LO HANNO VOTATO PER L’IMMAGINE RASSICURANTE DEL BOY SCOUT INTORNO AL FUOCO DI BIVACCO CON MESTOLO E PAIOLO IN MANO E SE LO RITROVANO SINDACO MOTOSEGAIOLO
di Rocco Tripodi
Ed ora il sindaco Aggarbattuni gioca l’ultima carta e pensa di “calare” un briscolone! Dopo la pietosa chiamata alle armi, nell’impacciato ed imbarazzante tentativo di difendere la scelta di abbattere tutti gli alberi, attraverso l’arruolamento di un confuso più che persuaso Gernando Marasco, segretario cittadino del Pd; e dopo un contestuale incontro ufficiale dell’alleato 5 Stelle con l’assessore ai Lavori Pubblici, durante il quale, il solo messaggio che si voleva dare è che il Movimento esiste, vive e lotta insieme a loro ; in soldoni ci tenevano a far sapere che ideologicamente non hanno un’antipatia preconcetta nei confronti degli alberi, nonostante l’avversità dimostrata, ma lo fanno per disciplina di partito, e dopo questa loro rassicurazione, vedendoli tranquillizzati, gli abbiamo spento la luce consentendogli di riprendere il sonno dei giusti.
Il briscolone, dicevo, che l’Aggarbatuni tira fuori all’intrasatta dal mazzo è, nientepopodimenochè, il suo grandone amicone, collaboratorone, Gianpiero Menniti, portavoce della sua Associazione Progetto Studi, nonché mancato beneficatone di un incaricone di dirigentone a botte di migliaia di soldoni; fatterello, questo, molto chiacchierato che ha motivato il primo vero, e solo, scontro politico con l’opposizione. Infatti, per la prima volta in questi mesi della nuova giunta, non si sono potuti spartire gli incarichi, democraticamente, si intende.
Ora ricordiamo cosa scrive il Dott. Menniti nella sua trionfale uscita, a proposito degli alberi di via Salvemini. Non si limita a giustificare il giudizio del perito, ma ne sollecita con forte passione l’abbattimento: “…in quanto gli arbusti hanno un valore nullo, perché da tempo malati o in corso di ammaloramento, e che tredici su diciotto sono in condizione di compromissione estrema”. Diagnosi sufficiente, che lui sposa per intero, puntigliosa e demolitrice di qualunque legittimo dubbio sulla ragionevolezza di un così spietato atteggiamento nei confronti degli “arbusti” e, non di meno, dei loro infausti difensori. Il nostro insospettato esperto sciorina argomentazioni tecniche che, per terminologia e per oggettiva, evidente conoscenza generale della materia, lasciano intendere che siano state imboccate o dettate dall’agronomo stesso. Se non addirittura, essendo le sue, rispetto a quelle dell’agronomo, di gran lunga più comprensive di informazioni, dettagli e persino di valutazioni tecniche procedurali, nonché legali, non può escludersi che l’anticipata uscita a sorpresa, rispetto al giorno di Pasqua, del manovratore di questa nuova campagna di reazione offensiva militare, sia il risultato di uno spoltronamento ai vertici dell’ufficio stampa e propaganda dell’Amministrazione Aggarbatuni. Quindi una nuova strategia, un nuovo cazzuto condottiero per nuove truppe cammellate, probabilmente già da tempo sotto contratto. E già ce lo vedo il nuovo Supermanager Green-ecocompatibile a petto nudo e cappello da cow boy, con roboante, minaccioso ed inquietante rotear di pale di elicottero, che si inebria magnificando il profumo di vittoria del napalm, dopo aver bombardato la collina, e in sottofondo, a palla, i Doors.
Certo, perché la politica da perseguire è quella di “abbattere preventivamente ogni albero cresciuto e sostituirlo con nuove giovani specie arboree”. E si spinge oltre, il mancato dirigentone, nella sua furia annientatrice, fino ad assumere posizioni ideologiche finalizzate ad accusare noi di usare “l’ambientalismo per LA TUTELA DI PRESUNTI BENI CULTURALI, come fosse una clava del paleolitico”. Gli alberi PRESUNTI BENI? Gli alberi NON HANNO MATERIA? Provi lui stesso a sperimentarlo, spingendo la macchina a 110 km orari andando ad abbracciare un platano su una qualunque statale scelta da lui, e poi venga a ribadirmi la convinzione che quel platano era una condizione dell’animo, perciò immateriale. Alla fine, dopo aver con doviziosa disamina stigmatizzato come “azzardati, impudenti, disinformati, pretestuosi e giuridicamente inconsistenti tutti i presupposti per un’azione legale”, aggiunge che noi avremmo voluto “inopinatamente, che l’Amministrazione buttasse tutto in malora (?), invece, con senso di responsabilità, buon senso e competenza tecnica-dice ancora-, Si E’ scelto di portare a termine i lavori e restituire vivibilità alla città, (quindi) abbatterli nel più breve tempo possibile. Tutti e sostituirli”.
SI’ e chi? Noi sindaco, Noi giunta Noi assessore, Noi verdi…Chi?
Alla fine, raggiunto uno stato di inebriante esaltazione, lancia agli incolti e sprovveduti interlocutori, suggerimenti di letture che, avendole io vagliate e, molto modestamente dato alle stesse una scorsa, non sono stato capace di individuare quali passaggi chiarificatori sostenessero le sue tesi.
Mi chiedo piuttosto chi abbia suggerito a lui (perché evidente che proprio lui non li ha letti) di suggerire a noi la lettura di un autore certamente di accertato valore, ma morto nel 1847, e, per quanto esperto in restauri a quell’epoca, nulla avrà potuto dire in merito all’utilità di abbattere gli alberi di una piazza moderna, dopo quasi 180 anni dalla sua morte.
Dico solo che, TRA L’ALTRO, scrive: “Il restauro è opera scientifica in continuità col pensiero di restauro filologico e storico, volto a CONSERVARE TANTO IL MONUMENTO QUANTO L’AMBIENTE”. E ancora suggerisce un secondo libro, anche questo di un grande architetto restauratore, anch’ egli già morto, cento anni dopo il primo, il quale, in verità, dichiara il suo RIFIUTO per le tecniche moderne e afferma che “l’architettura contemporanea, del tempo, non garantisce armonia con l’antico”.
Ora tocca a me dare due suggerimenti: il primo è la lettura di “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono. Lo suggerisco non solo a lui, ma a quanti leggeranno questo articolo: è infatti una lettura utile a tutti dagli otto anni in su; è un piccolo libro per le poche pagine, immenso per la facilità di lettura e la impareggiabile collocazione centrale che gli spetta in qualunque approccio o confronto sul rapporto con l’ambiente e la nostra non discutibile sempre riconoscente subalternità nei suoi confronti.
Il secondo suggerimento lo rivolgo solo a Gianpiero Menniti, in qualità di commissario provinciale dei Verdi: è di tutta evidenza la stridente incompatibilità tra la parola “verde” che identifica la formazione in cui milita e le posizioni da lui espresse, tanto che gli consiglierei un riparatore coming-out, affrettandosi a trovare nuova collocazione con cromia più consona, e, partendo dall’assunto che ”col verde anche il bello perde”, passerei al blu, in quanto è opinione popolare condivisa che è il colore che si intona con tutto.
Nella nota, Gianpiero Menniti conclude con un gesto di grande generosità ed umiltà rivolto a noi cittadini liberi e ad associazioni ambientaliste: la sua disponibilità a confrontarci con lui, riconoscendoci “sincero affetto per la città”. Ma io, personalmente, perdonatemi, trovo la sua intrusione sgradevole, ambigua e indebita, non avendo lui dichiarato a nome di chi stesse parlando e soprattutto quale veste di ufficialità indossasse nel momento in cui si materializza e di chi fosse la controfigura. Di una cosa sono certo, che da come lo sto annusando, caro (sono sincero) Sindaco Aggarbatuni, alle prossime elezioni, che ritengo molto prossime, questo nuovo aspirante santo martire che non teme frecce e graticole e che oggi si immola appassionatamente per te e la tua Giunta, stai certo, che te lo troverai avversario. Nota: mentre sto inviando l’articolo al giornale, mi viene comunicato dall’amico Avvocato Alessandro Caruso Frezza che il TAR ha accolto il Ricorso che blocca l’abbattimento dei pini in via Salvemini.