Rinascita Scott. Gianluca Callipo e Pietro Giamborino assolti ma “provate vicinanza e rapporti con i clan”

“Per Callipo provata vicinanza a clan”

“Emerge senza dubbio una condotta tutt’altro che trasparente dell’imputato Gianluca Callipo che ha mostrato di acconsentire a contatti e rapporti con esponenti della consorteria criminale ed in primis con Salvatore Mazzotta, verosimilmente con l’intento di ottenerne il consenso in vista delle consultazioni elettorali”. E’ quanto scrivono i giudici del Tribunale di Vibo Valentia nelle motivazioni della sentenza del maxiprocesso Rinascita Scott (depositate oggi) in relazione alla posizione dell’ex sindaco di Pizzo Calabro, Gianluca Callipo, per il quale la Dda di Catanzaro aveva chiesto 18 anni di reclusione per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici hanno assolto l’imputato poiché “la prova appare insufficiente non avendo consentito di individuare lo specifico e consapevole contributo causale che Callipo avrebbe fornito alla consorteria, residuando il dubbio che la condotta abbia effettivamente superato la soglia della mera contiguità compiacente”. Resta tuttavia provata per i giudici “una vicinanza di Callipo Gianluca agli ambienti criminali – si legge in sentenza – in quanto le modalità con le quali avviene l’incontro in un bar con Mazzotta, in un momento in cui quest’ultimo era sorvegliato speciale, appaiono gravemente indiziarie e denotano certamente una vicinanza di Callipo agli ambienti criminali”. Mazzotta è stato invece condannato a 23 anni per associazione mafiosa.

“Consigliere assolto, ma provati rapporti”

“Dal materiale probatorio emerge senza dubbio una condotta torbida dell’imputato che ha mostrato di ricercare rapporti con esponenti della criminalità organizzata, sebbene adottasse elaborate cautele per nascondere quei legami che avrebbero messo a repentaglio l’immagine di uomo delle istituzioni”. E’ quanto scrivono i giudici del Tribunale di Vibo Valentia nella sentenza del maxiprocesso Rinascita Scott (depositata stamane) sull’ex consigliere regionale del Pd, Pietro Giamborino, assolto dall’accusa di associazione mafiosa e condannato ad un anno e 6 mesi per traffico di influenze illecite a fronte di una richiesta di condanna a 20 anni formulata dalla Dda. Per il Tribunale “Pietro Giamborino fa parte di quella zona grigia in cui i clan strizzano l’occhio alla politica e ne pretendono i favori dopo averla assecondata. Giamborino ha certamente fatto parte del vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio, ma non può dirsi altrettanto per l’adesione al nuovo clan fondato nel 2009”. Da qui l’assoluzione, pur emergendo “allarmanti commistioni di Giamborino con ambienti criminali, ma ciò non è sufficiente per provare il contributo che Giamborino avrebbe offerto all’associazione mafiosa”. Per i giudici sono provati in ogni caso i rapporti di Giamborino con i boss Luigi e Pantaleone Mancuso, Cecè Mammoliti, Pino Galati e pure con un giornalista di Vibo “per ottenere informazioni sul contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori Moscato e Mantella”.