Politiche 2018, Gratteri attacca Minniti: ecco il vero motivo

C’è qualcosa che non torna nelle dichiarazioni di Gratteri sull’operato di Minniti. Gratteri dalla sera alla mattina, e senza “preavviso”, sferra un attacco al ministro più potente d’Italia, e su di lui dice: «Il Patto antimafia di Minniti è un’idea superata. Il suo piano contro l’immigrazione? Non è degno di un Paese occidentale». Una bocciatura senza appello dell’azione del ministro sui temi più caldi del momento. Va oltre Gratteri e alla domanda di Minoli: “lei ha rapporti con Minniti e lo stesso era al corrente dell’operazione Stige?” Gratteri è lapidario: “Non ho rapporti con Minniti (dalla foto di copertina scattata nello scorso mese di agosto a Lamezia sembra tutt’altro).

La domanda è: ma Gratteri si è accorto di Minniti come ministro e di quello che fa, solo adesso: come mai? Ve lo spieghiamo noi.

Lo scriviamo da tempo, l’aspirazione di Gratteri è politica. Vuole fare il ministro. E quello che produce in questi giorni, in termini di azioni di contrasto contro la ‘ndrangheta, è funzionale alla sua velleità politica. Tutta pubblicità alla sua persona. Più accresce la sua fama di castigatore di mafiosi e corrotti, più il suo ingresso in un futuro governo avverrà a furor di popolo.

Ma andiamo per ordine: perché Gratteri, sempre silente su Minniti, ha deciso di attaccarlo proprio adesso (guarda caso tre giorni prima della composizione delle liste)?

Presto detto. Il percorso di Gratteri per arrivare a ministro passa attraverso un accordo politico con Renzi che, come sappiamo, aveva giù manifestato la sua volontà ad avere il pm in “squadra” (la nomina di Gratteri a ministro fu bocciata da Napolitano), che prevede come fase “intermedia” quella di piazzare alcune creature del procuratore in Parlamento, con la funzione di spingere e tutelare la sua nomina a ministro.

Ma la situazione per il PD in Calabria è tragica. I numeri parlano chiaro: saranno eletti solo i capilista nelle due circoscrizioni: la Boschi nella circoscrizione nord, e l’altra dovrebbe essere la pupilla di Gratteri: la Marcianò. Ma a Reggio c’è chi non ci sta e sono proprio gli uomini di Minniti che rivendicano quel posto per loro. E Renzi, capito che questo potrebbe dare fastidio a Minniti, suo rivale nella corsa alla poltrona di primo ministro, ha incaricato Gratteri di attaccarlo per “ridimensionare” la figura del ministro, con la “scusa” di essere il responsabile del “conflitto” in atto nella circoscrizione Calabria sud, nella composizione delle liste. 

Renzi ha detto a Gratteri che ad opporsi alla candidatura della Marcianò, come capolista nella circoscrizione sud, è proprio Minniti, che vorrebbe piazzare lì un suo uomo. Ed ecco spiegato l’improvviso attacco di Gratteri al ministro. Una sorta di avvertimento al pelato, come a dire: o liberi il posto alla Marcianò oppure io ti attacco su ogni cosa. E se ti attacco io sono guai. Per Renzi, in cerca di sponde, questa è stata l’occasione di prendere due piccioni con una fava che non si è fatto sfuggire. E per Gratteri l’occasione di apparire agli occhi degli elettori come “neutrale” e critico rispetto a questo governo di cui, guarda caso, a meno di due mesi dal voto, non ne condivide più le scelte.

Certo, c’è molta pantomima in tutto questo. Nel senso che la componente fittizia della lite c’è ed è di sicuro cospicua. Ma quello che conta è raggiungere il risultato e far credere alla gente che lo scontro è autentico. Un classico della falsa politica. A cui, evidentemente, neanche Gratteri è estraneo.

E poi credere che Minniti non sapesse delle operazioni della DDA di Catanzaro, sarebbe come credere aru ciucciu ca vula.

Ricordiamo a Gratteri che Minniti è stato ed è il capo dei servizi segreti italiani. E conosce tutti gli uomini delle forze dell’ordine che lavorano con lui. Un modo grossolano di Gratteri di prendere le distanze da Minniti, che è in grado di sapere in tempo reale quello che  il suo l’ufficio “produce”. Le fughe di notizie dagli uffici della DDA di Ctanzaro non sono certo una novità.

La direzione del PD è stata convocata per mercoledì, giorno in cui tutto dovrà essere chiarito ed una possibile soluzione già si intravede: la Marcianò potrebbe avere il suo posto, perché Minniti potrebbe decidere di candidarsi altrove, ad esempio in Veneto, e lasciare il posto sicuro di senatore al suo uomo di fiducia a Reggio. Così tutto rientrerà, tutti saranno di nuovi amici e… tutti vissero felici e contenti.