Lettere a Iacchite’: “Le clientele politiche cosentine sono la rovina della sanità”

Egregio direttore Dr. Carchidi,
sapevo che prima o poi sarebbe successo ma non avrei mai immaginato che quanto accaduto presso l’ospedale di Cetraro si sarebbe verificato a solo una settimana di distanza dall’ultima volta che le ho scritto.
Se ricorda, una settimana fa, le avevo evidenziato il problema della mancata pubblicazione del DCA 50 legata a sua volta, alla mancata firma dell’ex sub (che poi, a quanto pare, tanto “sub” non era!) commissario Dr. Urbani.
Lo stesso, per quanto affermato dal commissario Dr. Scura, aveva giustificato la sua mancata firma sul suddetto decreto elencando le varie specialità mediche per le quali in Calabria ci sarebbero degli esuberi addirittura sin dal 31 dicembre 2015. Anzi, per definire tale esubero, per la sola categoria dei ginecologi, il Dr. Urbani, sempre a detta del commissario Dr. Scura, aveva utilizzato un aggettivo che generalmente si utilizza con oggetti che non servono più: inutili.
Ebbene, in seguito a questa dichiarazione, il decreto 50 è stato riformulato dal dr. Scura in una nuova versione, che proprio per le parole del Dr. Urbani, ha portato alla pubblicazione, il 10 agosto scorso, del decreto 111, che non prevede alcun posto a tempo indeterminato per i ginecologi ostetrici in tutta la regione Calabria.
L’ospedale di Cetraro
Ora, solo cinque giorni dopo la pubblicazione del decreto commissariale 111, si è diffusa una notizia, che se confrontata con quanto scritto sopra, è veramente paradossale: il reparto di Ginecologia ed Ostetricia dell’ospedale di Cetraro, dal giorno prima di Ferragosto, è stato chiuso per mancanza di personale medico (alcuni medici in ferie e altri contemporaneamente  in malattia). Le partorienti afferenti a quel reparto hanno subito il gravoso disagio, proprio in concomitanza del parto, di essere smistate o verso l’ospedale di Cosenza oppure verso quello di Castrovillari.
La domanda che risorge spontanea è la seguente: come è stato possibile arrivare alla chiusura del suddetto reparto nonostante in Calabria ci siano, sin dalla fine del 2015, ben 8 ginecologi in eccesso? O, per dirla alla Urbani, inutili?
Proverò a spiegare questo paradosso andando un po’ oltre la sensazionalità della notizia.
La risposta la si può trovare facilmente fra le tabelle dello stesso decreto 111. Infatti, da queste tabelle si evince che al 31 dicembre 2015, in Calabria, a fronte della necessità di 15 ginecologi, erano presenti nelle piante organiche 23 ginecologi con contratto a tempo determinato. Ciò significa, in effetti, che c’erano 8 ginecologi in surplus ma tutti con contratto a tempo determinato.
Se in Calabria si fosse preferito seguire la legge che regola l’accesso del personale medico in ospedale, dopo aver effettuato le procedure di mobilità intra ed extraregionale per la copertura dei 15 posti, procedure previste oltre che da leggi nazionali (decreto legislativo n. 165/2001) anche dal DCA n. 2 del 2015, si sarebbe potuto stilare, poi, una graduatoria (basata sui titoli e sulla anzianità di servizio) di quei 23 ginecologi a tempo determinato ed effettuare inizialmente solo la stabilizzazione dei precari corrispondenti al numero di posti a tempo indeterminato che residuavano.
Il resto dei precari a tempo determinato sarebbe stato assorbito mediante la stabilizzazione, nel corso del triennio successivo al 2015, sulla base dei pensionamenti che si sarebbero verificati via via nei reparti di Ginecologia.
Ma è risaputo che in Calabria in generale, e a Cosenza soprattutto, almeno in ambito sanitario, non si preferisce rispettare leggi nazionali e regionali.
Scura e Urbani
Infatti, sembra che il Dr. Urbani, occultando il dato degli 8 ginecologi in eccesso, abbia così permesso l’espletamento di un concorso nel luglio 2016 presso l’ospedale di Cosenza. Con questo concorso non solo è stato assunto, a tempo indeterminato, personale medico ginecologico non appartenente a quei 23 ginecologi precari (e non c’era proprio la necessità dato il surplus di 8 unità fra i ginecologi precari storici) ma con questo stesso concorso si è permesso anche a tre precari storici con contratto a tempo determinato, appartenenti all’Asp di Cosenza, di passare all’Azienda Ospedaliera di Cosenza. La loro stabilizzazione avrebbe si dovuto avvenire ma solo all’interno dell’azienda detentrice del loro contratto a tempo determinato, che era stato stipulato proprio per sopperire a specifiche carenze nell’ambito dell’Asp di Cosenza.
Inoltre, sempre tramite lo svolgimento di questo concorso, è stata consentita in un secondo momento, la stabilizzazione di un precario ginecologo all’interno di un consultorio familiare di Cosenza, dove non mancava la figura del ginecologo, anziché nelle strutture ospedaliere dell’Asp di Cosenza dove, invece, questi ultimi mancano.
Così facendo, questo concorso, che non andava né autorizzato e né svolto, ha peggiorato le cose sia dal punto di vista economico, in quanto ha provocato la creazione di nuovi contratti a tempo indeterminato anche per medici non appartenenti alla lista dei ginecologi precari storici, sia dal punto di vista della normale utilizzazione di questi ultimi, in quanto ha fatto si che tre ginecologi precari appartenenti all’Asp di Cosenza passassero all’Azienda Ospedaliera di Cosenza con contratto a tempo indeterminato e ha permesso la stabilizzazione di un altro precario su di un posto dove non c’era carenza.
Foto di Fabrizio Liuzzi
Tutto ciò ha causato un depauperamento del personale medico ginecologico negli ospedali spoke appartenenti all’Asp di Cosenza (Cetraro, Castrovillari, Corigliano Calabro) che già avevano subito un salasso di tale personale, migrati verso l’ospedale di Cosenza, nel 2011, senza che il medesimo personale venisse sostituito.
Il decreto 50, che, per quanto pubblicato sui giornali, prevedeva 101 posti a tempo indeterminato nella sola Asp di Cosenza, avrebbe probabilmente risolto, almeno in parte, questa carenza.
Ma poi, come si sa, è intervenuto il dr. Urbani che, con la sua mancata firma, ha ottenuto di non far autorizzare i posti a tempo indeterminato per i ginecologi (che in effetti non vengono previsti dal decreto 111 e i posti in totale, previsti da quest’ultimo decreto, scendono a soli 76 autorizzati per l’Asp di Cosenza), tirando fuori, solo in quel momento (ed ecco dove nasce forte il sospetto che la cosa sia stata fatta per favorire qualcuno e sfavorire altri), la storia degli 8 ginecologi inutili.
Ciò che è successo il giorno di Ferragosto nel reparto di Ginecologia ed Ostetricia dell’ospedale di Cetraro in realtà, in un prossimo futuro, non mi stupirebbe possa accadere anche per l’ospedale di Corigliano Calabro e di Castrovillari, dove, a fronte di pensionamenti e della non oculata gestione del personale precario, i medici ginecologi residuati devono sobbarcarsi turni massacranti pur di garantire i LEA, nel territorio dell’Asp di Cosenza.
Ciò che è successo a Cetraro, quindi, non è da addebitare ai medici di quel reparto ma alla gestione politico-clientelare della sanità in Calabria e, soprattutto, a Cosenza.
Fino a quando la sanità verrà gestita in questo modo dalla politica assisteremo sempre di più a questi paradossi in Calabria, terra nella quale un reparto di Ginecologia chiude per carenza di personale medico nonostante il surplus di 8 ginecologi sin dal 2015 e nonostante solo cinque giorni prima ci sia stata l’emanazione di un decreto commissariale che parla di 1100 assunzioni.
Lettera firmata