Presidente Meloni, lei oggi viene in Calabria. Ma per fare cosa? (di Pino Tassi)

di Pino Tassi

Presidente Meloni,
lei oggi verrà in Calabria per presiedere una seduta del suo Consiglio dei ministri.

Noi calabresi siamo un popolo accogliente, ma questa volta mi creda non è ben accolta.
Non vuole essere una mancanza di cortesia o uno sgarbo, ma troppe cose “disumane” sono successe in questi giorni.

Non voglio mitizzare la nostra calabresità, sappiamo anche essere bastardi e crudeli, subire in silenzio, abbassare la testa e fare finta di non vedere soprusi e violenze.

Nel nostro sangue c’è di tutto: greci, normanni, turchi, francesi, spagnoli, romani.
Siamo sempre stati conquistati e abbandonati, per cui ci siamo sempre dovuti piegare agli accidenti della Storia.

Presidente Meloni, lei oggi viene in Calabria.
Ma per fare cosa? La tragedia di Cutro è avvenuta 10 giorni fa, la camera ardente  delle vittime si è chiusa nei giorni scorsi e Lei non ha avvertito la necessità di venire nei giorni successivi alla tragedia, dopo è  partita per le Indie per impegni istituzionali e da lì ci ha comunicato del suo arrivo in Calabria.
Tutto ciò  quando le polemiche stavano per sommergere la sua stessa credibilità e il suo silenzio non era più sostenibile.

Nonostante gli sforzi fatti, non è riuscita a trovare gli accenti giusti per esprimere un dolore vero.

Per fortuna, ancora una volta, il Presidente Mattarella è riuscito a rappresentare con la sua presenza e con il suo silenzio il dolore di noi tutti.

Certo, è venuto il ministro Piantedosi e forse sarebbe stato meglio che non fosse venuto e soprattutto che non avesse parlato né in Calabria né in Parlamento.
Il ministro Salvini ha parlato sulla stampa, ma non in Parlamento, e solo per fare propaganda live.

E’ stato un crescendo di atti  superficiali e crudeli.

Non sto qui ad elencarLe tutte le scelte sbagliate fatte dal suo governo prima della tragedia. Mentre gli arrivi sulle nostre coste proseguivano da tanto tempo a ritmo giornaliero, Lei e i suoi ministri non pensavate ad altro che a fare un Decreto per limitare ed ostacolare l’attività di soccorso delle ONG.

Non voglio nemmeno riprendere la polemica sui mancati soccorsi in mare che avrebbero evitato la tragedia e su cui farà luce la magistratura.

La mia accusa nei suoi confronti e dei suoi ministri non è di aver provocato volutamente la catastrofe.
Non sarebbe giusto e nello stesso tempo renderebbe troppo facile per lei fare la vittima aggredita da un’andata giustizialista e uscirne alla grande con un alone di santità.
Troppo comodo e facile.

Il j’accuse riguarda un modo di pensare, da cui scaturiscono  le scelte superficiali compiute.
Se invece di poveri afghani e pakistani le vittime fossero state ucraini, polacchi o israeliani, le avreste mandate a soggiornare per una settimana in un hot spot improvvisato, senza lenzuoli e letti e con un unico bagno?
Non penso proprio.

Ma non finisce qui, il colmo dell’inettitudine che sfocia nella protervia e nella cattiveria è  quello che è successo ieri: il Ministero degli interni che decide di inviare le salme dei deceduti a Bologna e a predisporre la sepoltura nel cimitero islamico della città.
Solo la reazione esasperata e ferma dei parenti delle vittime ha fatto fare marcia indietro e a bloccare le partenze.

Questa vergogna si aggiunge a due settimane di comportamenti disumani sia per i mancati soccorsi che per il trattamento ricevuto dal governo, le cui mancanze sono state coperte solo grazie al sacrificio dei Volontari delle Associazioni.

“Il governo italiano gioca con i morti”, recitava il cartello di una donna afgana che nel naufragio di Steccato di Cutro ha perso la figlia ed il genero.

Vede,  Presidente, all’inizio Le dicevo che noi calabresi siamo brave persone e anche un po’ bastarde e disincantate.
Però abbiamo un tratto comune che ci contraddistingue: con la morte non scherziamo.
In Calabria c’è il culto ed il rispetto dei morti.

Ancora ai nostri giorni, come scrive Vito Teti, uno dei maggiori antropologi italiani, “il cordoglio avviene secondo modalità tradizionali, sempre rinnovate e reiventate. Il suono della campana annuncia, in paese, la morte di qualcuno e l’approssimarsi del funerale. Si presta, forse, poca attenzione a come i manifesti a lutto, presenti nei paesi, nei vicoli, nelle piazze, nei grandi centri, nelle città rispondano a un bisogno di informare la comunità, ancora reticolo di rapporti, legami, scambi. La partecipazione ai funerali, l’usanza di andare a porgere le condoglianze nelle case, nella chiesa, al cimitero, la pratica di fare visita con cibi o del banchetto funebre in memoria dei defunti, restano, pure con profondi mutamenti, ancora molto vive nelle comunità del Sud e in maniera diversa del Nord …
E resta ancora viva, la pratica di vegliare il cadavere, spesso considerato ancora in condizione di sentire e avvertire la presenza dei presenti … Anche in paesi sempre più vuoti e spopolati, la veglia resta un dovere sociale che rinnova la solidarietà consanguinea, comunitaria, e territoriale; è un tempo supplementare di preghiera ma è anche un momento nel quale il corpo, che è già in decomposizione, è offerto alla contemplazione inquieta dei viventi”.

Ecco, quest’ultimo fattaccio non è risanabile.
Decidere di mandare, senza sentire i parenti, a Bologna  i corpi martoriati di povere persone, sottratti alle preghiere e alla vicinanza dei propri cari è un fatto che scava un fossato incolmabile di  sentimenti e di modi di essere.
In questa Vostra decisione si può leggere quasi la volontà di cancellare le tracce di quello che è accaduto, di archiviare il tutto per dare spazio oggi al grande evento, all’annuncio dei grandi propositi, della fermezza contro i mercenari della morte, degli impegni strappati all’Europa lasciva e distratta.

Forse non sarà così, ma quello che noi calabresi abbiamo letto in tutto ciò e nel suo arrivo è la voglia del grande evento mediatico, tra una lacrima, un lancio di fiori in mare, una visita in ospedale e poi in serata il rientro a Roma per la cena.
Le vittime e i loro parenti, i migranti, la Calabria tutta non merita tutto ciò.

Comunque nulla di nuovo sotto il cielo di Calabria. É un po’ come negli anni 60 quando Fanfani sguazzò per l’intera Calabria per farci vedere la rinascita dell’agricoltura. Per esaltare i risultati raggiunti spostavano sempre le stesse vacche nelle località da lui visitate. DA LI, LE VACCHE DI FANFANI. OGGI AVREMO LE VACCHE DELLA MELONI…