Politiche 2018, i possibili scenari dopo il voto: Renzi aggrappato al voto del sud

Se stiamo a quello che dicono i sondaggi, dopo il voto del 4 marzo nessuna coalizione, o partito, raggiungerebbe la maggioranza del 40%. Senza maggioranza nessun governo. Quello che si prefigura è un governo di “alleanze”, o una grande coalizione formata dai maggiori schieramenti politici. La più probabile è un’alleanza tra il centrosinistra a guida PD, con il centrodestra a guida Forza Italia. Il problema di questa possibile alleanza sta nella scelta del “premier”. Escludendo Berlusconi per i motivi che tutti sappiamo, in campo restano Renzi e Salvini che non fa certo mistero della sua velleità di diventare primo ministro. La scelta, o l’indicazione del premier, in questa possibile alleanza, spetterebbe alla coalizione che più prende voti. E sempre stando ai sondaggi dovrebbe essere il centrodestra dove scalpita Salvini.  Se così fosse il PD di Renzi/Minniti/Gentiloni sarebbe disposto a sostenere un governo a guida Salvini? Penso proprio di no. In questo scenario toccherebbe a Berlusconi fare un altro nome, gradito a tutti, senza scontentare la sua coalizione. Una situazione difficile che potrebbe anche non trovare una soluzione.

Se al contrario dovesse arrivare prima la coalizione di centrosinistra, il problema “premier” sarebbe di facile soluzione. Berlusconi si è già reso disponibile, a sostenere un eventuale Gentiloni bis. Magari per un po’ di tempo: andando vedendo.

Un altro scenario potrebbe essere l’alleanza tra il centrosinistra e LeU di Grasso. Ma per arrivare a questo serve un PD almeno al 33% con LeU al 7/8%. La vedo molto dura. IL PD per giungere a questo risultato dovrebbe recuperare forti percentuali di consensi al sud, e con i soggetti che intente candidare in Calabria, sempre gli stessi volti della solita politica ladrona, più che recuperare, il PD rischia di toccare il fondo.

Renzi ha capito che deve vincere la sfida dei numeri contro il centrodestra, indipendentemente dal risultato dei 5Stelle, se vuole ritornare ad occupare la poltrona di primo ministro. E sa che la partita si gioca al sud. Ecco perché ha preso in mano la composizione delle liste, perché vuole essere sicuro di mettere la persona giusta al posto giusto. Sarà lui a decidere chi e dove.  Come a dire: persa per persa, me la gioco come dico io, almeno.

Il movimento 5 Stelle è tagliato fuori da ogni possibilità di governare il paese. Sempre stando ai sondaggi. Il 40% tanto auspicato da Di Maio sembra lontano. E se la percentuale di voti si attesta attorno al 30% anche un’alleanza diventa difficile. Non esiste altro partito al 10% che potrebbe allearsi con loro.  A meno che Salvini, staccandosi dall’alleanza di centrodestra, non decida di allearsi con Grillo. Insieme, stando alle previsioni di voto, avrebbero una buona maggioranza, sia alla Camera che al Senato. Di Maio non ha escluso questo scenario.

In tutti questi sondaggi resta l’incognita astensione. Che generalmente, nelle politiche, oscilla tra il 25 e il 30%. Una percentuale significativa che, se coinvolta, potrebbe cambiare ogni scenario sopra illustrato. Se è vero come dicono i sondaggi che i giochi sono fatti, la vera sfida si gioca proprio sulla capacità degli schieramenti in campo di recuperare “questi voti”. Vince chi  porterà dalla sua parte più astensionisti possibili. Anche questo potrebbe essere un altro scenario. Insomma queste elezioni sono veramente un’incognita. E se non va in uno dei modi sopra elencati, molto probabilmente, così com’è successo in Spagna, saremo chiamati a distanza di qualche mese a rivotare di nuovo. E non è detto che si trovi una quadra. E tutto questo grazie a questa legge elettorale che più che guardare alla stabilità del governo, guarda alla sistemazione dei soliti politicanti di mestiere.

GdD