“I carabinieri sono accusati di omicidio, calunnia e falso. Voglio dire a tutti che bisogna resistere, resistere, resistere. Ed avere fiducia nella giustizia”.
Così Ilaria Cucchi, in un post sul suo profilo Facebook, dopo la chiusura da parte della procura di Roma dell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, fermato per droga il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo all’ospedale Pertini.
La procura di Roma ha chiuso l’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi (22 ottobre 2009) e ha contestato l’accusa di omicidio preterintenzionale ai tre carabinieri che lo arrestarono il 15 ottobre. I tre sono ritenuti responsabili del pestaggio del giovane geometra. Per altri due carabinieri sono ipotizzati i reati di calunnia e di falso.
La Procura di Roma ha contestato il reato di omicidio preterintenzionale ai tre carabinieri che arrestarono il geometra romano: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, secondo l’accusa, sarebbero loro ad aver colpito dopo l’arresto il giovane, con “calci, schiaffi e pugni provocando una rovinosa caduta a terra con l’impatto al suolo della regione sacrale”.
Le accuse di falso e calunnia oltreché a Francesco Tedesco sono contestate al maresciallo Roberto Mandolini comandante della stazione Appia, dove dopo l’arresto Cucchi fu portato, mentre la calunnia è stata contestata al carabinieri Vincenzo Nicolardi.
Oltreché di omicidio preterintenzionale i tre carabinieri sono accusati anche di abuso di autorità per aver costretto Cucchi a subire “misure di rigore non consentite dalla legge” con l’aggravante di aver commesso il fatto per futili motivi riconducibili alla resistenza posta in essere da Cucchi al momento del fotosegnalamento presso i locali della compagnia di Roma Casilina dove dopo l’arresto era stato successivamente trasferito.
Nel provvedimento di chiusa inchiesta il magistrato scrive che “le lesioni procurate a Stefano Cucchi – il quale, tra le altre cose, durante la degenza presso l’ospedale Sandro Pertini subiva un notevole calo ponderale, anche perché non si alimentava correttamente a causa e in ragione del trauma subito – ne cagionavano la morte“. In particolare, si legge nel provvedimento, la frattura scomposta della vertebra “S4 e la conseguente lesione delle radici posteriori del nervo sacrale determinavano l’insorgenza di una vescica neurogenica, atonica, con conseguente difficoltà nell’urinare, con successiva abnorme acuta distensione vescicale per l’elevata ritenzione urinaria non correttamente drenata dal catetere”.
“Voglio dire a tutti che bisogna resistere, resistere, resistere. Ed avere fiducia nella giustizia”, scrive ancora su Facebook Ilaria Cucchi che all’Adnkronos ha detto: “Sono commossa. Sono otto anni nei quali abbiamo dovuto ingoiare tanti bocconi amari, ma abbiamo resistito. Ora abbiamo finalmente davanti la verità: si parla di omicidio e di tutto il resto. Bene! Andremo avanti!”.
“Ci sono voluti sette anni ma ce l’abbiamo fatta. Sono emozionato, felice. Credo sia un messaggio importante per tutti: quando si sa di essere dalla parte del giusto, bisogna resistere, resistere, resistere e la verità pria o poi viene fuori”, ha detto all’Adnkronos l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi. “Ringrazio di cuore la famiglia Cucchi per la fiducia concessami. E ringrazio il procuratore Pignatone e gli investigatori per la bravura a indagare a 360 – ha aggiunto il legale – Ora faremo i conti in un’aula giudiziaria, di fronte la Corte d’Assise. Grazie a tutti”.
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