‘Ndrangheta, maxi blitz “Stige”: tutte le accuse al clan Farao-Marincola

“Questa, per numero di arresti, è la più grande operazione degli ultimi 23 anni”. Lo ha detto il Procuratore della DDA di Catanzaro, Nicola Gratteri, aprendo la conferenza stampa per gli arresti dell’operazione Stige.

“Prima che io mi insediassi – ha detto Gratteri – sono andato a trovare il Generale, Del Sette che oggi ci onora della sua presenza. Ed una delle poche volte in cui il comandante generale dell’Arma partecipa ad una conferenza. Quando andai da lui gli parlai di un’idea, un sogno che è quello di liberare la Calabria. E lui da subito ha mandato giù i suoi migliori uomini”.

L’operazione Stige scaturisce da un’articolata manovra investigativa, coordinata dalla Procura di Catanzaro, che ha consentito di documentare, in particolare, l’operatività, gli assetti gerarchici interni e le attività criminose della locale di ‘ndrangheta dei Farao-Marincola di Cirò, posta in posizione di sovra-ordinazione rispetto ad altre realtà criminali, seppure territorialmente contigue e/o con esso interferenti. La cosca aveva infiltrato il tessuto economico e sociale dell’area cirotana mediante un radicale controllo mafioso degli apparati imprenditoriali, operanti soprattutto nei settori della produzione e commercio di pane, della vendita del pescato, del vino e dei prodotti alimentari tipici, nonché nel settore della raccolta e riciclo sia di materie plastiche sia di R.s.u.. L’indagine è riuscita quindi a delineare il quadro complessivo degli interessi illeciti gestiti in ambito nazionale e estero dal sodalizio indagato, verificando altresì la disponibilità di ingenti risorse finanziarie che venivano reimpiegate in numerose iniziative imprenditoriali e commerciali nel nord-Italia e in Germania.

Le attività, condotte dai Carabinieri e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno innanzitutto accertato la peculiare strutturazione dell’organizzazione criminale che, diretta dal boss ergastolano Giuseppe Farao classe ‘47, aveva la sua base operativa nell’area di Cirò, Cirò Marina e comuni circostanti, dove è stata verificata anche l’operatività di due ‘ndrine satelliti: quella di Casabona, facente capo a Francesco Tallarico, e quella di Strongoli, facente capo alla famiglia “Giglio”. La locale di Cirò poteva inoltre contare su proprie promanazioni nelle regioni del nord Italia e della Germania, dove venivano gestite attività commerciali e imprenditoriali, frutto di riciclaggio e reimpiego dei capitali illecitamente accumulati.

L’assetto del sodalizio era espressione delle direttive impartite dal citato Farao Giuseppe ed era chiaramente orientato a privilegiare lo sviluppo imprenditoriale della cosca, affidato ai propri figli e nipoti e sviluppato attraverso il reperimento di nuovi e sempre più remunerativi canali di investimento economico, limitando al massimo il ricorso ad azioni violente ed evitando gli scontri interni ritenuti pregiudizievoli per la conduzione degli “affari”. il controllo mafioso del territorio era stato invece demandato ad una serie di “reggenti”, fedelissimi del capo cosca.

Le indagini hanno consentito poi di ricostruire la ramificata rete di imprenditori compiacenti e collusi che, sulla base di un rapporto perfettamente “sinallagmatico”, ottenevano rapidi pagamenti dalle pubbliche amministrazioni, recuperi crediti, lavori e commesse, pubbliche e private, riconoscendo di contro al sodalizio, i più diversificati favori, dalle assunzioni, ai finanziamenti, all’elargizione di somme di denaro, contribuendo efficacemente e consapevolmente all’accrescimento del potere mafioso sul territorio. Fondamentale è stata anche la collaborazione con le autorità tedesche (L.k.a. e B.k.a.) nel ricostruire gli affari illeciti gestiti dalla cosca in Germania.

In tale quadro è stato documentato il controllo da parte del sodalizio:

  • della produzione e distribuzione dei prodotti da forno (pane e affini), per cui i commercianti al dettaglio cirotani venivano costretti ad acquistare solo il pane prodotto dal forno di uno dei sodali e, nel contempo, gli altri concorrenti, mediante minacce, venivano allontanati dal territorio. Con identico modus operandi, il sodalizio si era infiltrato anche nella gestione di servizi funebri mediante la creazione di un’agenzia ad hoc;
  • del commercio dei prodotti vinicoli sia in Italia che in Germania. nello specifico è stata accertata l’operatività in Germania di un’articolazione della locale (nel Land del Baden Wurttemberg e nel Land dell’Assia), Che sistematicamente riusciva ad esercitare pressioni, specie sui ristoratori calabresi presenti in territorio tedesco, al fine di indurli ad acquistare i prodotti vinicoli di imprese controllate dal sodalizio (così come di altri prodotti alimentari riconducibili ad attività commerciali/imprenditoriali infiltrate dalla cosca), agendo dietro la copertura di un’associazione di ristoratori italiani;
  • della raccolta/riciclo di materie plastiche e della carta, nonché della raccolta dei r.s.u., anche grazie a una serie di complicità di pubblici amministratori;
  • dei servizi (rimessaggio, lavaggio, attracco e riparazione delle barche) e degli spazi portuali di cirò e cariati, nonché dell’offerta di pescato proveniente dalla flotta peschereccia stanziale nei citati porti;
  • del servizio di lavanderie industriali in favore delle strutture alberghiere e dei ristoranti della zona.

Le infiltrazioni in territorio tedesco hanno disvelato l’esistenza di una cellula operativa in Francoforte, Wiesbaden, Monaco e Stoccarda ove si sono monopolizzate con metodo ndranghetistico le forniture di vino, prodotti caseari, olio e semilavorati per pizze. I risultati raggiunti hanno consentito di ottenere dal gip catanzararese 13 ordinanze a carico di soggetti stabilmente dimoranti in Germania che sono stati tratti in arresto in esecuzione di m.a.e.

Inoltre, è stato documentato il controllo e l’ingerenza mafiosa, grazie alla collusione di appartenenti alle amministrazioni pubbliche locali, anche nel settore:

  • dell’accoglienza dei migranti, ove è stata disvelata la riconducibilità alla cosca di una struttura immobiliare, adibita a centro di accoglienza profughi, gestita da una serie di cooperative compiacenti, i cui rappresentanti fungevano da collegamento con gli enti pubblici per ottenere finanziamenti e autorizzazioni. in tal senso, il sodalizio otteneva sostanzialmente in esclusiva per le proprie ditte, la fornitura di beni e servizi ai migranti, accrescendo ulteriormente i propri introiti – destinati alla c.d. “bacinella” – grazie anche al sistematico ricorso a fatturazioni gonfiate;
  • del taglio/raccolta del legname nelle aree boschive. Attraverso imprese mafiose collegate e una serie di violenze e minacce nei confronti degli imprenditori concorrenti, l’organizzazione riusciva a pilotare le aste pubbliche per l’assegnazione di lotti di terreno boschivo.

Infine, sono state accertate ulteriori attività illecite riguardanti sia l’operatività di una serie di imprese/cartiere controllate o riconducili alla cosca, deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti finalizzate a frodare l’i.v.a. e ripulire denaro di illecita provenienza, sia relative a un traffico transnazionale di autoveicoli di grossa cilindrata.