Maxi blitz “Stige”, la ‘ndrangheta in Umbria e la frittata avvelenata di Gratteri

Avanza anche in Umbria la palude mafiosa
di Paolo Lupattelli

Fonte: Micropolis

L’operazione denominata “Stige”, una delle più importanti negli ultimi venti anni, ha portato nei giorni scorsi a circa 190 arresti. Arresti effettuati soprattutto in Calabria ma anche in Lombardia, Veneto, Emilia e Romagna, Lazio, Toscana, Umbria e Germania. Sequestrati cautelativamente anche 50 milioni di euro. L’inchiesta è stata condotta dalla Dia di Catanzaro e diretta dal Procuratore capo Nicola Gratteri.

Lo Stige, nella mitologia greca, era uno dei cinque fiumi degli Inferi. Un fiume di grande potenza che con i suoi nove meandri formava una immensa palude denominata Stigia che ostacolava l’accesso all’anticamera dell’oltretomba. Nel caso che stiamo raccontando la palude, provocata dalla potente cosca della ‘ndrangheta calabrese di Cirò Marina controllata dai Farao-Marincola e da quella dei Giglio di Strongoli in provincia di Crotone, più che altro ha ostacolato la legalità e il normale svolgimento delle attività economiche e sociali in un’area tanto vasta che va dalla Calabria e, risalendo verso nord, arriva alla Germania. Tanto potente da riuscire ad imporre e controllare entrambi i candidati a sindaco di Cirò, anche essi arrestati nel corso dell’operazione: cari Cittadini, vi permettiamo di scegliere in nome della democrazia tra due sindaci con posizioni diverse ma che fanno capo a noi che, comunque vada, abbiamo già vinto.

Ora la magistratura farà il suo corso ma il vaso di Pandora aperto promette sviluppi.
Per restare in Umbria, si legge nella relazione del Procuratore Gratteri: “Lavori tutti di fatto riconducibili alla famiglia Giglio reperiti anche grazie all’intercessione di Vincenzo Giglio per il tramite di altri affiliati non solo nel territorio crotonese ma soprattutto nel nord Italia ed in particolare in Umbria, Toscana, Veneto e Germania con reciproci vantaggi economici per loro e per l’associazione”.

Infiltrazioni nell’economia legale per cui “venivano agevolate le attività del sodalizio che risultava rafforzato nella capacità operativa ossia dalle possibilità di introdursi nel ramo imprenditoriale dei lavori pubblici e privati per il tramite di soggetti interposti fittiziamente nello svolgimento di tali lavori, con un accresciuto senso di sicurezza e una maggiore manifestazione delle capacità di condizionamento imprenditoriale e finanziario del territorio, resa manifesta dalla possibilità di introdursi nell’economia legale dei lavori pubblici di interesse anche nazionale, notoriamente assistiti dall’introito di cospicui ricavi”.

In pratica “la funzione apicale nella cosca strangolese per accaparrarsi lavori avrebbe favorito la penetrazione nei tessuti produttivi controllati dalla consorteria per ottenere vantaggi diretti”. Una vera e propria holding.

Nel 2014 Giglio si muove tra Toscana e Umbria e dice di essere in grado “di inserirsi per il tramite di imprese di facciata pulita in lavori pubblici essendo queste ultime in regola con la certificazione antimafia utile a partecipare alle gare di appalto”. Imprese che costruiscono in giro per l’Italia e anche in Umbria.

Lavori tutti di fatto riconducibili alla famiglia Giglio reperiti anche grazie all’intercessione di Vincenzo Giglio per il tramite di altri affiliati non solo nel territorio crotonese ma soprattutto nel nord Italia ed in particolare in Umbria, Toscana, Veneto e Germania con reciproci vantaggi economici per loro e per l’associazione”. In effetti queste ‘imprese pulite’ non è che hanno sofferto la crisi più di tanto.

Dalla chiesa di San Biagio alla palestra pubblica a Giano dell’Umbria; dalla ristrutturazione e ampliamento dei cimiteri di Castiglion della Valle e San Biagio della Valle nel comune di Marsciano a lavori analoghi nel cimitero di Chiugiana a Corciano; dalla ristrutturazione e miglioramento sismico della scuola media Pascoli ad Umbertide alla ristrutturazione della sede distaccata della Facoltà di Agraria a Casalina di Deruta; dalla bretella sulla strada provinciale 105 a Trestina alla palestra dell’Itas Giordano Bruno a Perugia fino all’ampliamento del Polo scolastico di Marsciano. Alquanto intraprendenti questi imprenditori edili nel reperimento di appalti almeno per quello che riguarda la provincia di Perugia.

Per ultimo i lavori di piazza dell’Archeologia nell’area ex Fat a Città di Castello. Lavori molto contestati da associazioni e cittadini tifernati, realizzazione a tempi di record dei due blocchi progettati dall’architetto Tiziano Sarteanesi, direttore dei lavori.
Due edifici gemelli contenenti 28 alloggi e mille mq ad uso commerciale a piano terra. Lavori bloccati nell’area antistante agli edifici per il ritrovamento di reperti archeologici attestanti la presenza di antiche terme romane. Poi i lavori che riprendono dopo le ferie natalizie. Ed ora i provvedimenti giudiziari che bloccano tutto.

Ennesimo scivolone della giunta tifernate dopo quello sulla biblioteca pubblica incappata nella rete dell’Anac, l’autorità anticorruzione di Cantone.
Nel luglio del 2014 viene firmata la convenzione tra amministrazione e Fat, la Fattoria Autonoma Tabacchi: 20 mesi di tempo per eseguire il progetto inserito negli interventi del contratto di quartiere 2. Dichiarava entusiasta all’epoca il vice sindaco Michele Bettarelli forse inconsapevole e poco informato su come va il mondo: “Un passo in avanti significativo; il centro storico sta vivendo una stagione intensa di trasformazione che lo renderà più moderno ma soprattutto più adatto alla residenza aggiornando le sue funzioni nel rispetto del patrimonio artistico ed architettonico che conserva e che rappresenta un grande valore aggiunto per la città”. Nell’entusiasmo del momento il vice sindaco assessore all’edilizia si era dimenticato, insieme ai suoi colleghi di giunta, di fare qualche controllo di prassi, di chiedere informazioni al Prefetto, all’Osservatorio regionale antimafia o alla banca dati del Ministero degli Interni o alle volonterose ma timide associazioni antimafia della provincia di Perugia.

Eppure è da tempo che anche in Umbria si registrano infiltrazioni mafiose. Proprio “micropolis” cinque anni fa aveva denunciato una confisca di terreni e villette al clan camorristico dei Terraciano. Silenzio assoluto da parte di tutti. Non si lavano in pubblico i panni sporchi. Vero vice sindaco? Eppure anche il Comune Tifernate ha pomposamente sottoscritto il patto di legalità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Perché nessuno avverte il giovane ed entusiasta vice sindaco che come tutti fa finta di non vedere e non sentire? Poi arriva prima uno come Cantone o uno come Gratteri che rompono le uova nel paniere e fanno due belle frittate nel giro di pochi mesi. Frittate avvelenate altamente indigeste per i Cittadini.