Tutti sanno perché la Calabria cade a pezzi ma non si può dire (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Lo si scrive ormai ogni volta che piove. Ma occorre continuare a scriverlo. La nostra democrazia è friabile e fragile come i nostri ponti, le nostre strade e i nostri viadotti. Anzi questi sono friabili perché lo è la democrazia. Il ragionamento lo conoscono tutti, ma evidentemente occorre ripeterlo ancora ed ancora. Il focus è la tecnica dell’emergenza.

I cambiamenti climatici? Sì, d’accordo. Gli eventi estremi? Sì, d’accordo. Ma gli scienziati avevano avvertito almeno da 40 anni. E in questi quarant’anni nulla è stato fatto. Gli unici piani di emergenza che sono stati fatti in Calabria (e in Italia, perché noi siamo maestri) sono serviti a creare legislazioni speciali per poter assegnare più velocemente e senza controllo appalti e distribuire incarichi e nomine a cortigiani e professionisti. Emergenze idrogeologiche, sanitarie, boschive: sempre stato così.

La costa ora frana. I monti cadono sulle strade che resteranno bloccate altri mesi. Si aprono voragini e intanto i fiumi ingrossati spazzano via piloni e ponti inaugurati neanche dieci anni fa. Ma è una sorpresa? Può essere davvero sorpresa e si può urlare al disastro dando tutta la colpa alla natura matrigna ed estrema se abbiamo … anzi hanno costruito finanche ospedali in zone a rischio?!

Vogliamo forse credere che gli appalti vinti al ribasso, gli appalti spezzatino, gli appalti vinti dopo modifiche di piani regolatori coprendo canali e fiumi non abbiano un ruolo nell’aggravare questa situazione. E si continua in maniera imperterrita secondo queste logiche secondo quanto ci segnalano da Diamante, Belvedere e poi ancora si continua a costruire e costruire in aree sature da Scalea all’entroterra fino a Cosenza. Questo non ha un ruolo se il mare divora le coste? Il contraltare è che le denunce vengono archiviate, gli esposti si impolverano e chi segnala lo stato delle cose è perseguitato come succede a Cosenza.

Vogliamo credere che le assunzioni fatte in mille consorzi solo a fini elettorali e che non hanno mai provveduto al mantenimento dei canali, all’attenzione verso i boschi perennemente bruciati o ridotti a discarica, non hanno un ruolo se la montagna diventa un grissino?

Le migliaia di operai anonimi che lavorano in condizione di semischiavitù sui cantieri, senza norme di sicurezza lo sanno. Sanno i materiali costretti ad usare perché imposti da qualche ditta amica del sindaco. Sanno della mancanza di mezzi per fare un buon lavoro (o la precisa volontà a non farlo) a causa di appalti vinti per spartizione senza avere le risorse o per far lievitare tempi e costi. Lo sanno e a volte lo dicono anche. Ma poi occorre mangiare e per mangiare occorre lavorare. E votare.

Ed ecco che siedono nei comuni gli stessi amici o direttamente i proprietari delle ditte. Ecco i corresponsabili politici di questo scempio.

Ecco. Ora lo si è riscritto per l’ennesima volta. E ancora lo si dovrà riscrivere alla prossima pioggia torrenziale. Sì, si deve ancora e ancora perché ad ogni pioggia questo memorandum non passi dalla memoria.