di Agostino Laudani
Fonte: Focus Sicilia
Con il Ponte sullo Stretto, si riapre anche la partita degli espropri. Tra Sicilia e Calabria, ci sono più di 310 edifici da demolire e una lista interminabile con centinaia di particelle catastali che la società Stretto di Messina Spa dovrà acquisire. Proprietà private ma anche pubbliche e demaniali, dove sorgeranno le torri da 400 metri del Ponte, gli ancoraggi dei cavi di acciaio, gli svincoli stradali, le infrastrutture ferroviarie e ogni altra opera necessaria. Per far questo bisognerà spazzare via terreni, cabine elettriche, porzioni di strade, case e villette da uno a sei piani, locali commerciali, persino due cappelle del cimitero messinese di Granatari. È tutto stabilito dal ‘vecchio’ progetto preliminare del Ponte sullo Stretto che risale al 2011. Tra le decine di elaborati, c’è anche un corposo piano di espropriazioni. Che adesso dovrà essere aggiornato. Il nuovo progetto è infatti atteso per metà febbraio.
A che punto è il piano di espropriazioni
Il piano di espropriazioni non è mai andato oltre la fase iniziale. Nel 2003 vennero apposti i “vincoli preordinati all’esproprio“. Furono cioè delimitate tutte le aree da riservare a cantieri e opere del Ponte. La ricognizione da 600 pagine con elenchi, fotografie e descrizioni è allegata al progetto del Ponte. I vincoli, di durata quinquennale, vennero confermati nel 2008. Nel 2013 l’opera venne accantonata dal governo Monti. La Legge di bilancio 2023, che ha riattivato la Stretto di Messina Spa (era in liquidazione), ha anche reiterato i vincoli. È solo primo passo. Con l’adozione del nuovo progetto, la Stretto di Messina Spa avvierà la procedura vera e propria, con la dichiarazione di pubblica utilità. Il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) dovrà approvare il progetto definitivo e dichiarare la pubblica utilità dell’opera. Questo consentirà l’avvio degli espropri con le comunicazioni ufficiali ai proprietari degli immobili.
Una grave svalutazione dei terreni vincolati
I ‘vincoli‘, seppur in qualche modo “dormienti“, però, in questi anni qualche effetto pratico l’hanno prodotto. Nonostante l’eterna incertezza rispetto alla realizzazione del Ponte, i vincoli hanno comunque congelato ogni sviluppo urbanistico. I proprietari non hanno potuto sfruttare i propri immobili. I valori di mercato sono precipitati, perché nessuno ha interesse a comprare immobili su cui pende il rischio di un esproprio. La svalutazione è un danno economico vero e proprio. In alcuni casi ha anche scatenato azioni legali contro la Stretto di Messina Spa. Per la precisione due cause innanzi al Tribunale di Messina. La società, come risulta dalla relazione al bilancio 2022, finora ha dovuto sborsare 313 mila euro per indennizzare proprietari di terreni vincolati per esproprio, dopo le sentenze della Corte di Appello civile di Messina. C’è stata, inoltre, una diffida legale presentata nel 2014 da un gruppo di 34 proprietari di terreni. Per il resto la società, si legge sempre negli atti di bilancio, ad oggi non ha ricevuto dallo Stato alcuna somma da destinare agli espropri e non ha avviato formalmente alcuna procedura di esproprio. Come aveva ricostruito FocuSicilia, il rischio di contenziosi avrebbe potuto raggiungere i sette milioni di euro. Una pagina ormai superata dai nuovi eventi.
Solo per gli edifici ci vorranno almeno 100 milioni di euro
Una volta aggiornato il censimento di edifici e terreni da espropriare, i proprietari dovranno essere indennizzati. Le relative somme dovranno essere riconosciute secondo gli attuali valori di mercato degli immobili, come avviene per ogni tipo di esproprio. Solo per quanto riguarda gli edifici, si può stimare che ciascuna delle proprietà possa valere, con una stima che oggi è solo orientativa, tra 100 mila e 600 mila euro. Fatta quindi una media di 300 mila euro per ciascun immobile, solo sulle proprietà dislocate in Sicilia potrebbero non bastare 65 milioni di euro. Altri 30 milioni di euro potrebbero servire per un centinaio di edifici da espropriare sulla sponda calabra. Vanno poi aggiunti tutti i terreni. Serviranno centinaia di milioni di euro, oltre ai costi extra dovuti a richieste integrative, trattative sul prezzo e prevedibili contenziosi e accordi transattivi tra le parti. Forse anche per questo, in un recente incontro a Messina, l’amministratore delegato della Stretto di Messina Spa, l’ex Anas Pietro Ciucci, ha dichiarato che “l’obiettivo è la mediazione e il confronto fra le parti. Per raggiungere accordi consensuali con ciascun espropriato finalizzati a una tempestiva individuazione del giusto indennizzo in tempi congrui, per trovare altre soluzioni abitative o produttive”.