Salvini, sogni e fantasie tra le Piramidi d’Egitto e il ponte sullo Stretto

di Antonella Policastrese

Il ministro per le infrastrutture, Matteo Salvini, si ostina ad affermare che la realizzazione del ponte sullo Stretto sarà la più importante opera pubblica mai realizzata al mondo. Ma, per dirla tutta, le contraddizioni che “Report” ha fatto emergere in merito a tale affermazione, non sono state sufficienti a rendere l’idea di come imponente possa essere la portata (non dell’opera in se, cioè di un ponte che non potrà ospitare una linea di collegamento ferroviario per via delle oscillazioni e che quindi non serve) della cazzata che è l’ostinazione di voler sottrarre 14 miliardi di soldi pubblici alle reali esigenze del Paese.

E’ il sogno di un faraone quello del ministro Salvini, il suo riferimento ai numeri correlati alla costruzione del ponte sullo Stretto sono ispirati a quanto lo storico greco Erodoto riferiva sulla costruzione delle Piramidi in Egitto. Questi sosteneva che per realizzarle sono stati utilizzati 100 mila lavoratori e tanti sono quelli che il ministro ipotizza di dover impiegare per realizzare l’opera. Nella valle del Nilo per gli addetti ai lavori venivano inviati ogni giorno 21 vitelli e 23 montoni, giusto per mantenerli in forze nel compimento dell’opera.

Gli storici contemporanei però hanno stimato che gli uomini utilizzati per costruire le Piramidi furono non più di 10 mila. Comunque siano andate le cose all’epoca dei faraoni, si trattava di utilizzo delle maestranze a termine, perché poi sarebbero bastati un paio di guardiani e qualche addetto alla manutenzione per gestire l’intero complesso monumentale.

Appaiono quindi non sovrapponibili le fantasie di Matteo Salvini e le realtà lavorative derivanti dal collegamento tra le rive di Calabria e Sicilia. Il sistema attuale di attraversamento dello Stretto di Messina comporta l’impiego stabile di 1.234 persone per i soli traghetti e almeno qualche migliaio di lavoratori per l’indotto. Tali contraddizioni non sono emerse durante la puntata di “Report” messa in onda domenica 25 novembre. Tuttavia è stato utile l’aver ricordato che il Governo tecnico di Mario Monti (2011-2013) sul progetto del ponte sullo Stretto ci aveva messo una pietra sopra; passati dieci anni, ora c’è chi vorrebbe porre la prima pietra. E se per comprendere il paragone che esiste tra le velleità della gestione politica moderna in materia di opere pubbliche e la concretezza dei faraoni bisogna tornare indietro di 4 mila anni; per capire come si è arrivati a cotanta spudoratezza nella fase attuale di governo della cosa pubblica italiana, basta riavvolgere di appena un quarantennio circa il film della storia politica d’Italia, a partire cioè dal secondo governo Craxi (1986-1987) fermandosi al semitotalitarismo del Governo Meloni e del governatorato che gestisce ben 15 regioni su 22. L’Italia aveva un disperato bisogno di opere pubbliche e di infrastrutture, di riforme e di cambiamento, ma da quegli anni sino ad oggi l’unica opera a cui si è messo mano ( nel 2000) è la ferrovia Torino-Lione, a oggi incompiuta.

Le riforme più importanti sono state il canone Rai nella bolletta della luce e la Legge Fornero che ha ridotto le pensioni a mero reddito di cittadinanza. Ci ha provato in tanti anni la sinistra a farne altre di riforme, ci ha buttato il sangue nel tentativo di far passare leggi quali la “steep-child adoption” cioè la possibilità di adottare figli per le coppie omosessuali; ci è andata pesante con il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso; ci ha speso tempo ed energie preziose per far adottare il diritto allo “ius-soli” per i figli dei migranti nati su suolo italiano. Ha dato l’anima per varare leggi sul fine vita, sul transgender, sull’allontanamento dei crocifissi dalle aule scolastiche e persino sulla conformazione del presepe.

Nonostante tutto questo, gli elettori italiani hanno sempre offerto delle chance alla sinistra italiana per governare, ma alla fine basta più. Non è la destra che vince e trionfa in Italia, ma è la sinistra che perde rovinosamente ovunque e con chiunque. Da qui l’arroganza dei Salvini, la supponenza degli Occhiuto, mentre si salda ogni giorno di più il legame di sangue tra mafia e lofiarda (leggi massoneria) e non si va oltre l’idea di costruire un ponte che divide anziché congiungere. E non si va oltre il vezzo di pagare profumatamente la RAI per offrire quel servizio pubblico che è obbligata a fornire, compreso la valorizzazione del paese Italia.

In tal senso rientra la non-logica delle due puntate di “L’anno che verrà” acquistate dal Governatore della Calabria. Alla regione Umbria è andata sicuramente meglio con i 500 mila euro spesi nel 2022 per la diretta della notte di San Silvestro a Perugia. Amadeus è contento di fare la trasmissione in Calabria, per come ha dichiarato Occhiuto, ma ciò vuol dire che in Umbria l’anno scorso il bravo presentatore è rimasto “ a mezza panza”. Il Governatore dei calabresi non lo ha specificato nel suo post, ma quando, si spera, saranno pubblicati i rendiconti di spesa ci sarà modo di capirlo.