Omicidio Bergamini, 27^ udienza: il perito Coscarelli crolla e ammette: “Ho accettato l’incarico perché non potevo dire di no a Ottavio Abbate”

Doveva essere l’udienza contrassegnata dalla testimonianza del pentito Franco Pino e invece passerà alla storia del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini come quella in cui il perito incaricato dalla procura di Castrovillari, il professore Pasquale Coscarelli, alla fine è crollato ammettendo di avere accettato quell’incarico solo perché glielo aveva detto il magistrato che conduceva le indagini sul caso e nonostante non avesse elementi per poterla accettare.

Si parla dell’allora sostituto procuratore della Repubblica di Castrovillari, Ottavio Abbate, che ha già testimoniato qualche mese fa in un’altra udienza del processo ammettendo candidamente che non sapeva spiegarsi perché il verbale di ispezione cadaverica fosse clamorosamente falso così come l’accertamento della morte (https://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-17-udienza-lispezione-cadaverica-e-falsa-ma-lex-pm-abbate-non-se-lo-sa-spiegare/). Salvo poi affermare che “evidentemente abbiamo sbagliato”. Ma a quanto pare ci sono anche altre circostanze che deve spiegare perché stamattina in Corte d’Assise il professore Pasquale Coscarelli ha affermato con nettezza e più volte che quell’incarico non doveva accettarlo per una serie di motivazioni molto gravi e per certi versi disarmanti. “La mia – ha detto Coscarelli – non può essere considerata una consulenza e neanche una relazione ma soltanto un diario sullo stato dei luoghi perché – ha spiegato – non ho mai avuto elementi tecnici, nonostante avessi chiesto più volte la documentazione. Non la considerate una consulenza, la verità è che avrei dovuto rifiutare di stilare questo documento perché non avevo elementi tecnici, non ho mai visionato il cadavere di Bergamini, né il camion”.

Ottavio Abbate

“Il camion – ha aggiunto – non è mai stato sequestrato e questa mi è apparsa subito una circostanza strana, non ho mai potuto visionare il cadavere di Bergamini nè tantomeno le relazioni mediche e la certificazione della morte e nonostante questo, mi sono stati concessi soltanto dieci giorni per consegnare il mio lavoro… Tra l’altro, c’erano anche errori madornali nel rapporto stilato dal comandante dei carabinieri di Roseto Capo Spulico e di conseguenza tutte le circostanze che sono contenute in quel diario che ho consegnato alla procura di Castrovillari possono essere considerate solo mie supposizioni non confortate dall’analisi di elementi essenziali per poter giustificare una relazione o una consulenza”.

La svolta nella testimonianza di Coscarelli è arrivata nel controesame dell’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Bergamini, che – con certosina pazienza e savoir faire – è riuscito a fare dire al perito la verità: “La procura di Castrovillari per me, all’epoca dei fatti, era di capitale importanza perché la mia storia professionale è iniziata proprio a Castrovillari. Non avrei mai dovuto accettare l’incarico, dovevo rifiutare per l’assenza di documentazione ma non me la sentivo di dire no e quindi di fare un torto al magistrato che consideravo come un figlio”. E quel magistrato è proprio il pm dell’epoca ovvero Ottavio Abbate, classe 1946 e quindi poco più che trentenne nel 1989 mentre Coscarelli, classe 1937, avvertiva quasi l’esigenza di “proteggere” il pm in un caso che iniziava a diventare “pesante” anche sotto il profilo mediatico. 

“E’ stata un’udienza fantastica – ha affermato l’avvocato Fabio Anselmo -. Alla fine il consulente è crollato e ha detto che se non fosse stato per il sostituto procuratore Abbate non avrebbe mai scritto una consulenza che non riconosce perché, di fatto, la dinamica che ha descritto è tutta frutto di supposizioni… Non solo: ha anche detto che non ha mai avuto modo – e che se ne fa una colpa – di lavorare in quel modo, di scrivere una consulenza senza elementi come quella per il caso Bergamini”.

Anselmo è andato anche oltre sottolineando con forza che “finora nella mia carriera non mi era mai accaduta una cosa del genere, ma guarda caso per Bergamini è accaduto. Qui abbiamo un verbale di ispezione cadaverica falso, un accertamento di morte che dice il falso, abbiamo una imputata che dice il falso, abbiamo un conducente del camion – che prima o poi sarà chiamato a testimoniare – che dice il falso… “.

Tradotto in soldoni, Anselmo ne ha concluso che “oggi abbiamo capito perché siamo qui dopo 32 anni altrimenti potevamo essere qua dopo tre mesi”. Si torna in aula il 17 novembre.