‘Ndrangheta, quando trovarono una microspia nell’ufficio di Gratteri a Reggio

Gratteri e Pignatone

In Calabria è noto a tutti che il potere politico massomafioso è sempre riuscito a bloccare anche le inchieste più imbarazzanti e compromettenti. Abbiamo scritto decine di articoli sul trattamento che è stato riservato a magistrati di primo livello come Agostino Cordova, Salvatore Boemi e Luigi De Magistris, tanto per citare quelli più in vista. I mezzi messi in campo dalla massoneria deviata e dai servizi sono stati tanti, troppi: dall’uccisione del notaio Marrapodi ai depistaggi, dai veleni giudiziari con conseguenti inquinamenti probatori alle controinchieste per finire alle fughe di notizie. Oggi in prima linea è tornato Nicola Gratteri, ma lo stesso magistrato reggino una decina d’anni fa aveva toccato con mano la forza di questi poteri occulti.

Tra il 26 e il 27 aprile del 2008 su tutti i media nazionali viene pubblicata una notizia molto grave. Una microspia è stata scoperta in un ufficio della Procura di Reggio Calabria utilizzato normalmente all’epoca dal pm Nicola Gratteri, titolare, tra l’altro dell’inchiesta sulla strage di Duisburg del Ferragosto 2007. La microspia era stata trovata qualche giorno prima nel corso di alcuni servizi finalizzati alla bonifica degli uffici giudiziari. Secondo quanto scrivevano i media, l’apparecchiatura con antenna, funzionava a batterie ed era capace di diffondere il segnale captato a circa venti metri di distanza. Questo faceva ritenere agli investigatori che la «talpa» si dovesse trovare a pochi metri dalla stanza per captare il segnale. Di conseguenza gli investigatori, sempre secondo quello che si era appreso, non potevano neanche escludere che si trattasse di un magistrato.

LE INDAGINI – Nella stanza dove è stato trovato il dispositivo, Gratteri solitamente teneva interrogatori e concordava le indagini con la polizia giudiziaria. Nelle settimane precedenti alla scoperta della microspia c’erano state fughe di notizie su alcune inchieste delicate condotte dalla Procura di Reggio Calabria. Era il caso, per esempio, delle indagini condotte sul presunto ruolo che avrebbe svolto il senatore Sergio De Gregorio per l’acquisto, per conto di una cosca, dell’immobile che un tempo ospitava una caserma dell’esercito, e sui presunti rapporti tra Marcello Dell’Utri ed un faccendiere, Aldo Miccichè, in merito al voto degli italiani residenti in Sud America.

L’8 aprile 2008, quindi appena due settimane prima del ritrovamento della microspia, De Gregorio era stato iscritto nel registro degli indagati della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al riciclaggio. 

Dunque, chi e perché intercettava Gratteri? Sandro Ruotolo – su “La Stampa” – scriveva così: “… Chi conosce le cose calabresi – un vecchio investigatore – tiene a fare una premessa: «A Reggio Calabria la realtà non è mai quella che appare. L’area grigia è talmente diffusa che anche un distinto professionista o un uomo delle istituzioni può rivelarsi un nemico, un personaggio contiguo all’onorata società».

Certo è che il clima che si respira alla Procura di Reggio è molto teso. E non da oggi. La cimice di Gratteri può diventare la classica goccia che fa traboccare il vaso. Palazzo dei «veleni» e «verminaio» lo è da tempo. I conflitti interni sono andati ben oltre la soglia fisiologica. Basta dire che tre giorni fa la Cassazione ha dato ragione alla Procura che si era opposta all’avocazione da parte della Procura generale di Reggio dell’inchiesta sul consigliere regionale di An, Alberto Sarra. E che il procuratore reggente Franco Scuderi – dal 15 aprile si è insediato il nuovo procuratore, Pignatone – si era opposto alla richiesta di arresto per mafia firmata dal procuratore aggiunto antimafia Salvo Boemi.

Lo stesso Scuderi, prima di consegnare il testimone a Pignatone ha inviato al Csm un rapporto per denunciare che il procuratore aggiunto Boemi e il pm Franco Mollace non l’avevano informato di aver iscritto sul registro degli indagati il senatore Sergio De Gregorio, per associazione mafiosa. E, infine, ad aggravare il clima dei sospetti e dei veleni, la pubblicazione delle indiscrezioni sulla inchiesta esplosiva sui possibili brogli elettorali nella Circoscrizione America Latina, che vede tra i protagonisti il senatore Marcello Dell’Utri e il faccendiere Aldo Micciché.

Tutte queste storie non coinvolgevano il pm Nicola Gratteri. Ecco perché la scoperta della cimice lascia ancora più inquieti. Reggio Calabria è una polveriera. La ‘ndrangheta proprio ieri ieri a Gioia Tauro ha dato prova di potenza ed esistenza: un’automba ha ridotto a brandelli un imprenditore. Così la ‘ndrangheta risolve i conflitti interni. Chi dovrebbe guidare l’offensiva dello Stato, la Procura della repubblica, soffre tensioni e veleni interni…“.

Fin qui il buon Ruotolo. L’8 maggio 2009 – quindi appena un anno dopo – il gip di Reggio Calabria, Arena, ha emesso il decreto di archiviazione relativo alla vicenda di De Gregorio. 

LA CONFERMA – A capo della procura di Reggio Calabria all’epoca, dunque, c’era Giuseppe Pignatone, che interpellato dai giornalisti aveva confermato la notizia e aveva rilasciato una dichiarazione ufficiale. «Mi pare evidente che qualcuno aveva interesse ad ascoltare il lavoro e le impressioni del dottore Gratteri». Il magistrato conferma anche che la stanza spiata era usata dal pm antimafia: «Questo è un dato di fatto oggettivo che l’azione era rivolta a lui, questo è un fatto che ci preoccupa molto». In mattinata era trapelata la voce di un sospettato all’interno della Procura di Reggio Calabria ma su questo punto Pignatone smentisce la circostanza: «Non ci sono elementi che ci fanno pensare a ciò, ma sarà la procura di Catanzaro, competente per territorio su fatti che riguardano i magistrati reggini, a fare le verifiche del caso. Lunedì – ha concluso – trasmetteremo gli atti alla Procura catanzarese compresa la relazione del Ros reggino che sta indagando sull’episodio».

LA CONFESSIONE DI GRATTERI – Alla rassegna “Trame” di Lamezia Terme nel 2013, intervistato da Pietro Melia, Gratteri presentava uno dei suoi tanti libri, dal titolo “Dire e non dire. I dieci comandamenti della ‘ndrangheta nelle parole degli affiliati”. Il magistrato parlava non solo della vecchia ‘ndrangheta ma anche della ‘ndrangheta attuale, legata al passato ma aggiornata a tutte le nuove tecnologie. Non così si può dire dello Stato, se «le prime microspie negli anni 90 le comprammo facendo una colletta tra me, gli altri magistrati e gli agenti di polizia», ricordava senza far trasparire nostalgia Gratteri, «oggi Reggio ha una delle sale intercettazioni migliori in Europa per rapporto costi e funzionalità», ma quando si parla della cimice trovata nell’ufficio accanto al suo il magistrato si limita a glissare: «So chi l’ha messa, ma non posso dirlo perché non ho le prove per provarlo in aula».

Volete sapere se ha trovato quelle prove? Prima o poi glielo chiederemo…