Morra espulso dai 5Stelle: chi la fa l’aspetti

Dopo le lacrime megaresi, Morra apre un altro capitolo della sua fantastica avventura politica: lo psicodramma freudiano. L’espulsione dal gruppo dei 5Stelle del Senato ha scosso profondamente la sua già labile psiche. Ha bisogno di riflettere qualche giorno su ciò che è stato, e su ciò che sarà. La sua vita (politica) potrebbe non essere più la stessa. Un vero psicodramma per chi sostiene di avere il Movimento nel sangue. Rassegnarsi a questo è difficile per chi come lui è sempre stato all’obbedienza. Una cacciata così non se l’aspettava. Ed è per questo che non si rassegna alla defenestrazione: sono giorni che non fa altro che piangere (sempre lacrime megaresi) in tutti i salotti televisivi, sperando di suscitare, attraverso le sue solite chiacchiere filosofiche, quel minimo di compassione indispensabile per un ripensamento da parte di chi ha decretato la sua cancellazione dalla lista dei senatori del Movimento 5Stelle.

Ha bisogno di qualcuno che lo consoli in questo tragico momento, ha bisogno di capire come è stato possibile arrivare a tanto: espulso senza appello. Anche a lui è toccato ingerire l’amara purga grillina. Un rospo difficile da ingoiare per chi del Movimento credeva di essere una colonna. Pensava di essere un intoccabile, un insostituibile, e che l’olio di ricino toccasse solo agli altri. Pensava di essere considerato da tutti come uno dei padri fondatori del Movimento, e per questo immune da ogni “ritorsione”. Pensava di essere allo stesso livello di Grillo. E da tale si è atteggiato per anni in Calabria. Distribuendo purghe e decretando epurazioni nei confronti di chi non si allineava ai suoi voleri. Per anni ha gestito il Movimento in Calabria come fosse cosa sua. Per anni ha lavorato solo ed esclusivamente per la sua affermazione personale, al pari dei tanti carrieristi politici di professione. Non ha avuto scrupoli ad “armare” tragedie e “carrette”, nei confronti di chi lo osteggiava democraticamente.

Morra è sempre stato il padre padrone del Movimento in Calabria che ha gestito con pugno di ferro e con un unico scopo: soddisfare i suoi meri interessi personali. Il No al governo Draghi è solo l’ultimo episodio utilitaristico di Morra messo in campo per difendere la sua immagine politica. Uno come lui che dice di fare la lotta alla mafia (sempre a chiacchiere) non poteva sedersi accanto a Berlusconi. Sarebbe stato un “marchio” a vita che tutti i suoi storici “nemici” gli avrebbero potuto rinfacciare con ragione, senza più possibilità, da parte sua, di replica. Morra è stato costretto dagli eventi, non certo dalla sua coscienza, a dire No a Draghi. Meglio affrontare una guerra interna piuttosto che passare per il poltronaro qual è. Ritornare alla vita “civile” è il suo peggior incubo. E così facendo, secondo lui, ha aperto una possibilità, anche al di fuori del Movimento, di continuare la sua carriera politica, che il Si a Draghi avrebbe definitivamente chiuso. Morra vuole fare il politico fino alla fine dei suoi giorni, e per questo è pronto a qualsiasi mutazione.

Ora spera di poter far retrocedere Grillo e Crimi da questa decisione, portando il caso anche in tribunale se serve. Prima di lasciare il Movimento per altre strade deve provarle tutte, perché l’opzione Movimento resta sempre la migliore soluzione per lui. E se così non sarà pazienza, come si dice: chiusa una porta si apre un portone.

Una cosa è certa, Morra da tutto questo avrà di sicuro imparato che chi la fa l’aspetti. Che come punizione per tutti i suoi traggiri non è per niente male.