Ospedale di Vibo, ci lasciano in maniche di mutande. O no?

di Rocco Tripodi

La notizia che, senza meno, è  deflagrata con grande panico tra la popolazione dell’intera provincia vibonese, è stata quella che anticipava la prossima chiusura del nosocomio cittadino. È  stato stupefacente sapere che il motivo ufficiale dovrebbe essere lo stato di inagibilità della struttura, in quanto non adeguata alle norme antisismiche vigenti. La comunicazione è stata correttamente e responsabilmente partecipata all’intera cittadinanza. Ma certamente non tempestivamente. Nel senso che, in considerazione delle molteplici complessità nell’individuare delle soluzioni alternative, si è inspiegabilmente traccheggiato.

Il fatto che l’informazione che ci viene ammannita sia la sintesi ultima e definitiva di una serie di passaggi tra diversi livelli di responsabilità e competenze che appartengono a politici e funzionari, la dice lunga sulla capacità decisionale di tutti loro, e sul livello di passiva cazzonaggine che viene puntualmente riconosciuta ai cittadini amministrati. Sono oltremodo certo che i comunicatori di tanta disgraziata notizia fossero già da più anni a conoscenza del grave disagio che ci attendeva e che, per cialtroneria e pavidità, hanno deciso unanimemente di procrastinare il confronto con i cittadini e affidare agli ultimi amministratori arrivati l’ingrato compito di “CARCARCI” la scomoda soluzione trovata. Ma anche qui il livello di efficacia comunicativa e la visionaria soluzione alternativa all’ormai stressato e malfermo ospedale ci lasciano in maniche di mutande. O sono cretini loro o siamo cretini noi.

Ciascuno si dia una risposta. E allora come è possibile che le sole affrettate soluzioni trovate oltrepassino il ridicolo? Hanno investito lo stesso impegno necessario per decidere un nuovo posizionamento di un chioschetto di orzate e grattachecche. Ieri ci avvisano che l’ospedale è un malato terminale, quindi eutanasia oggi, già ci prospettano due soluzioni possibili: o il trasferimento a Tropea come gli sfollati, o una baraccopoli provvisoria come a Rosarno. Non due informazioni date alla popolazione, bensì due MASCATUNI dati ai sudditi sciocchi incapaci, secondo loro di vedere il RE NUDO. Ma si sbagliano. Perché il re nudo si materializza. Ed entra

con una opportuna dose di mascalzonvasellina (un impasto viscido di bava di politici, massoni, sciacquini e disumanita’ varia): DOVER RICORRERE, loro malgrado, alle strutture private che generosamente si presterebbero ad offrire ospitalità. E le strutture private a Vibo non mancano. Piccole e grandi. Non solo. Continuano a crescere a vista d’occhio come fossero polli dopati in batteria. Penso alla Salus che acquisisce con straordinario tempismo, in prossimità della attuale sede, altri nuovi locali e spazi attualmente utilizzati come parcheggi; al Laboratorio Nusdeo che acquisisce il collegato parcheggio dell’oratorio e altri locali in via Gagliardi; e la Villa dei Gerani che acquisisce, giorno dopo giorno, spazi, sottospazi, sopraspazi, dopo avere certamente superato tutte le verifiche antisismiche ( al contrario dell’ospedale civico).

Approfitto, menzionando queste meritorie attività sanitarie private, per riconoscere straordinario spirito imprenditoriale a chi di queste attività  ne è titolare, con altri soci, e che ha saputo con con ostinata caparbietà, da solo senza il sostegno di altri, creare un presidio sanitario, attenzionato da tutta la Regione. Parlo di Giuseppe Mangialavori, benefattore e filantropo prima ancora che Dottore nonché Deputato della Repubblica. La domanda che in tanti mi pongono è la seguente: secondo te ci tocca aprire presidi sanitari privati perché bisogna chiudere quelli pubblici? Oppure ci tocca chiudere i presidi sanitari pubblici perché  bisogna aprire quelli privati? Ragionate anche voi e datevi una risposta. Forse alla fine il rimedio meno gravoso è più rassicurante è quello di mettere all’ingresso del vecchio ospedale un sempre mai sconfessato affidabile Mascherone Apotropaico. Confesso che a fronte di questa ennesima patata bollente continuo a fare fatica ad individuare  un interlocutore istituzionale disposto all’ascolto:

Con una maggioranza che naviga a vista con un capitanoAggarbatuni con tricorno in testa e ciambella a paperetta intorno alla vita, con ciurma attrezzata di ciambellette al braccio tutti insieme  sul mantello come San Francesco di Paola, ma purtroppo per loro, non hanno protettori in gamba come quelli del nostro Santo.

La minoranza, che in questa storia ha sicuramente le responsabilità maggiori, si è  spenta come il falò quando a noi ragazzi, dopo il bivacco, mancava l’acqua.