Mare sporco, un altro giorno nero per Orsomarso. E le “fioriture” diventano una farsa

La sveglia di oggi per l’assessore regionale al Tutismo Fausto Orsomarso, detto anche il pallone gonfiato, non dev’essere stata proprio gradevole. Anzi diciamo pure che l’operazione “Archimede” della procura di Paola dev’essere stata come un cazzotto nello stomaco per l’esponente di Fratelli d’Italia, che nei giorni scorsi ha indignato tutti i calabresi per le sue malaccorte sortite mediatiche sul mare sporco. Ormai la pezza della “fioritura algale” per giustificare l’inquinamento è diventata una sorta di “meme” sul web ma da stamattina è più simile ad una barzelletta e Orsomarso è tornato ad essere, esattamente come lo scorso anno, lo “zimbello” della Calabria corrotta.

Eh sì, perché tra gli amministratori coinvolti c’è il sindaco di San Nicola Arcella – Barbara Mele – che è addirittura organica al centrodestra essendo stata candidata con la Santelli e quindi anche con Orsomarso alle ultime elezioni regionali. Una figura barbina apocalittica.

Per il resto, basta ascoltare e leggere con attenzione le risultanze dell’inchiesta di Bruni: sversamento del refluo fognario in un collettore nascosto, immissione nelle acque di sostanze chimiche per occultare la carica batterica prima dei previsti controlli che avvenivano con la complicità di un tecnico dell’Arpacal. Che concordava direttamente con i gestori degli impianti di depurazione le modalità di esecuzione dei controlli, oltre alla scelta del serbatoio da sottoporre a verifica. Uno sputtanamento epocale, che non ha neanche bisogno di commenti per quanto fa cadere le braccia a tutti.

Piero Sutera, comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, ha spiegato il meccanismo dei Comuni corrotti, che fa leva sul cancro degli affidamenti diretti. «Abbiamo riscontrato – ha detto Sutera – la presenza di ben 91 determine con cadenza mensile o trimestrale per prorogare la gestione di un servizio con affidamento diretto». Sulle condotte illecite riscontrate ai danni della pubblica amministrazione, gli investigatori hanno riscontrato gravi inadempimenti in riferimento alla gestione degli impianti: ad esempio «lo smaltimento dei fanghi senza trattamento, le discariche autorizzate con interramento in aree nella disponibilità degli indagati, l’utilizzo di un acido per la depurazione delle acque adottato senza alcun dosaggio e con il solo obiettivo di occultare la carica batterica delle acque». Secondo quanto sostenuto dal comandante Sutera, un’altra procedura illecita riscontrata riguarda «la diluizione dei reflui con acqua potabile per mascherare la colorazione della risorsa idrica».

Ovviamente c’era anche la complicità di quel fetido carrozzone politico che è l’Arpacal, che d’accordo con i gestori concordava e annunciava i controlli, i serbatoi da verificare per alterare le analisi effettuate e falsificare i valori. Il gip nell’ordinanza fa riferimento ad una «gestione approssimativa e scellerata».

Sul ruolo nell’indagine svolto dal sindaco di San Nicola Arcella, Barbara Mele, è intervenuto il capitano dei carabinieri di Scalea, Massari. Il sindaco ha falsamente attestato in un verbale che alcuni lavori sarebbero dovuti iniziare nel mese di ottobre mentre sapeva che erano stati già eseguiti nel mese di agosto.