Lamezia Terme, 22 Giugno 2025
LA BANCA SE NE VA , LA SCUOLA È ORMAI UN’ AZIENDA “SPEDAGOGIZZATA”, LA SANITà PUBBLICA UN’AZIENDA “SCARRUPATA” E I DIRITTI… IN FASE DI COMMIATO
Questa mattina, mi sono avvicinato al bancomat di Banca Intesa a Sambiase, uno dei tre centri costitutivi della Città di Lamezia Terme, per prelevare qualcosa dai miei poveri risparmi; l’ingresso era ostruito da un nastro bianco e rosso (messo lì non certo per segnalare i sampietrini usciti dalla originaria dimora) e da un’impalcatura con sopra un giovane operaio di colore che rimuoveva le insegne e che, con un sorriso carico di malinconia, rispondeva alle richiesta di chiarimenti con un laconico: LA BANCA NON C’È PIÙ.
Proprio così! La solita storia di assorbimenti che oggi materialmente si consuma rimuovendo il vecchio Banco di Napoli, dal 2018 Banca Intesa S. Paolo. Pare che, a Sambiase, ricca di storia contadina e di poeti, di uva marcigliana e di poesie, sia rimasto poco o nulla. Infatti, trasformati i vigneti ad alberello in cordoni speronati e poi estirpati radicalmente con l’incoraggiamento finanziario dello Stato, è stato il turno della cantina sociale a scomparire: meta di conferimento di uva e di sudore, prima acquistata, poi , per far cassa, rivenduta e, infine, immolata, insieme alla sua storia, alla crudeltà dell’ignoranza.
Resiste, alle spalle della banca che non c’è più, il teatro Costabile, dove di quel corpo di storia immolata si conserva ancora traccia nell’opera del poeta sambiasino. Ma c’è di più! A Sambiase, neanche la guardia medica ha avuto sorte migliore se, espulsa dallo stabile comunale di via De Gasperi, si ritrova parcheggiata in una stanza introvabile del presidio ospedaliero lametino. Di quella evangelica intuizione del decentramento amministrativo che, negli anni ’80, avvicinava i servizi all’utenza, oggi sono rimasti i rimpianti di chi i servizi essenziali, come il diritto alla salute, è costretto a rincorrerli. Le aziende sanitarie locali, infatti, sono state sciolte come neve al sole così come, nel sistema scolastico e formativo, l’autonomia scolastica ha trasformato le classi, dove gli studenti venivano chiamati con il loro nome, in grandi magazzini commerciali dove un alunno, bene che vada, è un pacco di biscotti e i docenti docili commessi.
Le dichiarazioni di uno studente di questi giorni, che ha dovuto aspettare gli esami di maturità per provare l’emozione di essere ascoltato, la dicono tutta sull’autonomia scolastica che ha trasformato il direttore didattico e il preside in dirigenti di azienda e la didattica in consigli per gli acquisti. Il mio pensiero critico verso ciò che accade nella scuola di oggi, e di comprensione per il personale docente e non docente, non fa da contraltare ad un amore sviscerato per la scuola del passato. Una scuola, quella del passato, impregnata in larga parte di autoritarismo che si pregiava di metodologie classiste e selettive, con alunni che, a prescindere dalle potenzialità cognitive, erano bravi se figli di qualcuno e “asini” se figli di nessuno.
In tutto questo vedo il totale svilimento della relazione tra bisogni concreti in una cornice di umanità e deriva asettica di uno Stato padre che sta diventando sempre più padrone. Trovo significativa la coincidenza tra: la filiale della banca che viene chiusa a Sambiase aumentando il bacino di utenza della mamma che sta a Nicastro, come considero improprio e didatticamente demente congestionare il centro della Città con istituti scolastici formati da classi pollaio, privando di servizi scolastici altre comunità, soprattutto periferiche, che anche attraverso la scuola, sentono più contigua la presenza dello Stato. Trovo veramente penoso, inoltre, che chi governa questo benedetto Paese non abbia capito: che i servizi devono stare accanto ai cittadini e non essere inseguiti; che un alunno, in una classe numericamente contenuta, ha la possibilità di essere ascoltato, senza aspettare gli esami di stato, come soggetto di comunicazione nella sua integralità e non solo per essere valutato in base alle nozioni che ha memorizzato; che il pensionato di Sambiase, che non ha familiarità con le App e con diavolerie simili, deve poter continuare a conferire con l’impiegato che gli spiega le cose guardandolo negli occhi e, magari, sorridendogli.
Fiore Isabella









