‘Ndrangheta, la Bindi lancia l’allarme: “In Liguria si va oltre l’infiltrazione”

“La Liguria è una delle regioni del Nord Italia che desta più preoccupazioni per la presenza della ‘ndrangheta. Qui si va ben oltre le infiltrazioni a nord, con vere locali organizzate nel Ponente e non solo”.

A lanciare l’allarme è la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, chiudendo la due giorni di lavori a Genova nei quali sono stati auditi i prefetti delle quattro province, il Procuratore capo di Genova, tutte le forze dell’ordine e il responsabile sicurezza
del Genoa.

”Negazionismo” in corso di superamento
Le cosche o ‘ndrine, in Liguria, sono “una presenza capace di condizionare attraverso un’evoluzione del metodo mafioso che prevede l’uso della violenza come ultima istanza ma che si fonda su rapporti, complicità, attrazione tanto che politici e imprenditori cercando direttamente le organizzazioni”. A far ben sperare, in termini di contrasto delle infiltrazioni mafiose, è l’evoluzione della giurisprudenza, spiega Bindi citando la Cassazione, “che ha finalmente riconosciuto l’applicazione del 416 bis”.

Positiva anche la decisione di sciogliere il Comune di Lavagna da parte del prefetto di Genova: “Una buona notizia, dopo molti anni di condizionamento della città”. Per Bindi “si sta superando il negazionismo sperimentato sulla nostra pelle quando arrivammo per la prima volta a Imperia e sembrava che la ‘ndrangheta la stessimo portando noi per denigrare questa terra”.

«Omertà da complicità più dura da battere»
La trasferta a Genova è stata l’occasione di una riflessione a più ampio raggio su come è cambiato il rapporto tra la politica e la criminalità organizzata. Oggi, spiega la presidente della commissione Antimafia, “non sono i mafiosi a cercare i politici per offrirgli voti ma sono gli stessi politici a cercare i mafiosi per ottenerli. Con gli imprenditori succede la stessa cosa: sono loro ormai a cercare i mafiosi per ottenere denaro o per chiedergli se siano disponibili ad avere un subappalto”.

“Se la mafia è cambiata nel suo modo di agire – sottolinea poi Bindi – bisogna che cambiamo anche noi nel modo di combatterla. Questa straordinaria capacità delle mafie di corrompere, stabilire relazioni complici con politica, imprenditori, professionisti e giornalisti richiede una maggiore consapevolezza da parte di tutti. La loro forza sta nella nostra incapacità di capirli e di resistere al loro metodo”. La magistratura, conclude, “ci dice che l’omertà da complicità è molto più dura da combattere dell’omertà che l’omertà da paura”.