Racconto di un (ex) testimone di giustizia: chi garantisce la nostra sicurezza?

Egregio Direttore,

mi rivolgo a Lei per far conoscere ai cittadini e agli addetti ai lavori, cosa vuol dire vivere per molti anni all’interno del programma di protezione.

Sono un ex testimone di giustizia deluso dalle Istituzioni. Ho deciso di scrivere questa lettera adesso, visto che da poco si è celebrata la giornata della legalità….

Stamattina abbiamo pubblicato la prima parte della lettera inviataci da un testimone di giustizia, che elenca una serie di “assurdità” del Servizio Centrale di Protezione, lamentandosi della scarsa tutela dello stato nei confronti di chi vorrebbe collaborare con la giustizia anche se non ha mai fatto parte della criminalità ed è, dunque, soltanto un testimone (http://www.iacchite.com/quando-il-migliore-alleato-delle-mafie-e-lantimafia-racconto-di-un-ex-testimone-di-giustizia/).

SECONDA PARTE

Riprendendo il discorso dei vari cambi, si pone anche un problema di tutela e sicurezza. Aspetto centrale, perché a conoscere i tuoi dati e il luogo in cui vivi, non sono solo in due ma sono tanti. Perché il testimone dovrebbe fidarsi di sconosciuti anche se appartenenti alle Forze dell’ordine? Lasciato il loro incarico vengono trasferiti altrove e poiché non tutti rispettano il segreto d’ufficio e non tutti sono ligi ai loro doveri, chi garantisce la nostra sicurezza?

Di recente è stata emessa nei confronti di due funzionari del Servizio Centrale di Protezione una condanna per aver rubato 600.000 € dalle casse del Ministero. Il terzo imputato, un assistente capo della polizia in forza presso il Servizio è in attesa del dibattimento. Dimenticavo: i funzionari hanno patteggiato la pena. Mele marce? Certamente, ma quelli che non vengono scoperti? E cosa dire di alcuni capiscorta che negli anni hanno speculato sul contributo erogato dal Servizio (vitto e alloggio se necessario) per gli impegni di giustizia?  Ad un certo punto, forse per segnalazioni anche dei testimoni, agli stessi è stata fornita una carta prepagata Kalibra, dove venivano accreditati  i soldi per i trasferimenti.

Altra causa del malfunzionamento è la mancanza di regole certe e di collaborazione tra i vari uffici. Chi ne fa parte si comporta come gli omertosi quando gli chiedi qualcosa, ovvero non vedo, non sento, non parlo. E che dire del pregiudizio e del senso di insofferenza nei confronti delle tue doglianze a causa dei loro inadempimenti e ritardi, diventati ormai prassi consolidata? Per non parlare della mancanza di rispetto nei confronti della tua vicenda. Gli unici rapporti umani si hanno con i NOP, Nucleo Operativo Protezione, organo periferico del SCP. Però anche loro, ahimè, godono di scarsa considerazione e non hanno poteri decisionali.

Elencate alcune delle cause a mio avviso da imputare al fallimento del sistema di protezione, posso dire oggi che viverci all’interno è stato come intraprendere un duro corso per la sopravvivenza e sembrerà paradossale ma nel mio caso è stato più facile testimoniare che non vivere lunghi anni sotto protezione. Chi decide, dunque, di intraprendere questo cammino deve sapere a cosa va incontro e spetta ai magistrati che raccolgono la testimonianza, con conseguente trasferimento in altra località, se necessario, informarlo su come la sua vita cambierà da lì in avanti.

Si cade inevitabilmente in depressione che in tanti casi rasenta la disperazione, ci si isola per paura di incontrare qualcuno di tua conoscenza, non si può lavorare se hai in uso le generalità di copertura, non puoi firmare contratti, non puoi avere un c/c né una carta prepagata. Non hai un curriculum da presentare, né titoli da esibire. Con le generalità di copertura sei un analfabeta. Non ottieni in tempi brevi risposte alle tue istanze, non vieni ricevuto presso il SCP e la Commissione se non dopo aver inoltrato numerosi solleciti. A volte neanche questo basta, perché quello che tu scrivi non viene considerato. E tu sei lì a vivere l’attesa come se stessi aspettando l’esito di una perenne biopsia, domandatoti giorno dopo giorno: avrò il cancro oppure no? Vivi come se non ci fosse mai un domani aspettando con ansia, trepidazione, incertezza le loro risposte. Ad esempio, se un tuo figlio vuole iscriversi all’università devi iniziare ad informarti almeno un anno prima, perché qui si apre un mondo alquanto ingarbugliato. Istanze al SCP, interessamento del Miur, interessamento del Nop, interessamento del referente prescelto presso l’Ateneo indicato per l’iscrizione, ritardi nella comunicazioni reddituali, blocco degli esami ecc.ecc.. Vari passaggi, dunque, e ancora una volta varie divulgazioni di dati sensibili. Lo stesso discorso vale per l’iscrizione presso le varie scuole. In questo caso le divulgazioni dei dati sono ancora di più e i sospetti delle segreterie, visto le modalità seguite, non mancano.

Devi negarti tante cose, ma soprattutto le devi negare ai tuoi figli. Un programma di studio all’estero per esempio, un viaggio all’estero con gli amici, ecc. I documenti di copertura servono solo ad identificarti se hai la carta di identità, la patente per guidare (non puoi esibire i documenti di circolazione perché in contrasto con i dati riportati sulla patente), il Codice fiscale per le prestazioni sanitarie.

Vorrei toccare anche un altro aspetto: l’assistenza psicologica. Possono 5 psicologi garantire assistenza a tutti coloro che vivono sotto protezione? Sicuramente no. Pertanto, devi provvedere da solo a trovare uno specialista che ti segue (psicologo e psichiatra sono necessari come l’aria). Solo da poco tempo, i Nop forniscono il nominativo di uno specialista di riferimento nella località in cui vivi, appartenente al Cim. Vogliamo poi parlare della scorta? Mai avuta, se non per gli impegni giudiziari. Della vigilanza? Inutile. Una volante passa periodicamente nella zona in cui abiti ma non sa chi controllare. Ah dimenticavo! La prima casa in cui ho abitato, era stata data in uso a un pentito di mafia siciliano, notizia nota anche agli altri condomini i quali, sentendo l’accento meridionale pensavano che anche io fossi mafioso. Come vogliamo definirlo questo comportamento? Superficiale, inadeguato, poco consono a garantire la tutela del testimone? A Voi lettori la risposta.

Concludo, rivolgendomi dapprima a chi è in procinto di uscire dal programma di protezione, consigliandoli di rinunciare a questa fasulla forma di vigilanza evitando così di far sapere il vero domicilio sia alla Prefettura territorialmente competente che alla Questura, ma soprattutto al SCP. Rivolgo poi un appello ai cittadini calabresi e non solo: denunciate insieme i vari clan che opprimono i vostri paesi, ma non fatelo mai da soli. Ai magistrati dico: continuate con impegno a lottare contro “ndrangheta” ma facendo ricorso alle sole Vostre capacità.

Grazie