A Trebisacce sta accadendo qualcosa di incredibile, purtroppo nel silenzio generale dei media di regime. Il sindaco uscente Franco Mundo, prima arrestato e poi rinviato a giudizio per concussione, peculato, truffa e falsità ideologica, incurante del processo che sta per iniziare e delle conseguenze che potrebbe avere una sua condanna – anche solo in primo grado – si è ugualmente ricandidato a sindaco. E nessuno si scandalizza… anzi, c’è qualcuno che fa a gara per cercare di farlo vincere ancora. Noi non possiamo fare altro che ricordare ai cittadini onesti di Trebisacce di chi stiamo parlando.
La procura di Castrovillari ha chiesto e ottenuto il processo per l’ex sindaco di Trebisacce Franco Mundo. indagato nell’ambito dell’inchiesta denominata “Mayor” riguardante irregolarità nella raccolta delle firme per la presentazione di una lista “Io Resto in Calabria” alle regionali del gennaio 2020. Mundo era stato posto ai domiciliari e si era poi dimesso il 22 luglio del 2021. Ma adesso vorrebbe tornare in carica, nonostante il processo.
Nell’inchiesta, insieme al sindaco, sono coinvolte altre 17 persone, indagate, a vario titolo, per peculato, concussione, truffa, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e formazione e/o uso di schede e atti falsi.
La lista “Io resto in Calabria” era nata a sostegno di Pippo Callipo Presidente, in occasione delle regionali del 28 gennaio 2020. Secondo l’accusa Mundo si sarebbe adoperato per reperire un maggior numero possibile di sottoscrizioni, raccogliendo, senza la presenza del pubblico ufficiale autenticante, oltre 200 sottoscrizioni di elettori. Il sindaco, dopo le elezioni, nelle quale era risultato primo non eletto, secondo l’accusa avrebbe poi individuato soggetti compiacenti – tutti indagati – per la sottoscrizione di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, nelle quali avrebbero attestato falsamente di aver assistito allo scrutinio e di avere riscontrato irregolarità in alcune sezioni di Paola ed Amantea. Dichiarazioni che Mundo aveva presentato al Tar Calabria per ottenere, illegittimamente, il riconteggio dei voti.
I finanzieri hanno ascoltato per ore e per giorni il sindaco Francesco Mundo e anche gli altri indagati nell’inchiesta “Major”. Sono, infatti, finite sulla scrivania dei magistrati tante intercettazioni “scottanti” che incastrano l’ex primo cittadino di Trebisacce. Nell’ordinanza di custodia cautelare, ci sono quindi sia le conversazioni che mettono nei guai Mundo che alcune testimonianze. Si tratta di racconti che confermano in maniera disarmante l’impianto accusatorio, ovvero le firme false per raggiungere il quorum. Secondo gli inquirenti, Mundo avrebbe cercato di estromettere il consigliere regionale Graziano Di Natale e sottrargli la poltrona di consigliere.
Alcune sono ritenute dagli inquirenti molto significative ai fini delle indagini, soprattutto quando a parlare sono state le stesse persone contattate da Mundo per falsificare le firme.
«Dopo le elezioni – ha riferito un testimone ai finanzieri – Mundo mi ha chiamato, dicendomi che doveva presentare un ricorso elettorale contro la proclamazione degli eletti e con riferimento alla sua candidatura, chiedendomi se ero a conoscenza di brogli elettorali nelle sezioni del lato tirrenico e se ero disponibile a firmare delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà relativamente a questi brogli. Io gli dissi che non ero a conoscenza e che non avrei firmato nulla. Ad inizio aprile 2020, Mundo mi inviò, via whatsapp, un modello di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà relativo ad irregolarità avvenute nelle sezioni del lato tirrenico».
Il testimone, però, subito si rifiutò di accettare la proposta del sindaco di Trebisacce nonostante quest’ultimo lo avrebbe rassicurato più volte dicendogli che il Tar non avrebbe comunque aperto nessuna indagine. Ma il testimone, alla fine, non firmò alcuna dichiarazione. A tale proposito, il Gip evidenzia che «non si può tralasciare il contenuto delle intercettazioni, da cui si evince la precisa consapevolezza dell’apporto istigatorio di Mundo alla formazione delle false dichiarazioni». I finanzieri hanno intercettato anche la consapevolezza del sindaco, che nel maggio 2020 disse: «Eh vabbè, sì: ho utilizzato un atto falso mi piglio una condanna…». Capito che arroganza senza confini?
«Devono assumere quello che diciamo noi, non quelli che dicono loro, che se no lo chiudo (…), la prossima denuncia che mi arriva che sentono la puzza… Non ci hanno assunto uno».
Nell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari che contiene gli atti d’accusa dell’inchiesta “Mayor” nei confronti del 60enne sindaco di Trebisacce Franco Mundo, arrestato il 13 luglio del 2021, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari Simone Falerno scrive a chiare lettere d’un sindaco che «ha dimostrato di non distinguere la sfera privata da quella pubblica» e d’un politico «determinato a raggiungere a tutti i costi l’obiettivo dell’elezione al Consiglio regionale calabrese, e pronto a utilizzare stabilmente mezzi e uomini per soddisfare esigenze personali».
Comportamenti che si sarebbero manifestati «anche nel rapporto con la società “Eurospin” che chiedeva l’effettuazione dell’orario continuato». Mundo sarebbe stato «disponibile solamente a condizione che assumessero persone a lui vicine, minacciando diversamente la chiusura dell’attività».
Incarichi agli amici
Secondo il sostituto procuratore Luca Primicerio «il comportamento poco trasparente del sindaco Mundo lo si evince anche attraverso l’ascolto della conversazione nel corso della quale commenta con il segretario comunale Ciriaco Di Talia la circostanza riguardante il conferimento di un incarico professionale a un architetto, moglie di un membro del suo staff».
Scelta, questa, che avrebbe provocato le lamentele d’un membro della giunta comunale. E Mundo di ciò non si capacita, considerato l’andazzo, che sarebbe stato proprio quello di spartire gl’incarichi professionali con le persone a lui vicine: «Sei o sette tecnici io li ho chiamati tutti quanti: avete qualcuno, qualche amico? Lei (l’assessore che si lamenta, ndr): no, no, no a me non mi interessa di cose, non ne voglio sapere, non ho nessuno e, ma che vuole insomma».
«Trebisacce piegata agli interessi di un sindaco che non distingue il pubblico dal privato»
Dalle intercettazioni ambientali autorizzate dal gip Falerno «sono emersi recentissimi preoccupanti elementi che evidenziano, ancora una volta, l’asservimento della funzione pubblica ai propri interessi personali. Nella specie, l’utilizzo degli incarichi professionali per il sostegno elettorale».
L’atteggiamento si evincerebbe da una conversazione captata all’interno dell’ufficio del sindaco, che parla col dipendente comunale Michele Calvosa (indagato assieme a lui e dalla giornata di martedì interdetto per 6 mesi dal Comune su disposizione del giudice, ndr) e col vicesindaco Filippo Castrovillari. «Ma gli diamo l’incarico a Trebisacce… che questi sono tutti di fuori», dice Mundo. E Castrovillari ribatte che gli accordi erano altri: «Questi (si riferisce a quelli di fuori, ndr) ti hanno votato tutti quanti, gli impegni li ho presi quando abbiamo fatto le elezioni».
La conversazione è del 31 maggio scorso, si riferiscono alle elezioni regionali del 28 gennaio 2020. Mundo e Calvosa la vedono diversamente. Il sindaco vorrebbe coinvolgere più gente del posto: «E se no tu vai a Cosenza, vai a prendere i voti, ti dicono».
Il gip Falerno osserva che «questa continuativa gestione disinvolta e priva di scrupoli della sua posizione di potere suggerisce che, in difetto di idonea cautela, l’indagato tornerà certamente a delinquere».
L’autostazione abusiva: indagini chiuse e altri 5 indagati eccellenti
Frattanto la Procura ha già ufficialmente chiuso la prima inchiesta, quella da cui è scattata la discendente parabola giudiziaria del sindaco di Trebisacce. Vale a dire quella per la costruzione – abusiva – dell’autostazione comunale.
Qui, oltre a Mundo, vi sono altri 5 indagati, tutti di Trebisacce e tutti eccellenti: Antonio Brunacci, 56 anni, responsabile dell’Area tecnica del Comune e Responsabile unico del procedimento di gara, Filippo Castrovillari, 63, vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, Giampiero Regino, 55, all’epoca assessore al Commercio, Mario Rocco Carlomagno, 68, amministratore unico e legale rappresentante della nota impresa d’autotrasporti “Saj Srl”, società concessionaria dei lavori dell’autostazione, Giuseppe Petrone, 53, legale rappresentante dell’impresa “Petrone Srl” che ha realizzato l’appalto dei lavori, Pietro Antonio Romano, 67, direttore dei lavori.
Secondo il sostituto procuratore Primicerio avrebbero violato il Testo unico sull’edilizia realizzando il manufatto in un territorio costiero compreso in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, zona sottoposta a vincolo paesaggistico dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, e dunque senza la relativa autorizzazione.
Dalle indagini, che la Procura aveva delegato alla guardia di finanza, è emerso che l’autostazione era stata realizzata in assenza del necessario permesso di costruire, trattandosi d’un intervento non qualificabile come opera pubblica in quanto realizzato da un privato concessionario e non direttamente dalla pubblica amministrazione.
L’auto comunale al servizio personale
Al fine di predisporre l’istruttoria necessaria al ricorso e per ulteriori esigenze esclusivamente personali (anche quelle relative all’esercizio della sua professione di avvocato), il sindaco ha utilizzato, in molteplici occasioni, l’autovettura del Comune, distraendola dalla prevista destinazione per finalità istituzionali e impiegando illecitamente, quale autista, un dipendente dell’Ente (componente del suo staff), il quale, in assenza di permesso e senza timbrare l’uscita ed il rientro, ha indotto il Comune in errore circa la sua presenza sul luogo di lavoro, percependo indebitamente la retribuzione per ore di lavoro di fatto non effettuate.
I fatti del Torrente Pagliara
Nel corso delle ulteriori indagini, sono emersi, altresì, gravi indizi di reato nei confronti del sindaco relativamente ad una vicenda concussiva: il primo cittadino, infatti, al fine di favorire un privato che occupava, abusivamente, una porzione demaniale del Torrente Pagliara di Trebisacce, abusando della qualità di Sindaco e dei poteri connessi alla carica, ha costretto il direttore dei lavori pubblici affidati dal Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini dello Jonio Cosentino, relativi alla regimazione del Torrente e rinforzo degli argini, a deviare il tracciato dei lavori rispetto a quello previsto in progetto, minacciandolo, fra l’altro, che, se non lo avesse fatto, avrebbe bloccato con Ordinanza i lavori.