Robertino Occhiuto (e famiglia) story/7. La squallida marcia su Cosenza con Scopelliti e i Gentile e i 18 (!) ospedali chiusi

La caduta della rossa Cosenza (anno del Signore 2011) è un evento per la destra calabrese di non poco conto. Scopelliti intanto è stato eletto presidente della Regione da poco più di un anno, arma le truppe e marcia su Cosenza. Mario Occhiuto è da qualche mese sindaco. La roccaforte che fu di Mancini, l’Atene della Calabria, cambia fisionomia politica. Per vecchi e nuovi fascisti è la rivincita tanto attesa. D’ora in poi niente sarà più come prima, vanno ripetendo. E’ la fine, a detta loro, di un’ era politica che della clientela e della speculazione ha fatto la sua vera ideologia. Altro che comunismo!

Truppe cammellate da ogni dove si riversano su Cosenza. Tutti dietro alla prima fila composta da cinghiali, avvoltoi e ogni specie di fauna selvatica, a manifestare la loro gioia. Dal palco, posizionato in piazza dei Bruzi, Scopelliti arringa una folla galvanizzata al grido di: faremo, costruiremo, erigeremo. Ma i calabresi si accorgeranno presto che più che questi verbi, quelli usati da Scopelliti saranno: intrigheremo, intrallazzeremo, arrafferemo.

Nell’autunno dei 2011, dunque, dopo che la destra aveva conquistato sia la Regione che la città di Cosenza (con il contributo decisivo della massomafia), Peppe Scopelliti e tutta la destra calabrese organizzano una “marcia” e una grande manifestazione (con concerto finale) a Cosenza.

La marcia su Cosenza della destra (che poi è appoggiata in… incognito anche da ampi spezzoni di sinistra, altrimenti ci prendiamo in giro tutti quanti) è molte cose assieme. E’ l’affermazione trionfale di una vittoria ancora recente alle regionali, è il simbolo del controllo quasi completo del territorio, dopo aver espugnato Cosenza la “rossa”, è una estensione del modello Reggio, fatto di esaltazioni e feste, sempre utili a mimetizzare debiti nascosti – prima quelli del comune di Reggio poi quelli del comune di Cosenza – e successi mancati alla Regione. Ma a ben guardare è anche una sorta di rivincita. Si guardi il percorso scelto, da piazza Fera fino a palazzo dei Bruzi. Lo stesso che tentò di compiere, in parte deriso, Gabriele Limido quando al comune sedeva Giacomo Mancini.

Erano gli anni in cui la destra il potere e le poltrone li aveva già conosciuti, era stata al governo del Paese e della Regione, ma Cosenza restava una cosa diversa. Limido era un consigliere regionale del Lazio, fedelissimo di Fini, catapultato in Calabria per certe sue antiche origini da queste parti, mandato a governare la riottosa federazione cosentina. Pensò di ricompattare i colonnelli di qui attorno a una battaglia anti manciniana, destinata a sconfitta certa e un giorno organizzò una manifestazione, subito richiamata, con scarsa fantasia e dubbio gusto, “una marcia sul comune”. Giacomo Mancini, che era sindaco della città, non se lo filò per nulla e con una alzata di spalle fece sapere che i post fascisti “il comune l’avrebbero potuto guardare con il cannocchiale”.

Gabriele Limido

Era un modo per dire che, almeno fino a quando c’era lui, la destra a palazzo dei Bruzi non ci sarebbe nemmeno andata vicino. Ma significava pure che materialmente la manifestazione si sarebbe dovuta fermare parecchio lontana dalla casa comunale. E così fu: il percorso accordato al corteo rimase vincolato dall’allora piazza Fera a metà corso Mazzini, giusto in vista del municipio. E lì Limido, credendo di fare dell’ironia, diede corpo alla maledizione manciniana. Giunto in vista del comune, stando in testa alla marcia, si fece passare un binocolo e scrutò, come un generale davanti alle sue truppe, il palazzo cui mai sarebbe giunto. Di Limido non sappiamo più molto, se non che successivamente passò con i duri e puri di Storace, ma se qualcuno gli avesse fatto sapere che quella figura un poco buffa sarebbe stata presto vendicata, ne sarebbe stato contento.

Perché magari Scopelliti ignorava questa storiella, ma la sua marcia aveva il sapore della vendetta. Ovviamente se fosse stata solo questo sarebbe stata ben poca cosa. La marcia andava ben oltre la soddisfazione della rivincita sulla città che aveva tenuto la destra più a lungo ai margini. Si trattava a ben guardare di una manovra tipica del modello Scopelliti, fatto di eventi di distrazione di massa, spesso assai costosi, ma così efficaci. Scegliere Cosenza per la celebrazione del trionfo scopellitiano voleva dire regalare la ribalta e le prime pagine alla città e alla provincia che non solo hanno avuto di meno, ma che addirittura erano state ampiamente impoverite dalle politiche regionali.

E in tutto questo Robertino Occhiuto è decisamente in prima fila insieme al suo amico Scopelliti e persino ai fratelli Gentile, con i quali fraternizzerà a lungo in quella squallida serata cosentina. 

Della serie: vi chiudiamo 18 (diciotto!!!) ospedali, riduciamo i posti letto,  vi togliamo il denaro per l’edilizia sociale per intascarcelo noi attraverso i palazzinari che riciclano il denaro sporco, dirottiamo altrove i fondi, ma qui veniamo a fare una bella festa. Lo stesso metodo che poi avrebbe utilizzato Mario Occhiuto: Con la differenza che Scopelliti è andato in galera, lui… no!

Esiste tuttavia un’altra vulgata sulla marcia cosentina del 2011 e cioè che Scopelliti a Cosenza non ci pensasse proprio e che siano stati gli assessori cosentini a quasi implorarlo di dedicare qualche attenzione alla città dei Bruzi, attenzioni che poi potessero essere rivendute ai cittadini come segno dell’importanza di una città di cui in tanti percepivano la decadenza politica, che oggi è diventata ancora più imbarazzante con il fratello di Occhiuto alla Regione e… Nicola Adamo sindaco travestito da Franz Caruso.

Al contrario c’era anche chi sosteneva che proprio i colonnelli cosentini della destra avessero preferito un’altra location per la marcia, temendo che potesse rivelarsi una sorta di boomerang. Sia come sia, in entrambi i casi era un segno di fibrillazione dentro il centrodestra cosentino. Infatti sia che Scopelliti abbia ceduto alle preghiere di scegliere Cosenza o che abbia implacabilmente resistito alle richieste di desistere dal marciare su sulla città, voleva dire che i vari Occhiuto, Gentile, il fido Orsomarso e perfino il sorprendente Mancini (che all’epoca era addirittura assessore in quota… Scopelliti/Gentile), percepivano che qualcosa non andava per nulla bene nelle scelte di chi guidava la Regione.

Alla fine, infatti, queste persone i voti li prendono qui e cominciava a essere difficile anche per una faccia di culo come Robertino Occhiuto spiegare ai cittadini della provincia più vasta e più popolosa della Calabria perché qui più che altrove si chiudono ospedali, perché l’idea di un nuovo ospedale viene accantonata e ci si deve accontentare di una improbabile ristrutturazione di quello vecchio, perché a Cosenza manca la Pet, mentre a Reggio giungono milioni di euro per realizzarla, perché se non ci fosse stata la decisione del Tar i fondi destinati dalla vecchia giunta Loiero all’edilizia sociale sarebbero stati usati certamente altrove con largo anticipo rispetto a quello che poi effettivamente accadde.

E ancora: come raccontare ai cittadini di Cosenza e provincia che per loro non c’erano sconti per l’acqua, mentre per il comune di Reggio invece sì? Insomma spiegare nel dettaglio perché mai la porzione più vasta della regione fosse diventata la cenerentola cui imporre sacrifici, in termini di scelte strategiche per lo sviluppo, l’occupazione, l’innovazione, cominciava a diventare arduo.

Un segno che le cose cominciavano a mostrarsi nella loro difficoltà veniva pure dallo stesso Palazzo dei Bruzi, dove la maggioranza, guidata da Mario Occhiuto, affiancato da Katia Gentile, votava la mozione dell’opposizione che chiedeva conto a Scopelliti della macelleria sociale che veniva dai tagli alla sanità nella provincia di Cosenza.

Non si era trattato soltanto di una scelta bipartisan (ché lo abbiamo già detto era la regola), ma dell’impossibilità del centrodestra cittadino di continuare a ignorare una realtà che appariva sotto gli occhi di tutti e che si cominciava a vivere con fatica e irritazione. Di qui la scelta di una bella marcia con concerto finale. Un evento politico-festaiolo, la rappresentazione della politica “giovane”, che mimetizza dietro la spensieratezza il nulla progettuale o peggio una cattiva politica. Per tutto questo Scopelliti ha richiamato al lavoro ogni minuta risorsa, dai grandi leader all’ultimo militante.

Pare che Scopelliti abbia sussurrato: “Andiamo lì così non potranno accusarci di essere di parte” e porterà a Cosenza l’allegro modello Reggio. Con gli Occhiuto e i Gentile in prima fila a fare passerella e persino a scambiarsi effusioni (come vediamo dalla foto di copertina). 

Certo, Cosenza alla Regione anche allora aveva rappresentanti potenti, assessori di peso. Ma se questa parte della Calabria affannava, la causa stava anche e soprattutto nella loro inerzia, nel subire il centralismo leaderistico del governatore, nel mancare di progetti e iniziative. O peggio ancora in una rassegnata complicità. Ma a loro andava domandato: per Cosenza non c’è nient’altro che una marcia e un concerto?

In molti hanno ricordato a Occhiuto il giovane questa sua presenza in prima linea quando si chiudevano 18 (diciotto!!!) ospedali in provincia di Cosenza e tutto il resto, ma il risultato dell’ultima vergognosa campagna elettorale lo conosciamo tutti.