di Rocco Tripodi
Si sente spesso rispondere a chi critica i lavori dei cantieri aperti a Vibo Valentia: “Non si può dare un giudizio se prima i lavori non sono finiti”. Vorrei vedere se a queste persone fosse detto: “Prima di lamentarti per il dolore, fatti tirare un calcio negli zinzoli e poi, solamente poi, giudica se fa male…”.
Ancora una volta, in tanti sono in motivata apprensione per il destino già segnato del boschetto in piazza del Consorzio. Non abbiamo avuto possibilità di consultare il progetto che potesse consegnare un’anteprima di come si sia deciso di spendere ulteriori centinaia di migliaia di euro (da restituire all’Europa). La sola cosa certa, anticipata con visibile rammarico dal SindacoAggarbatuni, è che si pone la necessità di abbattere il boschetto di una ventina di pini. NECESSITA’, dice (che cuore grande…), per l’incolumità dei cittadini, parola di SindacoAggarbatuni, dietro prescrizione di PeritoAgronomo.
Una prima considerazione, già fatta in occasione dell’abbattimento di altri alberi, anche questi con sindrome autolesionista in presenza di mezzi cingolati, è la seguente: “Ma secondo voi può mai esserci un Pirla di agronomo che azzardi (assumendosene la responsabilità penale) che qualsiasi albero, qualunque sia il suo stato di salute, MAI, dico MAI, potrà cadere?” Lo stesso che un ingegnere in veste di perito sottoscriva che mai il palazzo municipale, dico MAI, potrà cadere… Amministratori, mani bene in vista, alla lettura di questa nota!
Ancora. Si apre un cantiere e si parte all’arrembaggio con ruspe e pale meccaniche che si sbizzarriscono in slalom spericolati intorno agli alberi, “sfriculiando” e “molestando” qualunque espressione di vita in paciosa convivenza e solidarietà con gli ombreggianti compagni di crescita, da decenni. Dopo l’aggressione unilaterale e arbitraria, solo allora si chiede l’intervento dei caschi blu in veste di agronomi per diagnosticare “una brutta BUA” incurabile. E anche qui, per sentirci in perfetta sintonia con la sanità calabrese. Tempistica ingenua? Non proprio. Siamo di fronte ad una inspiegabile, illogica anticipazione, approvazione e cantierizzazione di un progetto che andrà ad impattare in uno spazio dove, a seguito di un abbattimento imprevisto (?) di tutti gli alberi esistenti, inevitabilmente si evidenzieranno elementi sostanziali di incompatibilità che lo rendono improponibile senza apportare varianti radicali.
Se si progetta una pista per slittini che dal punto più alto GG della città scenda fino a Stefanaconi e che preveda come stazione di partenza il cucuzzolo dove si erge l’attuale castello svevonormanno (tutto è possibile), NON SI PUÒ non mettere in conto la demolizione del castello stesso.
Quel che appare certo è che tutte queste domande, dubbi e timori li abbiamo noi, umile plebaglia, mentre gli irraggiungibili responsabili degli interi procedimenti se ne guardano dal pubblicare documenti che smentiscano i nostri allarmi e ci tranquillizzino. Certo che, provati dagli ultimi disastrosi episodi di pessima Rigenerazione urbana, sentirci ancora una volta esclusi da qualunque momento e forma partecipativi, non premia il nostro attaccamento per la città.
In questo clima di rinuncia al dialogo, tocca a noi sforzarci di interpretare quale sia la ragione per cui, a fronte di responsabilità riconducibili alle scelte della GiuntaLimardoSpettacolo (loro hanno voluto e approvato questi progetti), l’Aggarbatunisindaco e i suoi competenti, dinamici, operosi ed intraprendenti sottoposti, continuano a reggere il moccolo a quelli che – prima o poi dovranno farsene una ragione – sarebbero i loro avversari. Sono accomunati in tutte queste vicende da una imbarazzante e costante “consonanza” che manifestano attraverso il silenzio. Tranne dichiarare tutti che alla fine avremo una città bellissima. Sì, è vero. Ogni tanto si scannano (anche meno) tra vecchi e nuovi amministratori. Uno accusa l’altro di non avere fatto una “fungiazza” durante il suo mandato, e l’altro, non se la tiene, e gli risponde che lui è un esperto “micologo”; un assessore all’ambiente si vanta di aver piantato cicoria, accia e petrusino, rimpiazzando così gli alberi abbattuti e l’altro di aver ridotto le cacche degli uccelli sulle auto, eliminando gli alberi sui quali quelle bestiacce abusivamente edificavano i loro nidi.
Mi sembrano i miei gatti. Si assecutano, si soffiano, si maschijano e credo anche che, nella loro lingua, si mantugano la mamma tutto il giorno. Poi la sera mangiano assieme, e assieme vanno a dormire nella stessa cuccia.
Ma tornando al boschetto di pini. Se a fine lavori, oltre al muro di benvenuto in spirito padano ci troveremo per esempio (io mi aspetto di tutto) un campo di rugby, piuttosto che una pista di pattinaggio, sarei curioso di sapere chi sarà chiamato a raccontare – scortato dalla celere di Padova – che nel progetto assolutamente NO, non era previsto il taglio degli alberi.
Come diceva il poeta: C’è del marcio in Danimarca… Ma anche qui, non si scherza!









