Roma, caso Cucchi. Un teste: “Stefano mi disse che si erano divertiti a picchiarlo”

“La sera del 16 ottobre del 2009 mi trovavo presso il centro clinico di Regina Coeli quando vedo arrivare un ragazzo che aveva il volto gonfio come una zampogna, con evidenti ematomi in faccia e sugli zigomi. Aveva un colorito violaceo, perdeva sangue da un orecchio e faceva fatica a parlare. Gli portai un caffe’ ma non riusciva neanche a inghiottire la sua saliva”.

Quel ragazzo era Stefano Cucchi, fresco del pestaggio subito nella prima caserma dei carabinieri al momento dell’arresto per droga avvenuto sei giorni prima di morire all’ospedale Sandro Pertini. A riferire di questo incontro è stato oggi il detenuto Luigi Lainà, sentito come testimone della Procura nel processo bis, in corte d’assise, che vede imputati cinque carabinieri, accusati a vario titolo di aver pestato Cucchi, di aver falsificato il verbale e di aver dato la colpa dell’aggressione a tre agenti della polizia penitenziari, processati e già assolti definitivamente.

“Gli ho chiesto di alzarmi la maglietta” ha raccontato Lainà, rispondendo alle domande del pm Giovanni Musarò che lo interrogò una prima volta nel novembre del 2014. “E lui mi ha mostrato la schiena: era uno scheletro, sembrava un cane bastonato, roba che neanche ad Auschwitz. Aveva il costato di colore verdognolo-giallo, come quello di una melanzana. Gli ho chiesto se a ridurlo così fosse stato qualcuno della penitenziaria… ero pronto a fare un casino… e invece lui rispose che erano stati i carabinieri che lo avevano arrestato… ‘Si sono divertiti’, mi aggiunse. Volevano che facesse la spia, che parlasse per far arrestare altri spacciatori, ma lui è stato un grande, non ha fatto un nome. Mi spiegò che era stato picchiato da due militari in borghese mentre un terzo in divisa intervenne per invitare i due a smetterla”.

“Quando sbagliamo – si è sfogato Lainà – è giusto essere arrestati, messi in carcere e giudicati da un tribunale. Non è giusto, invece, essere massacrati di botte. È successo pure a me qualche volta, e anche io come tanti altri ho dovuto dire di essere caduto per evitare di essere pestato di nuovo. Ma devo ammettere che non ho mai visto un detenuto, come Cucchi, portato in cella in quelle condizioni”.

Fu proprio Lainà, sconcertato da quello che aveva visto, a sollecitare l’intervento del medico di Regina Coeli Pellegrino Petillo che ne dispose il ricovero al Fatebenefratelli anche se poi Cucchi il giorno dopo venne spedito al reparto di medicina protetta del Pertini. “A Petillo dissi che se non fosse intervenuto in tempo, Cucchi sarebbe morto subito a Regina Coeli per quanto stava male” ha precisato Lainà. “Io una cosa così non l’avevo mai vista”.

“Il racconto del testimone Lainà è drammatico dal punto di vista emotivo, rivedo anche il carattere e i modi di fare di mio fratello e soprattutto la sua sofferenza che per tanti anni è stata nascosta”. Lo ha detto Ilaria Cucchi, a margine dell’udienza del processo a carico di cinque carabinieri accusati dalla procura di Roma, a seconda delle posizioni, di omicidio preterintenzionale, abuso di autorità, falso e calunnia in relazione alla vicenda del geometra romano morto nell’ottobre del 2009.

“Per anni – ha aggiunto- si è parlato di lesioni lievi, lui stava malissimo invece, e quel dolore è aumentato ora dopo ora fino a farlo morire. In questi anni è stato tutto astratto sembrava che mio fratello fosse morto senza una ragione, da oggi si comincia a capire cosa è effettivamente successo”.

Fonte: Repubblica