Omicidio Bergamini, il processo all’ex fidanzata: “Non sopportava di vederlo con altre donne”

Sta entrando nel vivo il processo all’unica imputata per l’omicidio di Denis Bergamini, la cui morte, nel novembre 1989 è stata considerata un suicidio per tre lunghi decenni. Ora sono in tanti a puntare l’indice contro l’ex fidanzata Isabella Internò. Oggi in Corte d’Assise a Cosenza si celebra la 14^ udienza del processo e continueranno a dare la propria testimonianza i tanti cosentini che non hanno mai creduto neanche per un attimo alle menzogne della donna finalmente oggi alla sbarra. Nelle precedenti udienze del processo ha testimoniato anche Roberta Alleati, la donna che Denis Bergamini avrebbe voluto sposare se Isabella Internò e i suoi complici non l’avessero ammazzato. L’articolo che segue è stato pubblicato da “Cronaca Vera”.

COSENZA – C’era un’altra donna nella vita di Denis Bergamini quando l’ex calciatore venne trovato morto sull’ex statale 106 il 18 novembre 1989. Per decenni la sua fine fu considerata un suicidio. Ma oggi, dopo varie inchieste, è in corso un processo per omicidio. Alla sbarra c’è l’ex fidanzata dell’epoca Isabella Internò, l’unica persona contro la quale la Procura di Castrovillari ritiene di avere le prove per documentarne la colpevolezza.

Ed è in aula, alla Corte d’Assise di Cosenza, che è emerso come il cuore di Denis battesse all’epoca non più per Isabella, ma per Roberta Alleati, oggi infermiera del 118 a Canazei: «Mi diceva che mi amava moltissimo, come non aveva mai amato nessuna, che ero la donna della sua vita. E quando mi chiese di sposarlo, una sera a cena a Cervia, era fine agosto del 1989, mi lasciò di stucco, anche perché mi aveva annunciato di volere un figlio, il più grande sogno della sua vita».

Eccolo dunque il possibile movente di un delitto: una gelosia ossessiva. Dettagli che Roberta aveva già raccontato in una lettera alla famiglia del calciatore pochi giorni dopo la morte. Due giorni prima che morisse, ricorda che ci parlò al telefono: «Lo sentii strano e mi disse che non c’era nulla di particolare. Dopo qualche insistenza, mi confessò che c’era qualcuno che gli voleva male. “La ragione?” chiesi. “L’unico torto che posso aver fatto è quando ho lasciato Isabella. Ricordati che siamo in Meridione e sai come sono! Per qualcuno forse è stato un affronto, lasciarla dopo tre anni” disse. La telefonata si concluse con un “Ti amo tanto”».

E aggiunge: «Denis era stalkerizzato da Isabella. La loro storia finì per sfinimento, perché lei era gelosissima e non lo lasciava vivere».

LA MORTE

La versione che ha infatti tenuto banco per tre decenni è la seguente: il giorno della sua morte Denis  va a prendere Isabella con la sua Maserati. Con lei a bordo imbocca la statale 106 ionica e si ferma in uno sterrato. Scende. E, ricorderà lei, dopo aver camminato per un po’, si tuffa letteralmente sotto un camion in movimento.

Alla guida Raffaele Pisano che, processato per omicidio colposo, sarà assolto. Il corpo è stato trascinato per quasi sessanta metri. L’inchiesta viene archiviata come suicidio. Solo che il cadavere, finito sotto un bestione di 138 quintali, risulta essenzialmente integro, con vestiti non lacerati. L’orologio è ancora perfettamente funzionante.

E la perizia del medico legale Francesco Maria Avato del 1990, conclude come il corpo presenti ferite da “schiacciamento” nella zona addominale, ma non da trascinamento. E poi, perché si sarebbe ucciso? Viene detto che volesse lasciare il calcio, andare alle Hawaii o giù di lì, partendo dal porto di Taranto, ma non sarà mai trovato un movente preciso. Se ne torna a parlare quando l’ex calciatore Carlo Petrini racconta la sua storia ne Il calciatore suicidato (Kaos), allungando ombre su personaggi strani che gravitavano intorno al Cosenza. E sottolineando altri dettagli: vestiti, scarpe, catenina e orologio furono ritrovati integri. È il nuovo procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, a riaprire il caso.

Si scopre che molti documenti dell’indagine sono spariti, come una nota di servizio dei carabinieri sulle auto fermate quella notte sulla strada del presunto suicidio e la scatola con i vestiti indossati dal calciatore. E la riesumazione del cadavere chiarisce che Denis morì per soffocamento. Non si era dunque buttato sotto al camion. Dunque, fu un omicidio dettato dalla gelosia? Ma con l’aiuto di chi Isabella avrebbe messo a punto il piano?

I TESTIMONI

Il processo dovrà sgretolare tre decenni di silenzi e i giudici stabilire se questa sia la verità. In aula sfilano intanto altri testimoni, come l’ex portiere del Cosenza Luigi Simoni: «Ho visto il corpo di Denis all’obitorio. Aveva un rigonfiamento sulla cassa toracica e ricordo che aveva un segno scuro simile ad un livido sulla tempia. Però  il viso di “Berga” era bello, era integro. Non ho mai creduto al suicidio». Anche perché, rammenta, Denis avrebbe avuto in mano un pre-contratto con il Parma di Nevio Scala: «Pensava anche al futuro, parlavamo dei nostri progetti, anche quelli dopo la fine della carriera da calciatori e volevamo comprare uno stabilimento balneare a Milano Marittima».