Reggio, blitz “Blu Notte”: il cambio al vertice del clan Bellocco, le affiliazioni e i rapporti con gli Spada. Tutti i nomi degli indagati

Si apprendono maggiori particolari sul blitz congiunto delle Dda di Reggio Calabria e Brescia contro il clan Bellocco. In particolare per quanto riguarda l’indagine reggina i carabinieri del Nucleo investigativo del gruppo di Gioia Tauro hanno ricostruito gli interessi della “cosca Bellocco” di Rosarno, una delle realtà più note della ‘ndrangheta, attiva nel narcotraffico, nel traffico delle armi, nelle estorsioni e nel controllo delle attività commerciali e imprenditoriali della Piana di Gioia Tauro, con particolare riferimento ai territori dei Comuni di Rosarno e San Ferdinando.

L’operazione, convenzionalmente denominata «Blu Notte», avviata dal settembre 2019 e conclusasi ad agosto 2020, ha delineato la struttura organizzativa della consorteria ai vertici della «società di ‘ndrangheta» di Rosarno, che vanta interessi in molte zone del Paese e che può contare su importanti ramificazioni all’estero.

Il cambio al vertice della cosca

Per quasi 50 anni, infatti, la leadership della «cosca Bellocco» era stata riconosciuta al vecchio patriarca Umberto Bellocco classe ‘37, alias «Assi I Mazzi», deceduto il 22 ottobre 2022, al quale viene ricondotta anche la nascita della Sacra corona unita pugliese – fatta risalire alla notte di Natale del 1981 all’interno del carcere di Bari.

Nelle intercettazioni captate dai carabinieri viene registrato il “passaggio di mano” all’omonimo nipote Umberto Bellocco classe ‘83, alias «Chiacchera», figlio di Giuseppe Bellocco classe ‘48, che ha dimostrato di avere la completa gestione del sodalizio e il conseguente controllo di tutti i consociati.

Umberto, fratello di Domenico Bellocco, classe ‘77, detto anche «Mico u Lungu», da prova di essere un leader temuto: le persone ammesse a confrontarsi con lui hanno esternato sempre atteggiamenti ossequiosi ed accondiscendenti, dimostrando il loro assoggettamento.

Ed è ancora lui che, in continuità con il pensiero del proprio predecessore (come rilevato nel corso dell’indagine Sant’Anna del 2014), dà prova di essere determinato a far diventare la sua associazione dominante rispetto alle altre. L’attività di polizia giudiziaria ha permesso, inoltre, di restituire un quadro completo sugli elementi strutturali della “cosca Bellocco”, che costituiscono anche la spina dorsale della “società di ‘ndrangheta di Rosarno”, le cui relazioni hanno dimostrato l’operatività delle locali attive nei comuni di Giffone e Laureana di Borrello.

Una precisa ricostruzione delle cariche e dei conseguenti compiti affidati ai numerosi affiliati orientati alla realizzazione del programma criminale, la cui attuazione pratica ha spaziato dalle estorsioni al traffico degli stupefacenti, dalla gestione delle cosiddette guardianie alla spartizione degli interessi sul territorio e così via. Ruoli che hanno contemplato l’uso delle armi ed una particolare disinvoltura nell’effettuare i danneggiamenti verso i soggetti più riluttanti a sottomettersi alle imposizioni dell’organizzazione.

L’ascesa in ambito carcerario

L’ascesa del nuovo vertice della cosca continua anche nell’ambito carcerario, circuito nel quale vengono rilevate – con il fondamentale contributo del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria – la posizione di primazia del Bellocco tra i ristretti del carcere di Lanciano, intessendo alleanze trasversali con altre potenti organizzazioni criminali operanti su tutto il territorio nazionale.

Lo stato di reclusione non ha impedito, infatti, a Umberto Bellocco di partecipare attivamente alle dinamiche criminali che hanno riguardato il sodalizio. Un aspetto reso possibile dalla detenzione illecita di telefoni cellulari, il cui approvvigionamento era favorito dal supporto di altri detenuti e dai familiari di questi, per lo più semiliberi e/o ammessi ai colloqui.

I summit mafiosi da remoto

Con questi espedienti il detenuto, dal carcere abruzzese, ha potuto partecipare ai summit mafiosi, potendo espletare tutte quelle funzioni che gli sono state riconosciute in ragione del ruolo di capocosca. In tale modo le conversazioni con i soggetti ammessi a confrontarsi con il boss sono state utilizzate come strumento di persuasione, anche nei confronti di altri soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta. Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di accertare, tra le altre cose, anche le responsabilità dei pregiudicati che hanno costituito la filiera necessaria a rifornire il Bellocco dei microtelefoni cellulari, delle Sim-card e delle relative ricariche, strumenti indispensabili per la direzione “da remoto” della “cosca Bellocco”.

Le affiliazioni

È risultato possibile documentare, ulteriormente, l’affiliazione di due nuovi consociati ed i conseguenti festeggiamenti, nonostante alcune frizioni che minavano gli equilibri interni, per l’ingresso nella “onorata società” dei “nuovi arrivati”. Singolare è stato il brindisi con il quale un anziano della consorteria, davanti ai nuovi adepti ed agli alti ranghi della cosca, ha voluto esaltare quel momento di vita associativa pronunciando la frase: “E’ cadda… è fridda… e cala comu nenti, a saluti nostra e di novi componenti”.

Affiliazioni effettuate con l’avallo di un altro esponente di vertice recluso nel carcere di Saluzzo, il cui benestare è stato concesso attraverso l’utilizzo di altro telefono detenuto in violazione delle norme e di uno degli esponenti della cosca Bellocco riconducibile al ramo dei “Testazza”. Il tutto nell’ottica di partecipare il concetto unitario di cosca, che implicitamente ha amplificato la forza di intimidazione, creando le condizioni di assoggettamento delle popolazioni e ponendo le basi per stabilire quel rapporto di sudditanza psicologica posto a fondamenta delle imposizioni mafiose.

La stretta collaborazione con gli Spada

Tra le alleanze maturate nel circuito penitenziario spicca la stretta collaborazione tra gli esponenti della “cosca Bellocco” e quelli del “clan Spada” di Ostia, alcuni dei quali destinatari delle misure cautelari. In particolare, l’accordo stretto tra gli esponenti dei due clan, oltre a scandire le gerarchie criminali all’interno del penitenziario, ha riguardato i traffici di cocaina effettuati dalla Calabria verso il litorale romano e la risoluzione di situazioni conflittuali tra gli Spada e alcuni calabresi titolari di attività commerciali nelle aree urbane di Ostia ed Anzio.

Tutti i nomi degli indagati

In carcere: Umberto Bellocco (89), Benito Francesco Palaia (73), Emanuela Bellocco (75),  Gaetano Palaia (96), Maria Serafina Nocera (54), Giovanni Nocera (78), Rocco Stilo (90), Antonio Restuccia (92), Francesco Nocera (82), Enrico Condoleo (91), Vincenzo Palaia (92), Rosario Caminiti (81), Antonino Biondo (87), Vincenzo Lombardo (61), Rocco Bellocco (52), Domenico Bellocco (80), Francesco Fiumara (66), Domenico Bellocco (87), Rocco Bellocco (89), Michele Bellocco (80), Pasquale Furuli (76), Pietro Giuseppe Bellocco (83), William Gregorio (95), Rocco Restuccia (87), Antonio Barrese (88), Giuseppe Fazzari (80), Antonio Paladino (82), Antonio Mandaglio (47), Francesco Mandaglio (72), Francesco Larosa (51), Massimo Larosa (78), Massimo Lamari (71), Antonio Francesco Bellocco (64), Benito Palaia (799, Rocco Delfino (62), Michele Tiberio (81), Ramy Seroum (90), Giocchino Bonarrigo (84), Ramy Seroum (88), Giuseppe Maiuri (84), Antonio Maiuri (48), Natale Trimboli (88), Gabriele Ursino (999, Luigi Stefano Ursino (91), Gaetano Palaia (91), Marco Petrini (94), Alessandro Marando (76).

Ai domiciliari: Martina Palaia (98), Michelangelo Bellocco (95), Michele Larosa (69), Francesco Cutrì (79), Giuseppe Pantano (62), Vincenzo Politanò (71), Sante Restuccia (88), Francesco Labaudo (80), Mario Vellutino (78), Fausto Pizzuti (80), Salvatore Ardizzone (55), Nicola Zungri (83), Giovanni Palaia (82), Gaetano Palaia (74), Domenico Scarmato (68).

Obbligo di presentazione: Gaetano Palaia (2000), Girolamo Primerano (81).