‘Ndrangheta: sequestrati beni per 214 milioni agli imprenditori Rappoccio e Siclari

Pasquale Rappoccio

Beni per 214 milioni di euro sono stati confiscati dalla Guardia di Finanza e della Dia, ad imprenditori ritenuti vicini ad esponenti delle cosche che operano nella provincia di Reggio Calabria. In particolare, il provvedimento di confisca ha riguardato un ingente patrimonio, riconducibile a due noti imprenditori reggini, ritenuti legati alle cosche Tegano e Condello di Reggio Calabria, Alvaro di Sinopoli, Barbaro di Plati’ e Libri di Cannavo’. Dalle indagini e’ stata accertata una sproporzione tra il patrimonio individuato ed i redditi dichiarati dagli imprenditori. Complessivamente sono stati confiscati, in Calabria e Lombardia, 220 beni immobili, tra appartamenti, ville e terreni, 9 societa’ e 22 rapporti finanziari. I due imprenditori sono stati posti sotto sorveglianza speciale.

I destinatari delle misure sono due imprenditori molto noti in Calabria. Si tratta di Pietro Siclari, 68 anni, e Pasquale Rappoccio, di 59, entrambi reggini.

Il primo, imprenditore nei settori edilizio, immobiliare e alberghiero, era stato arrestato il 17 novembre 2010 dalla Dia di Reggio Calabria, per estorsione aggravata, nell’ambito dell’operazione denominata “Entourage”, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di persone dal Gip di Reggio Calabria.

Pasquale Rappoccio, dal canto suo, e’ noto anche negli ambienti sportivi, essendo stato presidente e proprietario della squadra di pallavolo femminile reggina “Medinex”, militante nella massima serie (A1), nonche’ socio della “Piero Viola”, prestigiosa societa’ sportiva che ha vantato decenni di presenza nel massimo campionato di basket italiano. Rappoccio, incensurato, e’, tuttavia, secondo l’accusa, “coinvolto in importanti procedimenti penali volti a contrastare lo sviluppo e la penetrazione delle potenti cosche di ‘ndrangheta negli ambienti imprenditoriali e finanziari reggini”.

In merito al ruolo di Rappoccio, negli atti della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio si legge che “significativa della su vicinanza ad ambienti criminali di elevato spessore e’ la circostanza riferita da un collaboratore di giustizia secondo la quale, in occasione del matrimonio di una delle figlie di Giovanni Tegano, era stato invitato e aveva partecipato al banchetto riservato a pochi intimi”. Cio’ in quanto l’imprenditore “era ritenuto dalla cosca Tegano un personaggio meritevole di considerazione e, quindi, degno di prendere parte a dei festeggiamenti carichi di significato simbolico all’interno della cultura che contraddistingue gli ambienti mafiosi”. Sarebbero stati inoltre documentati “reiterati contatti di Rappoccio con altri esponenti di spicco della locale criminalita’ comune e organizzata”. Diverse sarebbero le iniziative imprenditoriali che lo vedono coinvolto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta, “tra le quali – si legge nel provvedimento emesso a suo carico – si evidenziano, a titolo esemplificativo, le cointeressenze societarie nel lussuosissimo “Grand Hotel de la Ville” e nel “Piccolo Hotel s.r.l.””. L’imprenditore reggino, inoltre, come emergerebbe nell’ambito del procedimento “Reggio Nord”, e’, secondo l’accusa, “tra gli ideatori e suggeritori del meccanismo formale atto a schermare l’operazione di acquisto da parte della cosca condello della lucrosa attivita’ commerciale “Il Limoneto” – storico locale di riferimento della movida reggina e palcoscenico della “Reggio bene” – nel piu’ ampio complesso immobiliare comprensivo di villaggio turistico acquistato tra il 2005 e il 2007 dalla “Welcome Investiments Italia s.r.l.”, societa’ partecipata da Rappoccio e, “in maniera occulta”, da Pietro Siclari.

(AGI)