Praia. Luigi Pacchiano l’invincibile operaio della Marlane

Luigi Pacchiano l’invincibile operaio della Marlane
di Francesco Cirillo

Luigi Pacchiano ex operaio della fabbrica della morte, Marlane, sita in Praia a Mare, ridente cittadina turistica dell’Alto tirreno cosentino calabro, circondata da straordinarie bellezze naturali come l’isola Dino, sulla quale approdò Ulisse, è un indomabile personaggio , che nonostante l’età e gli acciacchi del corpo dovuti a un tumore alla vescica, preso nella fabbrica dove ha lavorato dal 1969 al 1995, continua la sua lotta individuale contro quella che resta un’ingiustizia. Un’ingiustizia dovuta ai poteri forti che hanno gestito la fabbrica e principalmente alla famiglia Marzotto proprietaria dell’azienda chiusa nel 2004 per essere trasferita in un paese dell’est. Alle spalle della chiusura una scia di operai ed operaie morti tutti per varie tipologie tumorali riconosciute dall’Inail in gran parte ma non dal Tribunale di Paola, che in prima istanza ha assolto Marzotto e tutto lo staff dirigenziale, ripagando in parte i familiari dei deceduti con una transazione da elemosina, purtroppo accettata dalle parti civili.

Ma il processo in secondo grado continua a Catanzaro nella Corte di Appello, senza Marzotto, e Luigi Pacchiano ancora una volta è il testimone principale che da Roma dove ora è sotto osservazione in un ospedale della capitale si è più volte recato per rendere la sua testimonianza, lucida, precisa, inequivocabile che tanto da fastidio agli avvocati difensori della fabbrica. Avvocati dai nomi altisonanti, che le provano tutte pur di scardinare la testimonianza di Pacchiano e le prove che giacciono in voluminosi fascicoli, molte delle quali nemmeno lette in aula. Come quella dell’operaio De Palma, che in una intervista videoregistrata confessa di aver seppellito per anni i rifuti tossici, nei terreni antistanti la fabbrica, nel depuratore che sfociava a mare, in discariche e terreni sparsi nei territori circostanti Praia a Mare. De Palma morirà pochi mesi dopo aver consegnato la sua testimonianza proprio a Pacchiano e a me stesso, che abbiamo inserito in un libro inchiesta, uscito nel 2011 dove ben si spiega tutto quanto è avvenuto in quella maledetta fabbrica. Ma di quegli operai oggi nessuno se ne vuole occupare. Questo processo d’appello, con il solo avvocato di parte civile, Lucio Conte, non ha seguito televisivo, né grandi firme di giornali, né inchieste di nessun genere. Marzotto resta una potenza, ben protetto dalla Confindustria e con avvocati di grido che ben sanno svolgere il proprio lavoro, cercando di smantellare le poche testimonianze e cercando di dimostrare che se ci sono stati tumori è per colpa del fumo delle sigarette, dell’aria inquinata e non certo dei vapori che fuoriuscivano dalle vasche di tessitura dove venivano usati per la coloritura veleni chimici ad alto potenziale.

In quella fabbrica oggi, un vuoto di cemento, restano solo i fantasmi degli operai.
Nonostante le ruspe abbiano individuato attorno allo stabilimento della Marlane, rifiuti tossici di ogni genere, nonostante gli accertamenti venuti fuori anche dal primo processo sulla Marlane che portò all’assoluzione degli imputati, nonostante le tante testimonianze di operai e periti di parte oltre che dallo stesso Procuratore del Tribunale di Paola, Bruno Giordano, vedo dei fantasmi aggirarsi per tutto il perimetro degli scavi. Riesco a vederli questi fantasmi, perché è da oltre quindici anni che scrivo di questa fabbrica, degli operai morti, dei loro nomi e cognomi, delle loro famiglie, dei loro figli lasciati senza padre né madre. Li vedo perchè sono stato al cimitero di Praia con le loro vedove ed i mariti delle operaie decedute. Nomi oramai dimenticati, che si vorrebbe seppelliti nell’oblio, ma che sono vivi e vegeti negli operai superstiti e nella cattiva coscienza di chi ne ha provocato la loro morte.

Ne parlo con Luigi Pacchiano, ex operaio colpito da tumori vari e superstite per volere di qualche Dio, che vuole che Luigi continui a parlare di questa unica verità che è l’uso di prodotti velenosi in quella fabbrica maledetta che ha portato alla morte di oltre cento operai e operaie. Questi fantasmi sono stati tutti amici suoi. Operai con i quali ha condiviso decine di anni di lavoro, gomito a gomito, negli stessi reparti, respirando la stessa aria malefica, gli stessi odori mefitici, persi nella nebbia che all’interno di quel grande scatolone che era la Marlane trovavano quasi ogni mattina.

La prima inchiesta
La magistratura paolana con il Procuratore Bruno Giordano, aprì quei cassetti rimasti chiusi per trent’anni e la prima udienza arrivò il 13 luglio del 2010. Cassetti che nessuno voleva aprire, perché a nessuno faceva comodo la verità. Perché sindacalisti di stato pagati dalla dirigenza ne traevano profitti, perché politici di bassa lega la usavano come serbatoio di voti per le loro campagne elettorali, perché tecnici compiacenti e dirigenti la usavano come mucca da spremere attingendo a finanziamenti statali ed europei. Dopo le circostanziate denunce prodotte dello SLAI Cobas locale, prima e dal Si Cobas dopo, e solo da loro, i primi scavi iniziarono per ordine della Procura di Paola e già dall’ottobre del 2006 portarono alla scoperta di materiale considerato tossico e quindi altamente nocivo per la salute e per l’ambiente. Questo primo materiale venne esaminato dall’ARPACAL e dal laboratorio di microscopia elettronica e microanalisi di Cosenza.

L’elemento più preoccupante ritrovato nel corso dei saggi di scavo fu il Cromo VI o esavalente. Una strage di oltre cento lavoratori, quasi tutti di Praia a Mare e Maratea. Una lista che si allunga anno dopo anno e alla quale solo negli ultimi anni se ne sono aggiunti altri decine di nomi; nomi che non compaiono sui giornali, nomi che non fanno notizia, nomi che non compariranno in nessun servizio televisivo. Una strage che nessuna giustizia cercherà di riportare a galla.

Chi dovrà bonificare quell’area ?
La Marlane si trova al centro fra il territorio di Praia e quello di Tortora. Della fabbrica resta questo enorme scatolone ma dopo una transizione fra Marzotto e il sindaco dell’epoca Praticò che in cambio ritirò la Parte civile dal processo il terreno venne diviso fra le parti. Per la precisione, al Comune andarono parte dell’ex stabilimento tessile per 5 mila metri quadrati, una parte di terreno al confine con il comune di Tortora, il depuratore che serviva la fabbrica e l’area posta di fronte allo stabilimento, confinante con la ferrovia, comprendente un capannone industriale di 2 mila metri quadrati e una striscia di terreno di 7 mila 500 metri quadrati. Marzotto ha mantenuto il controllo nei restanti due terzi dell’area compreso l’enorme capannone sul quale ha ottenuto il cambio di destinazione d’uso da attività industriale a commerciale . Dalle varie caratterizzazioni che si ebbero su quei terreni sia da parte dell’Arpacal che dalla Procura di Paola si parla di oltre trentamila tonnellate di materiale tossico proveniente dalla fabbrica stessa seppelliti. Si parla spesso di Praia a Mare e delle sue bellezze naturali.
Si parla delle lunghe spiagge, della Bandiera Blu, dell’Isola di Dino sottratta recentemente ai privati, della stupenda Fiuzzi, ma parlare della Marlane resta un tabù, così come restano tabù gli oltre cento operai ed operaie decedute lungo i trenta anni di attività.