Sibaritide, le cifre della guerra di mafia: 4 morti ammazzati e 2 casi di lupara bianca

Il luogo del duplice omicidio a Corigliano Rossano, 23 luglio 2019. ANSA/MONICA CURIA

Ormai ci sono ben pochi dubbi: nella Sibaritide è esplosa una nuova guerra di mafia. Non ci può essere altra spiegazione alla terribile esecuzione mafiosa del sorvegliato speciale Pietro Greco e dell’imprenditore Francesco Romano, “eliminati” dalla ‘ndrangheta in aperta campagna in contrada Apollinara nel territorio di Corigliano-Rossano. La tesi è sostenuta ormai da tutti gli inquirenti e da tutti i commentatori e viene suffragata da fatti oggettivi. Fabio Buonofiglio sul sito AltrePagine ricapitola tutte le ultime fasi di questa “guerra”. Quattro morti ammazzati certi e due probabilissimi casi di lupara bianca nel breve volgere di un anno. 

di Fabio Buonofiglio

Fonte: AltrePagine (https://altrepagine.it/)

Le “cifre” della guerra di ‘ndrangheta in atto sono assai preoccupanti. A giugno dello scorso anno il plateale agguato mortale a colpi di kalashnikov e pistole in cui a Villapiana è caduto il boss 63enne Leonardo Portoraro, eliminato in piena mattinata davanti al “Tentazioni”, il proprio locale situato lungo il vecchio tracciato della Statale 106. A dicembre dalle acque del porto di Corigliano è riaffiorato il corpo del boss 51enne Pietro Longobucco, ucciso a colpi di pistola all’interno della propria abitazione del centro storico coriglianese e trasportato nell’area portuale nel tentativo di tenerne occultato il cadavere nelle gelide acque sottostanti le banchine dell’infrastruttura marittima.

Fino ad arrivare alle due ultime sospette lupare bianche. Pochi giorni dopo il rinvenimento a galla del cadavere di Longobucco, infatti, dallo specchio acqueo del porto venne tirato su pure il furgoncino Fiat Fiorino di proprietà del pregiudicato 31enne Antonino Sanfilippo, amico dello stesso boss ucciso e svanito nel nulla esattamente da quando s’erano perse le tracce di Longobucco. Il giovane manca all’appello dai primi di dicembre e l’ipotesi della “lupara bianca” è oramai quasi una certezza per gl’inquirenti della Direzione distrettuale antimafia catanzarese che indagano sia sull’omicidio del boss sia sulla sparizione dell’amico.

Ed è oramai da qualche settimana che si sono perse le tracce pure di Cosimo Rosolino Sposato, 43enne coriglianese incensurato. Pure sulla sua sorte aleggia il sospetto possa trattarsi di “lupara bianca”. Sposato, benché “pulito”, era infatti noto negli ambienti investigativi locali per le proprie frequentazioni d’ambienti criminali. La sua motocicletta è stata ritrovata parcheggiata lungo la strada che dalla frazione coriglianse di Cantinella conduce a quella cassanese di Sibari, praticamente nella stessa area in cui s’è consumato il duplice omicidio delle scorse ore. Sposato, a quanto pare, s’era avvicinato al 57enne Damiano Pepe alias “Tripolino”, noto boss locale residente nella contrada di Lattughelle. Pepe nel maggio del 2017 era uscito dal carcere dopo numerosissimi anni di detenzione, salvo farvi rientro un anno dopo per un consistente residuo di pena pari a sette anni di reclusione a seguito del passaggio in giudicato della sentenza emessa nei suoi confronti nell’ambito del maxiprocesso anti-‘ndrangheta “Sybaris”.

Nel suo anno di libertà – ovviamente sotto stretta osservazione da parte degli “sbirri” – Sposato si sarebbe accompagnato spessissimo a lui e spessissimo facendogli pure da personale autista. Che Pepe avesse in quell’anno tentato di ricostituire un proprio gruppo? È una delle ipotesi che aleggia dietro lo strettissimo riserbo investigativo che copre le indagini sulla misteriosa e molto sospetta sparizione di Sposato. E che aleggia sui quattro morti ammazzati certi di cui ancora non si capisce a quali gruppi in guerra appartenessero prima d’essere eliminati e quali gruppi li abbiano tolti di mezzo…