Rende, la relazione del prefetto: “Il Palazzetto dello sport è stato assegnato al cugino dei boss Di Puppo”

Settantaquattro pagine. Il prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramella ha condensato in questo numero le 491 pagine che compongono la relazione della commissione di accesso antimafia al Comune di Rende che ha determinato lo scioglimento dell’ente per infiltrazioni mafiose. Di conseguenza, pubblichiamo le parti salienti di queste pagine, che iniziano con la madre di tutte le battaglie, il Palazzetto dello sport di Villaggio Europa, che è un po’ il crocevia degli interessi mafiosi a Rende.

Il 4 dicembre del 2023 si è appreso che i commissari di Rende hanno revocato la concessione del Palazzetto dello sport alla testa di legno di Manna e dei Di Puppo. Ma ecco la relazione del prefetto, che era già molto chiara. 

Le indagini sfociate nel provvedimento cautelare “Reset” del G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro hanno fatto emergere l’esistenza di contatti tra il sindaco (Marcello Manna, ndr) —eletto già nelle consultazioni amministrative del 2014 e riconfermato in quelle del 2019- e membri apicali della criminalità organizzata, tradottisi in un patto di scambio elettorale politico-mafioso. Per la misura cautelare è intervenuto annullamento da parte det Tribunale del Riesame, pronuncia però a sua volta oggetto di ricorso per Cassazione, accolto con rinvio. Grava inoltre sul sindaco un’imputazione per corruzione in atti giudiziari da parte della Procura della Repubblica di Salerno, con contestazione dell’aggravante dell’aver agito per agevolare la cosca di ‘ndrangheta “Lanzino-Patitucci” e con la sospensione per 12 mesi dall’attività forense (quest’ultima misura cautelare allo stato sospesa in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione), nonché altra indagine convenzionalmente denominata “Malarintha”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Cosenza, in relazione alla quale in data 10.11.2022 è stata eseguita altra misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Rende, recentemente annullata da Tribunale del Riesame.

La misura cautelare adottata con l’ordinanza del G.I.P. di Catanzaro n.239/2021 R.M.C. del 2 agosto 2022 ha investito anche l’assessore ai lavori pubblici di Rende (Pino Munno, ndr) parimenti indagato per un patto di scambio omissis elettorale politico-mafioso, oggi dimissionario, coinvolto altresì nell’operazione “Malarintha” con collocazione agli arresti domiciliari, mentre il vicesindaco (Annamaria Artese, ndr) è stata destinataria dell’interdizione dal pubblico ufficio per mesi 9, misura ora annullata dal Tribunale del Riesame; quest’ultima è sorella di altro soggetto coinvolto nell’operazione Reset, omissis, destinatario di provvedimento di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.

Nell’ambito dell’operazione “Reset”, il riferimento al sindaco anzitutto nelle propalazioni del collaboratore di giustizia (Adolfo Foggetti, ndr) che rivela di un sostegno elettorale attraverso la mobilitazione degli appartenenti al “clan federato Rango-Zingari e Lanzino-Ruà” già nelle consultazioni amministrative del 2014. A sollecitare il collaboratore per questo impegno sarebbe stato un collega di studio (Gaetano Morrone, ndr), su incarico di quest’ultimo, con la promessa, una volta eletti (era candidato anche il sollecitatore), di favorire nell’aggiudicazione degli appalti le ditte segnalate dall’organizzazione criminale. Ad elezione avvenuta, il collaboratore è stato personalmente ringraziato dal sindaco.

Per l’ex assessore ai lavori pubblici (Pino Munno, ndr), il sostegno elettorale viene verificato attraverso l’intercettazione di Adolfo D’Ambrosio, fratello del capo cosca, con espresso riferimento, quale contropartita, all’affidamento della gestione del Palazzetto dello sport: un impegno che il Giudice ha attribuito non al solo assessore, ma ricondotto anche al sindaco, che avrebbe suggerito la presentazione di un progetto allo scopo.

Per quel che attiene alla posizione di Ariosto Artese, fratello del vicesindaco in carica, questi, pur non inserito nella struttura del sodalizio criminale, ha comunque instaurato con esso un rapporto di reciproci vantaggi.
II Giudice definisce ciò che è emerso “un quadro sconcertante”. La valutazione viene ricondotta alla circostanza che il Manna, oltre che sindaco, è avvocato penalista, “e tale posizione qualificata determina una maggiore consapevolezza non solo dei soggetti con cui interloquiva, ma anche dell’illiceità degli accordi”. Peraltro, egli non solo “era consapevole della caratura criminale dei citati omissis ma “scientemente con questi partecipava all’ideazione del progetto palesemente illecito suggerendo financo altre soluzioni come l’utilizzo del pubblico incentivo che sostiene le nuove attività imprenditoriali ricorrendo ad una “testa di legno”.

E’ con questi presupposti che il 30 settembre 2022 si è insediata la Commissione d’accesso, i cui lavori sono stati diretti a verificare le possibili ripercussioni avute sulla gestione dell’Ente e, quindi, il grado di esposizione dello stesso all’influenza e condizionamento della criminalità organizzata, approdando ai seguenti risultati.

La Commissione ha anzitutto esaminato il fascicolo relativo al “Palazzetto dello sport”, impianto sportivo appartenente al patrimonio comunale la cui gestione, sulla base della ricostruzione giudiziaria, faceva parte degli accordi pre-elettorali degli amministratori inquisiti con esponenti della criminalità organizzata. Infatti, dall’intercettazione dell’assessore Munno (che ha un rapporto telefonico diretto e privilegiato con D’Ambrosio) emerge chiaramente l’esistenza di un’intesa in base alla quale il sindaco “faceva pigliare ” (espressione usata dal omissis con altro accolito) la gestione della struttura ad una “persona pulita”, vicina ai gruppi mafiosi del territorio.

L’indagine trova conferma anche sulla sponda del sodalizio di ‘ndrangheta, nel momento in cui si riscontra che il D’Ambrosio, colpito a sua volta dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, riferisce a un altro “associato”, che si attendeva “l’esito della competizione elettorale per poi dedicarsi al Palazzetto”.
Ebbene, tutto ciò trova riscontro anche in sede di indagine amministrativa da parte della Commissione d’accesso, verificando che l’aggiudicatario della gara d’appalto è cugino di secondo grado dei boss Di Puppo. 

La ricostruzione del procedimento amministrativo approdato a tale aggiudicazione, rivela come la condotta dell’Amministrazione comunale fosse sin dalla fase genetica del bando. cosi come nel corso della procedura di gara, preordinata a tale esito.
E’ da premettere che il “Regolamento per la gestione e l’uso degli impianti sportivi comunali” adottato dal Consiglio comunale nel 2017, prevede all’articolo 5 che “ai fini dell’affidamento, costituisce titolo preferenziale, per i soggetti affidatari degli impianti sportivi comunali di categoria A (impianti a rilevanza economica tra i quali è ricompreso il Palazzetto dello sport) il possesso nello specifico settore, di comprovata esperienza di almeno 5 anni di affiliazione a federazioni del CONI o altre di appartenenza, debitamente documentate.

Ora, la Giunta Comunale, nel marzo 2021, ha approvato la proposta del Dirigente del Settore Tecnico Manutentivo, di avviare la procedura aperta per l’individuazione del concessionario del Palazzetto dello sport ed a tale deliberazione è seguita, il 19 aprile 2021, l’indizione di gara mediante procedura aperta con il criterio di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Quindi, è stato pubblicato sull’albo online dell’Ente il bando di gara “per l’affidamento in concessione della gestione del Palazzetto dello sport” che indicava, tra i criteri di valutazione preferenziale, l’esperienza nella gestione di impianti sportivi nell’ultimo quinquennio: previsione questa ben diversa da quella appena citata, dettata dal Regolamento di gestione degli impianti del 2017.

II 28 maggio 2021, nello svolgimento del seggio di gara che ha riguardato due sole offerte pervenute, veniva rilevato, in relazione a quella presentata dalla Palasport Europa facente capo a Christian Francesco Dodaro, cugino dei boss Di Puppo, la mancata sottoscrizione della domanda di ammissione e del “Documento unico di gara europeo” “il quale peraltro non risulta compilato correttamente in ogni sua parte relativamente invece all’offerta della società concorrente, veniva riscontrata la mancanza del ‘Pass dell’operatore economico” e dell’attestazione del sopralluogo, nonché la mancata sottoscrizione del “Documento unico di gara europeo”.

Ebbene, il seggio di gara decideva di attivare il soccorso istruttorio per entrambi i partecipanti, sebbene il bando prevedesse la sanabilità dell’eventuale irregolarità solo per la mancanza del “Pass dell’operatore economico” e per la mancata sottoscrizione del “Documento unico di gara europeo”, mentre per la mancata sottoscrizione della domanda di ammissione e per la mancata presa visione dell’opera comminava l’esclusione.

Fa debitamente notare la Commissione d’accesso, con specifico riferimento alla mancata sottoscrizione della domanda di partecipazione, come la Giurisprudenza amministrativa sia pressoché unanime nel ritenere che tale mancanza non può considerarsi, in via di principio, un’irregolarità solo formale sanabile nel corso del procedimento: essa infatti fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso.

Di contro, per quanto concerne la clausola di esclusione per la mancata effettuazione del sopralluogo, viene rilevato come la stessa si ponga in contrasto, per un verso, con i principi di massima partecipazione alle gare e di divieto di aggravio del procedimento e, per altro verso, con la formulazione dell’art. 79, comma 2, del Codice dei Contratti pubblici. Tale disposizione, infatti, fa riferimento alle ipotesi in cui “le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara”, ma non per farne derivare effetti espulsivi automatici in caso di mancato adempimento, bensì solo per farne conseguire la necessità che i termini per la presentazione delle offerte siano calibrati in modo che gli operatori interessati “possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte” (Consiglio di Stato sezione V Sentenza n. 575 del 19 gennaio 2021).

Sulla base di quanto precede, la conseguenza logico-giuridica è che la Commissione di gara avrebbe dovuto escludere la Palasport Europa ed attivare il soccorso istruttorio per la sola società concorrente.
Nell’ipotesi invece che la Commissione di gara avesse qualificato il bando come lex specialis, le relative prescrizioni non avrebbero vincolato solo i concorrenti, ma anche l’Amministrazione, la quale non avrebbe potuto disporre, quindi, di margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione: di conseguenza, in tale ipotesi, entrambi i concorrenti andavano esclusi dalla partecipazione alla gara.

Invece, per entrambi i concorrenti l’Ente ha attivato il soccorso istruttorio, ricevendo riscontro nel termine assegnato. Il risultato è stato che il seggio di gara ha proceduto ad escludere dalla gara la società concorrente al cugino dei Di Puppo per la seguente motivazione: “il concorrente non ha prodotto la documentazione probante relativa all’esecuzione del sopralluogo, previsto a pena di esclusione dall’art. 8 del disciplinare di gara”. Ha invece ammesso la Palasport Europa, la quale, in conclusione, è stata proposta per l’aggiudicazione dell’appalto.

La Commissione d’accesso ha audito sulla vicenda l’escluso ricevendo informazioni rilevanti, tra le quali la Presidente, circostanza che egli, in occasione dell’apertura delle buste, aveva espressamente richiesto al Presidente della Commissione di gara se fosse stato sufficiente allegare, a seguito del soccorso istruttorio, l’autocertificazione attestante l’avvenuta presa visione dello stato dei luoghi (avvenuta alla presenza, tra gli altri, del sindaco), ricevendone assicurazione in seduta pubblica: salvo, poi, negare lo stesso Presidente tale circostanza al cospetto dell’assessore.

Quest’ultimo amministratore, unitamente al Presidente del Consiglio comunale Gaetano Morrone ed al capo ufficio stampa Marcello Romanelli – ha proseguito il testimone – hanno poi dissuaso dal presentare ricorso, motivando l’esortazione con la risoluta determinazione dell’Amministrazione ad assegnare la concessione per la gestione del Palazzetto a Christian Francesco Dodaro, cugino e testa di legno dei Di Puppo. 

Sottolinea la Commissione d’indagine la circostanza che l’esclusione del concorrente già in questa prima fase ha consentito di evitare di proseguire nella procedura di gara con l’esame dei requisiti tecnici: requisiti di cui l’aggiudicatario non godeva.
Si registra, quindi, la comminazione di un’esclusione sulla base di valutazioni in contrasto con i principi di massima partecipazione alle gare e di divieto di aggravio del procedimento e non conformi neanche alla previsione del bando (che non prevedeva affatto l’esclusione nel caso di autocertificazione di presa visione dell’opera).

Una forzatura che si aggiunge a quella già citata della sostituzione in bando della previsione regolamentare che prevede, quale titolo preferenziale per l’affidamento, “…il possesso, nello specifico settore, di comprovata esperienza di almeno 5 anni di affiliazione a federazioni del CONI o altre di appartenenza, debitamente documentate” con la semplice esperienza nella gestione di impianti sportivi nell’ultimo quinquennio. Atteso che la Palasport Europa non risulta essere mai stata affiliata a Federazioni del Coni o ad altre di appartenenza, la Commissione d’accesso coglie nella modifica contenuta nel bando, rispetto a quanto richiesto dal Regolamento, il marchingegno adoperato per consentire la partecipazione del Dodaro un bando di gara, cioè, che gli è stato “cucito su misura”. 

Un “riguardo” motto particolare che gli sarebbe stato assicurato anche successivamente. Infatti, a fronte del massimo rigore dimostrato in sede di gara nei confronti del concorrente escluso, l’Amministrazione ha invece rivelato un atteggiamento di lassismo amministrativo verso l’affidatario in sede di rapporto contrattuale.

Rileva la Commissione d’accesso come l’affidatario del bene, sul quale per capitolato d’oneri gravavano gli interventi migliorativi proposti in sede di gara con possibilità di defalcazione sui canoni di concessione, avesse in realtà avanzato una proposta tecnica difforme e fosse moroso nei pagamenti per più mensilità. Ebbene, contrariamente al principio di buona amministrazione, il Comune di Rende non solo ha autorizzato -senza preventiva istruttoria e senza di polizza fideiussoria- lavori difformi rispetto agli interventi migliorativi offerti in sede di gara, ma addirittura, senza svolgere alcuna valutazione tecnica sul computo metrico presentato e sul tipo di lavorazioni indicate, è giunto a riconoscere Io scomputo retroattivo dai canoni concessori mediante una delibera di Giunta adottata Io stesso giorno della richiesta avanzata dal privato.

Un danno erariale da mancato introito di crediti certi, liquidi ed esigibili.
Nè risulta che il Comune di Rende abbia mai effettuato verifiche antimafia sulle imprese esecutrici o svolto una verifica sulle lavorazioni effettivamente eseguite dal concessionario a fronte del mancato pagamento del canone.

E’ solo dopo l’operazione della DDA Reset e dopo l’insediamento della Commissione d’accesso antimafia che la concessionaria ha presentato al Comune fatture relative a lavori asseritamente eseguiti, cosi come solo in data 29 novembre 2()22 ha provveduto al versamento dei canoni relativi al periodo ottobre — dicembre 2021.

Di contro, prima di allora l’Amministrazione ha dimostrato di fare gli interessi dell’affidatario anziché quelli dell’Ente. Addirittura, nel descrivere il contenuto dell’imputazione del sindaco scaturente dall’operazione denominata “Reset”, il Giudice per le Indagini Preliminari fa emergere anche un suo ruolo di consigliore della cosca: “Emerge, dunque, non solo che il Manna era consapevole della caratura criminale dei Di Puppo, ma che scientemente con questi partecipava all’ideazione del progetto palesemente illecito suggerendo financo altre soluzioni (progetto “Resto al sud”) per lucrare ulteriore denaro. Va sottolineato che la natura illecita era ragionevolmente conosciuta dal Manna, sia perché al contrario non si spiegherebbero i timori di indagini svolte dalla D.D.A., sia per la condivisa necessità di intestare il “progetto Palazzetto “ad una testa di legno…”. 

L’indagine amministrativa della Commissione d’accesso, dunque, fa emergere una coerente rispondenza dell’azione politico/amministrativa, portata avanti dall’Ente nella vicenda dell’affidamento della gestione del Palazzetto dello sport, con gli impegni pre-elettorali assunti verso importanti componenti della criminalità organizzata, come ricostruiti nel procedimento penale denominato Reset, della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Una condotta politico-amministrativa costellata di illegittimità ed omissioni grazie alle quali Christian Francesco Dodaro, cugino di secondo grado dei boss Di Puppo, è stato aggiudicatario della gara ed ha goduto di favorevolissime condizioni gestionali a discapito degli interessi dell Ente.

Ma chi sono Michele e Umberto Di Puppo. entrambi pluripregiudicati? Sono esponenti di vertice della cosca “Lanzino-Ruà”…

E’ da rammentare che l’operazione antimafia “Reset” ha disvelato l’esistenza di una “confederazione di ‘ndrangheta” operante nel territorio di Cosenza e suo hinterland, principalmente Rende e Roggiano Gravina, e che a ciascuno dei 119 indagati viene attribuito il proprio ruolo e il proprio inserimento in una delle articolazioni della confederazione medesima che, seppur distinguibili, mantengono un carattere unitario. Ebbene, nel territorio rendese i gruppi ‘ndranghetistici di riferimento sono quelli di DI PUPPO e di D’AMBROSIO che, seppur distinti, perseguono gli interessi comuni dell’intera confederazione.

Quest’ultimo è il gruppo con il quale, sulla base delle risultanze delle indagini relative all’operazione Reset, gli amministratori comunali rendesi coinvolti sono scesi a patti: …gli elementi indiziari suesposti (intercettazioni e servizi di O.C.P.) hanno messo in luce il raggiungimento di un accordo tra il gruppo Di Puppo e e il gruppo D ‘Ambrosio. I due accordi risultano strettamente connessi tra loro e per tale ragione vengono esaminati in un unico paragrafo. In particolare, dall’analisi suesposta degli elementi indiziari emerge agevolmente il coinvolgimento e la consapevolezza di tutti i soggetti coinvolti. Le numerose conversazioni intercettate non lasciano spazio ad interpretazioni alternative, essendo peraltro in molti casi espliciti e diretti anche in relazione all’oggetto dell’accordo, e cioè il sinallagma che vi era alla base: in cambio di un cospicuo pacchetto di voti, recuperato dal gruppo ‘ndranghetista, il Manna e il Munno, relativamente ai rispettivi ruoli pubblici, avrebbe(ro) favorito la sotto-articolazione “Gruppo D’Ambrosio”, mediante l’aggiudicazione di gare (in primis l’affare del “Palazzetto”.
E gli interventi edilizi sul Palazzetto dello sport rientrano tra i numerosi affari che hanno riguardato anche l’imprenditore Massimino Aceto, destinatario di interdittiva antimafia il 10 marzo e considerato imprenditore di riferimento delle locali organizzazioni mafiose, il quale è risultato avere numerosi rapporti con il Comune di Rende e çointeressenze direttamente con il sindaco… Ma di Massimino Aceto ci occuperemo diffusamente nella prossima puntata.