Paola non fa rete, neanche per federare le proprie ferite

Paola non fa rete, neanche per federare le proprie ferite

Più provinciali della più profonda provincia. Franco Arminio dipinge anche Paola nel suo articolo su La Repubblica
Fonte: Paola Oggi

 

I paesi non fanno rete. Non si è mai vista una protesta dei sindaci dei paesi italiani che si stanno drammaticamente spopolando. Eppure, oltre alla lotta di classe, esiste anche la lotta tra territori. Ogni paese cerca la sua via, il suo sostegno, quando lo cerca, quando lo trova.
I forti si fanno buona compagnia. I deboli si dividono e si fanno la guerra…

Franco Arminio, paesologo, nel marzo scorso scrisse su La Repubblica un interessante pezzo sulla necessità di fare rete per quei paesi in via di spopolamento – LINK – .

Cari piccoli borghi d’Italia, se non fate rete le città vi divoreranno

Estrapolando alcuni suoi concetti non si può fare a meno di considerare, restando nel recinto di Paola, ma anche di tante realtà similari, che è vero “non si fa rete” e mai si è voluta fare. A parte qualche sporadica parata mai andata a buon fine con i fatti, Paola “cerca la sua via” e, probabilmente, si sente anche “forte“. Simili considerazioni potrebbero e dovrebbero farle i cittadini, o i cronisti, di ogni singola realtà territoriale che si sente parte in causa. Solo lievi sfumature traccerebbero le differenze tra un paese e un altro.

Un artista di Roma o di Milano ha comunque più vita facile di un artista che vive in un piccolo paese. In certi ambienti ci sono alleanze implicite che non ci sono in altri ambienti. Io facevo fatica a fare arrivare i miei pezzi sulle pagine dei giornali locali della mia provincia. Anche tra il mio paese ed Avellino c’era un conflitto centro-periferia. Devi essere davvero molto bravo per vincere la resistenza e poi la devi vincere ogni volta, perché la resistenza non finisce mai. Il paese non ti sostiene. Il paese non compra i tuoi libri. Non ti chiede di candidarti a sindaco nel caso gli viene il sospetto che potresti essere la persona giusta.

“Nemo propheta acceptus est in patria sua!” è scritto nei Vangeli. Luca, Matteo, Marco e Giovanni attribuirono a Gesù in Nazareth la frase per stigmatizzare la fredda accoglienza dei suoi conterranei. Dopo più di 2000 anni resta ancora impeccabile e moderna, purtroppo, questa prassi.

Chi vive nelle grandi città può non avere appoggi ma è difficile che abbia delle ostilità. Assenza di vento. Invece chi si muove nel paese ha sempre un vento contrario. Se il vento è leggero, come nel caso del giavellotto, magari ti aiuta anche ad andare più lontano. Altrimenti ti fermi e inacidisci sul posto…
Chi vive Paola queste parole le fa sue, riecheggiano giornalmente tra le piazze, nei bar e sulle pagine stampate. Se non si fa parte della combriccola del momento e ci si muove, ecco che il vento è contrario, a folate.
In paesi come Paola (Paola è ufficialmente città ma paese nella forma, nella sostanza e nella mentalità)  lo spopolamento è minimo, si percepisce poco ma, lentamente, avviene quello che Franco Arminio descrive bene, e oggi avviene di cervelli, non più di braccia. 
Conosco giovani musicisti bravissimi che non riescono ad uscire fuori dal muro del proprio territori. E così giovani attori e artisti. Quando ti proponi all’attenzione del centro sei sempre solo. E sei sospettoso, a volte la sfiducia finisce per tradire il tuo talento. Ho visto vite promettenti aggrovigliarsi nell’impazienza di risposte che non arrivano.

C’è chi lo chiama campanilismo ma è superato anche questo. Non fare rete tra paesi limitrofi, magari simili per problematiche ma diversi e spesso potenzialmente complementari per opportunità, per estrazioni culturali e di tradizione, è, da un lato, più legato al dimostrare di essere superiori senza aver bisogno di aiuto, dall’altro, racimolare consenso e stipendio amministrando. Sì, perchè nei paesi, spesso, chi amministra non ha un lavoro o una professione che possa mantenere la famiglia e se ha una professione lo fa più per soddisfare il proprio ego che per migliorare le condizioni della sua realtà.

Il centro nemmeno se ne accorge dei suoi privilegi. E il margine perde di vista le sue mancanze. Sei senza ospedali e ti sembra normale, hai un medico rude e ignorante e ti sembra normale. Il professore è accidioso e ti sembra normale. Il sindaco vive altrove e nessuno glielo fa notare.

“Sei senza ospedali e ti sembra normale“, scrive Arminio. A Paola, chi non assiste distrattamente, da sempre, alla questione ospedale? Si è raffreddato, in questi giorni di festa, il pressing di vetrina del politicante di turno, al secolo Graziano Di Natale. Come se l’atavico problema si fosse risolto, o come se il problema non fosse di notevole importanza da fare qualche sporadico spot a fasi alterne.
Ci accapigliamo su chi “si muove“: per questo argomento il politico di turno (turno che però dura da decenni senza alcun risultato), quindi il vento diventa contrario, come bene esplicitato da Arminio in precedenza. Qui non si tratta della mossa di un talento o di chi vuol donare al proprio paese il suo spessore culturale, al quale tarpi le ali, si tratta di manichini vocati alla politica per le necessità di cui sopra. E invece di fare rete la guerra s’inasprisce sempre più tra Di Natale e Aieta, non tra paolani e cetraresi. Non si è mai assistito, infatti, a popoli che si scontrano per la questione ospedale ma non si sono neanche mai viste sommosse popolari per perorare la causa.

Proviamo infatti a traslare la questione su un altro aspetto. “Sei senza ospedali e ti sembra normale“. Del politico che si espone (quindi “si muove“) abbiamo appena scritto, proviamo a demandare questa responsabilità al cittadino.
“Sei senza ospedali e ti sembra normale”. Viene da pensare che al cittadino sembri veramente normale che un ospedale chiuda reparti, che sia sottodimensionato, che le migliori professionalità cerchino di andare altrove lasciando poche e scarse competenze. Devi sperare di non star male, o di avere il tempo di poter raggiungere il “centro“, quel centro che Arminio identifica nella città più vicina e, probabilmente, con un ospedale più dotato o meno infestato da incompetenza.

Il cittadino non reagisce, per questo Arminio scrive che “sembra normale“. Non reagisce perchè vede “reagire” il politicante di turno (?), dimenticandosi però che quelle reazioni non hanno sortito alcun risultato e ricordandosi del problema al primo malanno serio personale o di qualche suo caro.

I paesi non fanno rete, non sono mai riusciti a federare le loro ferite. Dovrebbero cominciare a farlo se non vogliono perdere i loro ragazzi. 

Paola Oggi si ferma qui, al lettore ha fatto assaggiare solo una parte dell’articolo, più complesso e articolato, di Franco Arminio. Abbiamo voluto trasferite in loco alcune sue considerazioni, farle nostre e farle vostre per provare a stimolare quella coscienza critica troppo spesso sopita dei più. Non siamo in grado neanche di “federare le ferite” , ce le lecchiamo da soli, salvo poi lamentarci.

N.B.:
ci chiediamo, noi di Paola Oggi, due cose.
1- Sono visioni di pochi, quelle appena scritte, o sono condivise dai più? Se tu che hai letto fino a qui hai da aggiungere o correggere le considerazioni fin qui scritte, non esimerti dal farlo, scrivici (nei commenti sui social, su messanger o manda una mail a [email protected]).
2- Se chi ha letto fin qui non è di Paola e intravede simili problematiche, scriva, aggiunga o corregga (nei commenti sui social, su messenger o manda una mail a [email protected]). Proviamo a conoscerci meglio, magari un giorno riusciremo a fare rete anticipando le istituzioni.

Qui l’articolo integrale su La Repubblica del 4 marzo 2019.