Paola, i killer di Tonino Maiorano arrestati a poche ore dal 18° anniversario dell’omicidio

Per ironia della sorte, la Dda di Catanzaro ha annunciato gli arresti dei killer di Antonio Maiorano (l’operaio ucciso per errore dalla ‘ndrangheta) e Luciano Martello il giorno prima del 18° anniversario della morte di Maiorano, il 21 luglio del 2004. Così ricordava quel giorno il collega Francesco Frangella su Marsili Notizie.

di Francesco Frangella

Era una mattina come quella odierna quella in cui, 18 anni fa, Tonino Maiorano – operaio idraulico forestale, incensurato, sposato e padre di due figli – veniva freddato, senza coscienza, da killer ingaggiati da una locale consorteria mafiosa, in faida coi reggenti di un clan rivale per il controllo criminale del territorio.

Vittima innocente dei colpi esplosi da chi, ignorante anche dell’ambito malavitoso, lo ha scambiato per il capobastone Giuliano Serpa, esponente di spicco dell’omonima cosca che, all’epoca, imperversava sul fazzoletto di terra compreso tra il mare e la montagna paolana, condizionando – insieme agli affiliati dell’organizzazione avversaria – ogni attività.

Una morte, quella di Tonino Maiorano, che ha scosso profondamente la comunità che vive alle pendici del Santuario, malgrado i depistaggi – denunciati dal pm Facciolla durante la sua requisitoria e in altri incontri pubblici – tentati da una stampa che addirittura arrivò a paventare l’ipotesi del delitto passionale e nonostante la paura, serpeggiante, suscitata dai loschi personaggi immediatamente percepiti come coinvolti nell’omicidio.

Paola si è da subito stretta attorno al suo “caduto”, morto in una guerra opaca e non dichiarata, consumato da una ruggine che il giudice Eugenio Facciolla – vero e proprio “distruttore” delle colonne criminali cittadine – nel corso del processo passato alla storia come “Tela del Ragno”, definì «bastarda»; perché incapace di dotarsi di quel minuscolo apparato di “regole” che, invece, vengono rispettate laddove la mafiosità è vissuta in maniera culturalmente diversa rispetto a questa fascia settentrionale di Calabria.

Una mafia, però, sempre pronta a rialzare la testa, sfruttando ogni elemento a sua disposizione, compreso il raffreddamento dell’emotività, a volte causato dall’oblio che circonda le cose lontane nel tempo.

Come ebbe a dire nel 2017 l’allora vicesindaco Antonio Cassano,  «Tonino Maiorano non era al posto sbagliato nel momento sbagliato. Perché quello in cui si trovava era il SUO posto di lavoro. Era al posto giusto al momento giusto»; lo stesso posto in cui ogni cittadino si trova quando vive nella normalità.