A Rende il fatidico “giorno dopo” non è neanche una novità assoluta. Meno di dieci anni fa arrivarono al Comune gli ispettori della Dda per il cosiddetto accesso antimafia, successivo ad una operazione nella quale era incappato l’ex sindaco Umberto Bernaudo. Il sindaco, della stessa “parrocchia”, era Cavalcanti, che tuttavia strappò con Sandro Principe, si dimise dalla carica e in pratica avviò un percorso di “pentimento”, che qualche anno dopo portò all’arresto di Principe. Insomma, non solo niente di nuovo ma siamo davanti ad una pratica che va avanti da anni: Rende è una città nelle mani delle ‘ndrine con la compiacenza e connivenza di quella parte della politica che ha preso la guida della città dopo Sandro Principe e i suoi sindaci “fantoccio” (compreso Cavalcanti, il peggiore).
La reazione di Marcello Mazzetta dopo l’arresto di ieri è stata quella – immediata – di incoronare vicesindaco Annamaria Artese, il cui famigerato fratello Ariosto è incappato nella scure della giustizia… Sembra una barzelletta ma non lo è. In queste ore sono in molti a chiedersi se questa nomina è regolare o no. Eh sì, perché i dubbi sono pienamente legittimi. Il previsto passaggio della nomina di Annamaria Artese in Consiglio comunale alla prima data utile non è stato fatto. Non sappiamo se questo sia dirimente o meno e speriamo vivamente che la minoranza ci lavori per capirlo. Intanto, se la signora Artese sorella di Ariosto dovesse assumere l’incarico – fatto pressoché scontato -, comunque sarà incompatibile con la carica di segretario del circolo Pd. E almeno la “scalata” al partito da parte del gruppo Mazzetta potrebbe essere clamorosamente cancellata. Staremo a vedere.
IL COMUNICATO DELLA MINORANZA
«Il nostro rispetto per i principi stabiliti dalla Carta Costituzionale è fuori discussione. L’inchiesta della Dda di Catanzaro che fa registrare il coinvolgimento del sindaco Marcello Manna e dell’assessore Pino Munno, entrambi posti agli arresti domiciliari quali indagati, costituisce un fatto di rilevanza oggettiva che come tale va considerato per l’inevitabile incidenza che assume rispetto all’amministrazione cittadina»
«Le funzioni e le cariche pubbliche apicali ricoperte, il senso delle istituzioni che presiede al loro svolgimento – affermano –, impongono un atto di responsabilità e di rispetto nell’interesse di una intera comunità cittadina, rassegnando le dimissioni da sindaco della città. Le dimissioni non sarebbero un’ammissione di responsabilità personale, ma un atto politico dovuto di sensibilità verso le istituzioni e verso la cittadinanza rendese».