Una coalizione debole e forzata ma condannata a governare

(DI FABRIZIO D’ESPOSITO – Il Fatto Quotidiano) – C’è un paradosso fin troppo evidente in questi primi cento giorni del governo delle tre destre con una donna sola al comando a Palazzo Chigi. Cioè: la coabitazione in nome del potere (dopo una fame durata un decennio e passa) di tre forze costrette a stare insieme. Non proprio una maggioranza unita. Del resto i due leader maschi e machi, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, hanno da subito manifestato la loro insofferenza per Giorgia Meloni premier. Nonostante la premessa, dunque, il paradosso è che la navigazione del Meloni I andrà avanti almeno per un anno e mezzo, fino al test elettorale delle Europee, salvo ovviamente clamorose sorprese. Tra risultati modesti, annunci-spot, flop e retromarce a iosa, le tre destre è come se fossero già segnate da una stanchezza che di solito arriva dopo parecchio tempo trascorso insieme, anziché dopo appena tre mesi.

Poi c’è lei, la premier. Smaltita la sbornia del boom nelle urne, è stata risucchiata dall’emergenza post-pandemica e bellica, con il risultato di entrare nel fatidico club del realismo di governo. Epperò, visti i sondaggi, Meloni sembra come il Napoli padrone nel campionato di calcio, che deve il suo schiacciante primato ai meriti propri ma anche alle sconfitte degli avversari. A dirla tutta, infatti, la premier almeno nelle urne continua a non temere nessuno. Né l’opposizione divisa in tre o quattro fronti (difficile valutare in modo limpido la posizione degli azionisti calendian-renziani), né i due alleati maschi che continuano a perdere voti. Se però trascorrerà ancora il suo tempo a Palazzo Chigi pensando ad arginare i ministri ciarlieri o ad accentrare sempre di più il potere, incurante dei risultati, il momento del redde rationem arriverà quanto prima. Ormai i cicli delle leadership sono brevissimi.