Mario Campanella e i mutandoni di lana del fascismo

Mario Campanella, che non è Tommaso, è un camerata che ha capito prima degli altri che non è l’abito che fa il fascista. Che è l’esatto contrario di quello che pensano i nostalgici camerati nostrani che lo accusano di aver svestito, per mero ritorno economico, gli abiti del buon camerata. Ma non sanno, o non vogliono arrendersi all’idea che i “costumi” passano, ma la foggia resta. Campanella, Mario non Tommaso, non ha certo bisogno, checchè ne dicano i suoi ex camerati, di indossare una camicia nera per sentirsi fascista. Un camerata moderno veste al passo coi tempi. Che è quello che non hanno capito i camerati caserecci che criticano le sue scelte, convinti ancora che si debba onorare il Duce attraverso la venerazione dei simboli  indossando l’italica e fascista camicia nera. E chi non lo fa non può dirsi certo camerata. Si rifiutano di capire, perché fedeli alla linea del quando c’era lui, che rimettere in “passerella” uno stile che rievoca nell’immaginario collettivo solo brutti e orribili ricordi, affermandone il ritorno, potrebbe annullare di colpo anni di scientifica e strisciante mimetizzazione del fascismo che, nella repubblica nata dall’antifascismo, non può certo mettersi in mostra. Specie ora che la tattica del travestimento sta funzionando. Indossare gli abiti del democratico serve per non destare allarmi nella società e arrivare, restando camuffati, al potere.

È questo il pensiero di fondo che ha indotto Mario – che non sarà quel Tommaso lì ma ha dimostrato di saper formulare un pensiero -, a svecchiare il suo storico guardaroba eliminando dal suo armadio politico le tante camicie nere appese alle grucce della nostalgia, attualizzando il suo contemporaneo look politico con nuove e sgargianti camicie, in tinta con i tempi del “politicamente corretto” a tutti i costi, molto in voga tra i liberi pensatori di questa epoca.

Per essere sempre alla moda e in linea con il pensiero moderno, bisogna saper abbinare l’abbliglio a tutte le stagioni politiche che si presentano, e che vanno di pari passo con il cambio di “stagione che coinvolge gli armadi”. Che il Campanella, che non avrà scritto come quel Tommaso lì ma qualcosa anche lui l’ha scritta, non ha svuotato del tutto, conservando, sotto naftalina, il vecchio cappotto ideologico che vorrebbe ancora sfoggiare ma sa che non può. Meglio tenerlo nascosto, per il momento, nell’armadio, così come si fa con gli scheletri. Anche perchè potrebbe ritornare utile, le previsioni annunciano repentini sbalzi climatici della politica interna italica, un freddo inverno politico potrebbe investire la democrazia nel nostro paese, e un bel cappotto pesante, in questo caso, è proprio quello che ci vuole. Mario, a differenza dei camerati che pensano che è l’abito che fa il fascista, ha dimostrato che si può essere buoni camerati anche indossando una camicia di un colore diverso dal nero, tanto c’è sempre il cappotto ideologico che alla fine copre tutto. perciò non importa se ad Occhiuto piace l’azzurro, alla Loizzo il verde e ad  Antoniozzi che fa rima con sti cozzi, tutto l’arcobaleno, quello che conta è indossare la camicia giusta al momento giusto e con la persona giusta. È così che si conquista oggi il potere. Non serve agitare fantasmi del passato vestiti da becchini politici.

Se per Mario, che con quel Tommaso ha in comune solo il cognome, ma resta una persona con un certo spessore culturale e di provata intelligenza, rinnovare l’ammuffito abbiglio politico è stata una scelta obbligata dalla necessità di camuffarsi, quella di continuare ad indossare, sotto i panni della modernità, l’intimo fascista, è soprattutto una questione di “salute politica”. Che somiglia molto a quello che fanno certi anzianotti che non vogliono rinunciare all’abbiglio giovane e moderno, ma che non possono fare altrettanto a meno, per motivi di salute, di indossare, sotto gli abiti sportivi, i vecchi e mai fuori moda mutandoni di lana della nonna. Ecco, se l’outflit politico dei fascisti è cambiato per non destare sospetti, i mutandoni di lana della nonna sotto i pantaloni, e a magliaincarna che indossano sotto la sgargiante e democratica camicia, sono sempre quelli di una volta, e il bello, anche se esteticamente i mutandoni i lana un si ponno guardà, è che si possono indossare tranquillamente perché nessuno, al di fuori della propria intimità, li può vedere. Proprio come i fascisti di oggi che ci sono, si camuffano come i mutandoni di lana sotto il pantalone, e nessuno li può vedere. Anche l’estetica, per conquistare il potere, vuole la sua parte. E questo Mario lo ha capito, medite camerati, mediate.