Ponte “green”? Da Messina a Reggio solo progetti invasivi: due discariche a Seminara e Campo Calabro

di Enrica Riera

Fonte: Domani

Riconvertire un ex inceneritore in un impianto rivoluzionario capace di trasformare pannolini e altri materiali assorbenti in nuove risorse. Dai rifiuti bruciati, dunque, al recupero di plastica, cellulosa e materie prime seconde da riciclare e riapplicare in numerosi processi produttivi. A Messina era tutto pronto per riuscire nell’impresa e bonificare l’ecomostro di contrada Pace, convertendolo in qualcosa di utile per l’ambiente secondo i principi dell’economia circolare. Eppure, nonostante i circa 10 milioni di fondi Pnrr intercettati per il progetto, una porzione dell’inceneritore rientra nelle aree da espropriare per la costruzione del ponte sullo Stretto.

Sono 107 i metri quadri interessati. Qui sorgerebbero dei cantieri per la costruzione di un viadotto ferroviario. Una “piccola area” rispetto a quella prevista dal progetto del 2011 ma non così piccola da non intaccare la piena funzionalità dell’intero nuovo impianto.

Non è l’unico progetto finanziato con i fondi Pnrr che va a essere intaccato dal ponte sullo Stretto. Anche l’area di Forte Beleno a Villa San Giovanni, sito archeologico del territorio, è chiamato in causa per via degli espropri. Lo prevedeva anche il progetto di oltre 10 anni fa, la differenza è che oggi su quel sito grava un investimento di un milione e mezzo di fondi Pnrr per la riqualificazione. Uno spreco di risorse.

I CANTIERI NELLA ZPS – C’è il serio rischio che Messina e Villa San Giovanni (ma non solo) diventino due mega cantieri a cielo aperto. Il sistema della cantierizzazione prevede “cinque macro-aree, ciascuna dedicata a un lotto chiave di infrastrutture per un totale di venti cantieri fra operativi, logistici e di supporto: 17 in Sicilia e 3 in Calabria”.

Alcuni – sul lato siciliano quelli di Villafranca Tirrena, Pace e le aree di lavorazione a Messina – ricadono nella cosiddetta Zps (Zone di Protezione Speciale) e dunque nella Rete Natura 2000. Si tratta di aree dove si dovrebbe tutelare la biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario.

Sul lato calabrese, a Seminara. sarà realizzata una discarica a contrada Bizzola, “per materiale classificabile come rifiuti speciali non pericolosi quali fanghi filtro pressati, jet grouting, materie di demolizioni, Vtr, e fritzbeton frantumato da scavo in galleria proveniente dalle lavorazioni inerenti alla costruzione del ponte sullo Stretto” si legge nel progetto definitivo. Peccato che si tratti di un’area rurale, famosa per i suoi uliveti.

A Campo Calabro sarà realizzato un “sito di lavorazione inerti, ubicato in località Serrito, entro l’ambito di una cava esistente e in parte attiva”. Secondo il ministro Salvini il ponte sarà un’opera “green” ma al momento non lo sembra affatto.

L’AMBIENTALISTA – Oltre agli esposti degli attivisti e alle richieste di integrazione del Ministero dell’Ambiente, lo testimonia anche Anna Giordano del Wwf Italia, vincitrice del Premio Goldman per l’Ambiente nel 1998. “A parte alcuni, la maggior parte dei cantieri sul fronte siciliano ricade nella Zps. Inoltre, l’area dove dovrebbe sorgere il ponte è la rotta faunistica più importante d’Europa…”.

Dieci anni fa, Giordano portò sullo Stretto lo scrittore Jonathan Franzen che difese la biodiversità locale sul New Yorker. “Solo per il blocco di ancoraggio – spiega ancora Giordano – servirebbero 39 milioni di litri d’acqua. Dove li prenderanno? Questa è una regione messa in ginocchio dalla siccità, dove non piove da mesi, gli agricoltori sono disperati ed è stato dichiarato lo stato di emergenza. C’è più di un problema. Il ponte è un progetto inutile e dannoso”.