Mi pare si chiamasse Mancini (di Franco D’Ambrosio)

…mi pare si chiamasse MANCINI.

Il bel libro di Pietro Mancini.

Abbiamo, nel tempo, intrattenuto rapporti altalenanti, talvolta fraterni, intrisi di affetto e stima reciproca, qualche volta interrotti o minati dall’agire politico.
Io e Pietro Mancini ci conosciamo da sempre, figli di due socialisti veri.
Mio padre, ovviamente più umile, meno importante, ma come il suo animato da una grande e coerente fede, che mi ha sempre spiegato, con le parole ed i comportamenti, che fino a quando nel mondo ci saranno ingiustizia e diseguaglianze, lì ci sarà il socialismo.
Il suo, il grande Giacomo, il vecchio leone, il più illustre politico calabrese del Novecento, che mi ha voluto bene, mi ha protetto, inculcato valori, manifestato la sua paterna amicizia.
Ricordo che il primo versamento delle tasse universitarie lo fece lui e mi rimproverava di trascurare gli studi per la politica.
“Francu, la politica è bella, ma la cultura e la formazione vengono prima…, studia, leggi, leggi….”.
E poi ci siamo voluti bene.
Quando gli consegnai il biglietto di invito al mio matrimonio gli dissi: “…onorè, mi farebbe piacere avervi, ma se non potete non vi preoccupate…”.
Non solo venne, ma fu il primo degli invitati ad arrivare e l’ultimo ad andare via.

Poi ci siamo ritrovati nel 1993, quando, sconfitto da una congrega, era rimasto più solo, in apparenza.
Perché Mancini non fu mai solo, aveva seminato bene e raccolse il frutto del suo lavoro e del suo prestigio quando si presentò ai cosentini e gli chiese di diventare il loro Sindaco.
Lo vollero ed inizio il New Deal cosentino, di cui non scrivo.
Il libro di Pietro, quindi, è bello, commovente, non è rievocativo, ma è sangue che scorre nelle vene ed è salutare comprarlo, leggerlo, apprezzarlo.
E’ un compendio di emozioni, di vicende, di inediti racconti e la storiografia si incaricherà di comprenderlo nella bibliografia di chi scriverà la storia moderna della Calabria e della politica.
Pietro non indulge a commentare, ad alimentare un rapporto difficile, ma intenso.
Non è facile essere padre per nessuno e non è facile essere figli, soprattutto figli di un uomo intelligente, profondo, impegnato, spesso lontano e pervaso da sentimenti collettivi.
Pietro è riuscito a scrollarsi definitivamente di dosso “quell’essere figlio di Giacomo”, dimostrando ancora una volta che è bravo di suo, nello scrivere e nel ragionare.
Il suo ultimo libro è stato un bel regalo per noi tutti, amici, conoscenti, avversari e la testimonianza resa, durante la presentazione sulla terrazza Pellegrini, da Pietro Rende, lo conferma.
La politica di Giacomo Mancini era alta, di spessore, fiera, non istintiva, ma ponderata.
Mancini ci ha resi più fieri, più garantiti, più forti e la sua morte ha creato un vuoto, ancora non colmato e forse non colmabile.
Grazie, Pietro.
Hai finalmente sgombrato il campo della tua vita da un ?.
Quel ? ora è divenuto un !
Auguri.
Franco D’Ambrosio