Salerno, le due facce di “Genesi”: Tursi Prato coinvolto senza prove, Manna/Mazzetta libero di… delinquere

L’operazione “Genesi” della Procura di Salerno è scattata in Calabria il 15 gennaio 2020. Il principale indagato è il magistrato Marco Petrini, presidente della II Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro, arrestato e successivamente condannato, con rito abbreviato, il 23 novembre 2020, a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Così come Emilio Santoro (3 anni e 2 mesi) e Francesco Saraco (1 anno e 8 mesi). Con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.

Per Pino Tursi Prato, che ha scelto il rito ordinario, la situazione sta scadendo nel grottesco. Ad oggi, dopo 13 udienze nel Tribunale di Salerno, dove si stanno ascoltando i testi dell’accusa, dagli esponenti della Guardia di Finanza agli altri imputati condannati col rito abbreviato (Petrini, Saraco e Santoro) per continuare con altre figure di rilievo, compreso il giudice Reillo, da tutte le testimonianze è emerso che Tursi Prato non solo non conosceva direttamente Petrini (nel senso che non l’ha mai incontrato) ma che non c’è stato nessun atto di corruzione diretto nei confronti del giudice. Circostanza confermata dallo stesso Petrini. Nessuno dei testi, con l’eccezione di Santoro, conosce direttamente Tursi Prato se non di nome, con riferimento alla sua notorietà nel campo della politica.

Sembra che il suo coinvolgimento nell’operazione “Genesi” sia avvenuto per il solo fatto di avere avanzato, in sede di esecuzione presso la Corte d’Appello di Catanzaro, un’istanza nella quale il Tursi Prato aveva chiesto l’annullamento di una vecchia condanna definitiva, dopo che la Corte Europea prima e la Cassazione successivamente avevano deciso di annullare una condanna all’ex numero due del Sisde Bruno Contrada per un caso per molti versi simile. In particolare, Contrada fu assolto perché all’epoca dei fatti non esisteva un riferimento normativo affinché fosse processato e condannato.

Tursi Prato, per aver chiesto, per le stesse ragioni, la revoca della condanna per fatti risalenti a prima del 1993, è stato ritenuto colpevole – evidentemente – del reato di lesa maestà… Sul punto, oggi, nel frattempo, è arrivata una novità, dal momento che la Corte Europea ha ritenuto ricevibile il ricorso di Tursi Prato avverso la condanna definitiva ai suoi danni. Ciò dimostra, fino a prova contraria, la sua giusta richiesta presso la Corte d’Appello di Catanzaro, che non riguardava – come invece si era detto generando solo confusione ed equivoci – il suo vitalizio accordato dalla Regione: c’erano infatti per i due casi, due procedure distinte e giuridicamente separate.

Ma le anomalie non finiscono qui, perché nel processo per l’operazione “Genesi”, che si sta celebrando nel Tribunale di Salerno, sono state giudicate inammissibili quasi due anni di intercettazioni, e inoltre non è presente nessuna parte civile ma è interessante il confronto, nello svolgimento del dibattimento, sulle fonti di prova tra accusa e difesa.

L’accusa non trova gli elementi utili a dimostrare le sue tesi su Tursi Prato, ma dalle stesse indagini (pedinamenti, intercettazioni, fotografie) viene fuori uno spaccato incredibile: non c’è una circostanza specifica che dimostri il coinvolgimento di Tursi Prato sul terreno del reato di influenza illecita o di corruzione. Il tentativo è solo quello di rendere credibile ciò che per altri è stato possibile per atti e circostanze diverse. Lo dimostra il fatto che Petrini, Santoro e Saraco, su alcuni elementi specifici e diversi nel tempo, sono accomunati dalla pratica dell’avvicinamento di soggetti che avevano avanzato richieste di cause giudiziarie presso la Corte d’Appello di Catanzaro.

Lo stesso Santoro ha dichiarato di conoscere Petrini dall’ormai lontano 2010 e che da allora, oltre a consolidare un rapporto di amicizia, si è impegnato ad aiutarlo economicamente, vista la sua esposizione con le banche e i costi che aveva ogni mese per la sua ex moglie e i figli all’università. Le richieste venivano fatte al Santoro dallo stesso giudice Petrini; una pratica costante e continuativa per tutti gli anni dal 2010 al 2020. Santoro, così come altri soggetti, si impegnava a svolgere il ruolo di tramite con quelle persone che potevano servire ad essere utilizzate ai fini della reciproca convenienza tra soggetti terzi e il giudice Petrini. Il ruolo gli è stato assegnato dallo stesso giudice per come Santoro ha detto nei vari interrogatori ai quali è stato sottoposto. “Era Petrini che mi chiedeva le carte di soggetti che che avevano avanzato istanze presso la Corte d’Appello di Catanzaro”.

Lo stesso Saraco ottenne da Petrini, in Appello, il dissequestro dei beni di famiglia confiscati dal giudice di primo grado e per questo risultato pagò la cifra di 160 mila euro. Sempre Saraco, prima dell’operazione “Genesi”, chiese a Santoro di essere aiutato da Petrini per la condanna subita dal padre e confermata in Appello. L’ipotesi fondata era quella che la Cassazione, per ragioni di legittimità, avesse potuto rimandare indietro il processo e per questa eventualità Saraco doveva essere pronto ad affrontare costi enormi per ottenere l’annullamento della condanna.

Di contro, il processo di Salerno segue un percorso totalmente diverso e con un’altra narrazione, fondato sulla certezza della prova, ed è quasi superfluo sottolineare che la responsabilità nel penale è personale, ed è per questa ragione che il processo ordinario e il dibattimento rappresentano l’occasione per la fonte di prova e per le responsabilità specifiche. Si tratta di una nuova e diversa rappresentazione, “a maiore ad minus” come si dice in gergo.

La vera domanda da fare allora è: perché coinvolgere Tursi Prato? I fatti e le circostanze che stanno emergendo al processo, dimostrano l’estraneità del Tursi Prato. E allora chi si è voluto coprire? Nessuno può toglierci il dubbio che l’operazione “Genesi” sia nata per colpire altri soggetti, ma alla fine si è deciso diversamente, anche per buttare fumo negli occhi. E’ notoria la vicenda del sindaco di Rende Marcello Manna, detto Mazzetta proprio per le bustarelle che consegna a Petrini con tanto di documentazione e addirittura di incidente probatorio. Ma ci sono in ballo anche altri avvocati noti e di lungo corso, come per esempio Salvatore Staiano, e anche altri giudici operanti a Catanzaro, fortemente attenzionati e da tempo indagati. Perché Marcello Mazzetta non è stato arrestato e viene ancora adesso lasciato libero di continuare a delinquere sia nella sua qualità di avvocato palesemente corrotto, sia in quella di sindaco altrettanto corrotto? In molti non se lo sanno spiegare. 

E in tutto questo è sconcertante il silenzio dei media calabresi, che pubblicano solo veline interessate per dare conto del processo di Salerno. L’opinione pubblica non è informata correttamente, e in sostanza nessuno vuole disturbare il manovratore e soprattutto Marcello Mazzetta, sia pure con qualche eccezione. Non rimane che sperare nell’onestà dei giudici della Procura di Salerno, anche se questa speranza giorno dopo giorno diventa sempre più flebile.