene soggiogati ai nostri bisogni. Bisogna diventare una ‘massa’ che pensa in modo collettivo, per costruire le basi di una vera Rivoluzione in grado, come dice Marx, di sovvertire lo stato delle cose presenti. E’ giunta l’ora di riorganizzarsi e riprendersi la vita. No, non è follia. Se la intendiamo nel senso della lotta per i diritti, per la libertà e l’emancipazione di tutti, per il riscatto del meridione e per un mondo migliore… è l’unica soluzione.
Pasquale Aiello