Scuola malata, una risposta al ministro dell’Istruzione (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno 

La smorfia di disapprovazione con cui il ministro dell’Istruzione, ad Afragola, dice che studenti e professori al Sud si devono impegnare di più, ha la forma delle cicatrici del Sud.
Bussetti è solo l’ultimo ministro in ordine di tempo ad esprimersi così sul Sud, queste parole non sono nuove, e per questo si può rispondere subito frase su frase, parola su parola. Come è stato con chi l’ha preceduto e come sarà con chi seguirà. Nel rispondere, in questo, bisogna impegnarsi.

Si potrebbero citare le fonti e le pubblicazioni dello stesso ministero dell’Istruzione. Le erogazioni del Fondo Integrativo Statale hanno penalizzato maggiormente le regioni meridionali in maniera costante fino al 2017 quando la modifica dei parametri ha consentito una leggera miglioria, mentre il Fondo di Finanziamento Ordinario ha avuto un taglio di 370 milioni di euro.

Non basta la mancanza dei fondi statali, le università del sud devono farcela anche contro amministrazioni regionali indegne: fino al 2013 gli investimenti statali e regionali sono diminuiti costantemente con il risultato che in molte regioni meridionali tra cui Calabria e Campania esiste la condizione di idoneo non beneficiario, cioè colui che ha le condizioni per reddito e merito adatte a ricevere la borsa di studio, ma non la riceve perché non ci sono fondi. È l’unico paese dell’area OCSE che ha ancora questa condizione.

Quello delle borse di studio è un problema nazionale: secondo il rapporto Eurydice solo il 9,4% degli studenti riceve una borsa di studio, mentre all’estero le percentuali arrivano anche al 40%. Ancora più vergognose sono le condizioni per quanto riguarda posti letto, mensa e mobilità che si aggiungono alle spese che una famiglia deve sostenere per poter permettere al figlio di frequentare l’università. E ovviamente questi problemi nazionali pesano di più al Sud dove si trovano i redditi più bassi.

L’Italia ha una delle tassazioni più alte in Europa che sono cresciute in contemporanea al crescere dei tagli sull’istruzione e anche in questo caso è il Sud a soffrirne di più: dal 2011 al nord le tasse sono aumentate del 43% , al Sud dell’89%. Questo ha fatto aumentare il numero di chi all’università non riesce ad iscriversi proprio o lo fa al nord: sempre dal 2011 il numero degli iscritti al Sud è diminuito, mentre al Nord è sensibilmente aumentato, segno di un’eterna diaspora che negli ultimi anni è tronata a rinvigorirsi.

La situazione non è migliore per quanto riguarda licei, istituti e scuole di grado minore. Aumenta al Sud persino il grado di dispersione scolastica, un problema che in un paese civile e democratico non dovrebbe esistere. Poi ci sono i problemi strutturali, il numero di scuole non a norma in Italia è allarmante: in Calabria e Campania tocca punte del 95%, secondo il rapporto di Cittadinanzattiva, e quelle accessibili ai disabili sono una rarità.
Se gli studenti devono lottare contro queste difficoltà, gli insegnati e i professori di ogni grado e ruolo non se la vedono meglio. Dal biennio 2010/2011 è aumentato sia il precariato che l’età media in tutta Italia. Nei licei l’età media dei professori è andata alzandosi nel tempo, con tutto quel che ne consegue riguardo a motivazione, coinvolgimento e innovazione.

La conseguenza tragicomica di questo è che quando gli studenti del nord ottengono risultati migliori alle prove invalsi, sono stati preparati da insegnanti meridionali trasferiti (la percentuale si è andata assottigliando negli anni, ma rimane importante), segno ancora una volta che i problemi di performance vanno cercati altrove.
Si può rispondere poi con i fatti perché nonostante tutto questo, la migliore studentessa italiana è una liceale calabrese e come lei molti altri si classificano ad alti livelli nelle competizioni nazionali ed europee. Le università meridionali continuano a partecipare a progetti di ricerca internazionali e gli studenti sono orgogli nazionali: Samantha Cristoforetti ha studiato all’università di Napoli Federico II e l’Unical in Calabria è una delle università più citate nelle ricerche internazionali. Tutti riconoscimenti e meriti che avvengono all’estero ovviamente. Per cui, ministro, quali altre vette bisogna raggiungere? Uno studente meridionale deve studiare il doppio sapendo che probabilmente non otterrà il giusto riconoscimento in Italia e che verranno richieste competenze a volte superiori a quelle dei propri dirigenti.

Di tutto questo poi si conoscono già i responsabili. Responsabili, se non altro, di non aver fatto abbastanza. Uno di questi ce l’aveva al suo fianco ad Afragola, il sottosegretario con delega al Sud, Castiello. Come padrini politici ha avuto Nicola Cosentino e Roberto Conte, alleata poi a Vincenzo Nespoli, condannato in primo e secondo grado per bancarotta e voto di scambio (poi prescritto). Sono queste consorterie che hanno depredato il sud e garantito pacchetti di voti ai vari governi e a queste il ministro Salvini continua ad appoggiarsi in Campania e Calabria. La contropartita di non avere premi per chi si impegna è l’assenza di punizioni per chi sbaglia. L’unica condanna, è quella dei giovani meridionali: in Italia quasi il 30% dei laureati, proviene da famiglie con un laureato, una percentuale altissima, segno che il livello socio-economico di partenza peserà su quello che un ragazzo può raggiungere. Una condanna appunto, l’unica.

Appoggiarsi a queste consorterie vuol dire non conoscere il Sud (o conoscerlo troppo bene). Un’ignoranza e incapacità dimostrata più volte da questo governo sul sud a partire dal tema delle mafie, per finire a quello dell’istruzione. Non servono fondi per aumentare i militari fuori dalle scuole, né per aumentarli nelle strade. Sono questi metodi, frammisti di incapacità e collusione, disastrosi per il sud, che portarono Gaetano Salvemini a definire Giolitti ministro della mala vita. I problemi del sud sono problemi italiani, ma la questione meridionale esiste ancora ed oggi essere meridionalisti significa essere “italianisti” ed “europeisti”.

Se queste consorterie continuano ad esistere e pesare è anche colpa del sud ed in questo, solo in questo, bisogna impegnarsi di più: nel dare una risposta secca dentro e fuori le aule. In un paese dove “con la cultura non si mangia” e dove la scuola deve solo sfornare bravi dipendenti, i professori e gli insegnanti tornino a fare politica nel senso più alto del termine e gli studenti tornino a riprendersi i propri spazi, le proprie strade ora, per non lasciarle ai militari e per non trovarcisi poi. Chiedano, loro sì, più impegno al governo. Proprio al Sud la cultura può ritrovare il suo significato più profondo siccome “è l’unico modo per vivere onestamente”.