Rende, Sandro Principe è l’unico che può zittire i quaquaraquà (di Franco D’Ambrosio)

Questo articolo di Franco D’Ambrosio risale a due anni fa, precisamente al 2 aprile 2017 ma – se non fosse per qualche piccolo e quasi trascurabile particolare – sembra quasi scritto ieri per quanto si è dimostrato lungimirante e profetico. Impossibile non riproporlo alla vostra attenzione. 

di Franco D’Ambrosio

PUBBLICATO E SCRITTO IL 2 APRILE 2017

In questi giorni, abbiamo letto un manifesto, finalmente sui muri, non a ricordarci che, con le rondini, è tornata la Primavera, ma la politica vera. Ed è bello che la politica “torni” a svegliare dal letargo le forze politiche, i movimenti, la vita cittadina. E’ un manifesto a più firme: Insieme per Rende, L’Italia del Meridione, Rende cambia Rende, ossia pezzi del centrosinistra e del PD che ritornano ai Movimenti Civici.

E’ questo, in verità, non è una novità, poiché a Rende il “Civismo” ha trovato spazio di espressione sin dagli anni ’90, con Sandro Principe impegnato a mettere insieme partiti e pezzi di società civile. Marcello Manna, tuttavia, ha capitalizzato questo metodo ed ha vinto, paradossalmente contro la “politica”, poiché gli antesignani del Civismo, ed abbiamo detto, hanno via, via perso contatti e credibilità con la società rendese. Complice il lunghissimo periodo di governo, ininterrotto sin dal 1952, 62 anni circa, facendone un caso unico in Italia. Ora, si rimescolano le carte.

La sconfitta è stata cocente, lacerante, pesante e sinceramente non è facile farsene una ragione, tanto più che i firmatari dell’odierno manifesto, ad esempio alle scorse elezioni si sono presentati a briglia sciolta, divisi, rancorosi, disponibili a mettere in discussione l’esperienza di governo di Rende. Lo han fatto con consapevolezza, con furbizia, anche con malignità. Principe doveva essere “colpito” politicamente e tutto andava bene pur di farlo perdere. E Principe, a mio modesto avviso, non è stato da meno. Ha compiuto, magari accettato o subito o propugnato scelte sbagliate, deboli, non più in sintonia con la società rendese che è stata sua alleata per tanto tempo. L’errore di imporre la candidatura di Vittorio Cavalcanti, professionista apprezzato e corretto, ma politicamente estraneo alla vita pubblica cittadina, i rendesi lo hanno punito, pur avendolo votato e fatto vincere al primo turno. Le dimissioni di Cavalcanti e soprattutto le motivazioni sono state lette come un tradimento ed alla prima occasione non si sono fidati più del ceto politico riformista. Mai una volta i promotori della candidatura di Cavalcanti han pronunciato le “scuse” ai rendesi, mai, come a voler nascondere il loro errore.

De Rango jr e Cavalcanti

Cavalcanti fu proposto-imposto da Mimmo Talarico, accettato o subito o voluto da Sandro Principe, col silenzio equivoco ed ipocrita di tanti che non lo volevano candidato. C’è stato chi ha tentato di far ragionare, inutilmente. Io, ad esempio, è risaputo ed è provato, non ero favorevole e proposi il giovane Alessandro De Rango, un figlio di Rende, che richiamava la memoria, ma si proiettava, insieme ai tanti giovani del tempo, verso un futuro migliore ed avrebbero vinto, avrebbero governato bene, assicurato continuità, impedito la sconfitta e la disfatta successiva.

Mi fu chiesto di tacere, di non insistere ed io non mi ricandidai. Questa è storia. Ora, gli stessi protagonisti della disfatta, vorrebbero proporsi come alternativa a Manna. Lo scrivo, con tutto il rispetto per l’avvocato, per vincere contro Manna non occorrono strategie alla Sun Tzu, cioè al maestro dell’arte della guerra, non è necessario riproporre “macedonie” ipocrite. Manna, allo stato, si è sconfitto da solo, non essendo riuscito a capitalizzare il successo elettorale, la portata della sua vittoria. E’ rimasto prigioniero della mediocrità, del giorno per giorno, non ha osato, soffocato da equilibrismi e da una conduzione insufficiente. Rende ha vissuto ed è cresciuta grazie all’azione di sindaci forti, fortissimi; non ama le figure di mezzo, mediocri. Ha creduto in Manna e poteva credere in chiunque, poiché due anni fa le elezioni erano una sorta di Referendum: pro o contro Principe. Punto.

Ed i referendum sono così, talvolta, quasi sempre, esprimono risultati emotivi, li vince chi è più bravo nella propaganda e sono quasi sempre “contro” i sistemi consolidati. Che Manna stia governando male, lo sanno tutti, tanti. Che Manna vive di equilibri precari, che subisce i condizionamenti di un certo ceto politico lo han capito anche i bambini. La città è sporca, scarsamente illuminata, i servizi languono, si è persa la criticità, è assente, debole, confusa. I rendesi sembrano essersi ricreduti e, quindi, non sarà difficile vincere.

Ma vincere per cosa, con chi, per quale obiettivo? Lo scrivo subito senza ipocrisia. Il migliore candidato possibile sarebbe, paradossalmente Sandro Principe. Cioè, proprio l’uomo sconfitto, cioè proprio l’opposto di Manna. Per recuperare velocemente il tempo perduto, per ridare la fisionomia urbana ad una città che, inutile negarlo, ha ricevuto dal suo amministrare successi e ricchezza. Un Principe, però, paradossalmente giovane, moderno, che alla sua età, e con le vicissitudini che ha ingiustamente subito, sarebbe il vero “traghettatore” per la Rende del domani, per la città unica del Nord della Calabria (il termine l’ho coniato io, caro Principe e ci sono documenti datati che lo confermano).

Per esempio lo immaginate Principe sindaco della Città unica, il primo sindaco, e ditemi se questa prospettiva non sarebbe positiva e forte. Dunque, Principe potrebbe vincere facilmente, come dice lo slogan televisivo e non avrebbe bisogno di comprimari usurati, sfatti, che hanno perso credibilità e forza.

De Rose e Talarico

In primo luogo Talarico che, negli anni, lo può ben testimoniare Umberto Vivona, ha contrastato Principe, si è alleato con Principe, ha tramato contro Principe, si è riunito, allontanato ed ha gestito, grazie a Principe, il settore dell’Urbanistica ove peraltro non ha brillato. Talarico è uno dei responsabili della disfatta e non è nemmeno Sandro Principe. Glisso sugli altri, scadrebbe la mia modesta analisi. O Principe decide di scendere in campo, organizza una bella coalizione, pulita, motivata, libera dalla Casta, dai condizionamenti che hanno ristretto la democrazia rendese e messo in cattiva luce lo stesso Sandro Principe oppure continua a sbagliare.

Deve parlare ai rendesi, con il cuore e dicendo loro cosa intende fare nei prossimi anni. Prepara una bella squadra di giovani e li prepara alla continuità del buongoverno e del Riformismo. Oppure gioca vecchio, prosegue nei tatticismi, nei bizantinismi, nel già visto e non è un bel vedere. E non si lascia “consigliare” da giullari e cortigiani. Non è più tempo, la politica è comunque cambiata ed anche la comunicazione e Principe in questo senso deve studiare, perché siccome è bravo, forse il più bravo, deve imparare a parlare ai ragazzi più che ai vecchi genitori.Perché adesso nelle famiglie, sfiancate dalla crisi, sono i figli che decidono, non più i genitori. E le agenzie sociali, anche quelle rendesi: le famiglie, la scuola, la chiesa non vivono un buon momento e non possono più orientare il consenso e la formazione. Non ripeta cose già dette. Punto. Ciò che è stato i rendesi lo sanno. E dal momento che i partiti non esistono o sono degradati, lo vediamo ogni giorno, lui dovrebbe candidarsi ad essere il sindaco, per l’ultima volta, della rinascita pubblica, di una “res” magno greca, di una democrazia senza vincoli e senza guinzagli. Lo farà? Io, dal momento che sarò della partita, comunque, spero di si. Che poi a trovare un altro bravo candidato, in casa sua, non è difficile, non lo era quando si candidò Cavalcanti, non è lo è oggi.

Ma questo manifesto non mi piace, non per le cose che dice, per le firme che porta in calce. Principe, ascoltami: vuoi riconsegnarti alla storia ed uscire dalla cronaca? Dato che sei uno storico bravo, che hai letto, studiato con metodo, fatti consigliare dalla storia e non dai “quaquaraquà”, direbbe Sciascia. Non ascoltare nessuno, magari non ascoltare nemmeno me, non mi offendo. Ma non perdere questa occasione e non vincere, perdendo. Una buona giornata.