Zumpano, dove si fabbrica sulle frane: la bomba ambientale del cinema multisala

Le “bombe” ambientali: il Multisala di Zumpano

 

Storia del sito

Nel suo dossier Legambiente annota: «La zona commerciale di Zumpano è un ennesimo caso di sistema di gestione del territorio che non tiene conto del contesto geologico in cui insiste. La struttura commerciale di Zumpano infatti, in cui si include il Centro Multisala Cinema, è stato edificato agli inizi degli anni 2000 ai piedi di una scarpata nelle immediate vicinanze del fiume Crati (il principale corso d’acqua della Calabria) e sotto una collina argillosa, che ad ogni pioggia registra movimenti franosi. Per queste peculiarità nel 2001 il Pai ha classificato l’area ad altissimo rischio franoso per quanto riguarda la parte collinare e a rischio alluvione per la vicinanza con il Crati».

Casi di eventi meteorici estremi

Il 2 marzo 2011, nel Comune di Zumpano alla contrada Malavicina, nella zona industriale, alle prime ore del mattino, una frana di vaste dimensioni, classificabile come frana del tipo “scorrimento-colata di fango”, dopo aver provocato il crollo del muro di sostegno del capannone di una zona adibita ad attività commerciale, ha invaso l’area sottostante con detriti e fango che hanno sventrato la porzione orientale del capannone stesso e divelto un traliccio dell’energia elettrica, interrompendo l’erogazione della corrente elettrica nell’area. La frana – ricostruisce Legambiente – «si è originata dal costone fortemente instabile che sovrasta un noto supermercato, costituito da terreni – sabbie e limi – dalle scadenti proprietà geotecniche; questi terreni, in concomitanza di piogge intense, si saturano in acqua – particolarmente abbondante nell’area – e tendono puntualmente a colare verso valle con velocità elevata, mettendo a rischio l’incolumità di vite umane».

Episodi precedenti

Secondo Legambiente «non è ovviamente questo un caso isolato , poiché un episodio precedente è avvenuto nel 2010 in cui si sono verificate altre due frane della stessa tipologia, “scorrimento-colata di fango”, sebbene di minori dimensioni, che si sono distaccate dallo stesso costone: la prima si è verificata all’inizio del 2010 e ha invaso l’area adibita a parcheggio della multisala in costruzione – in fase di ultimazione a pochissimi metri dal supermercato – ricoprendola di svariati metri cubi di detriti ed invadendo, parimenti, la multisala medesima. La seconda, verificatasi nel febbraio del 2010 ha raggiunto la stessa zona invasa dalla frana, inducendo le Autorità di competenza a disporre lo sgombero cautelativo dello stesso supermercato. Secondo studi geologici puntuali l’evento era prevedibile perché la zona è ad altissimo rischio da frana e da alluvione, sia a monte che a valle, per come dimostra il Piano stralcio di Bacino per l’Assetto idrogeologico (Pai), redatto nell’anno 2000 dall’Autorità di Bacino regionale (Abr) e approvato nel dicembre 2001 dal Consiglio regionale».

Proposta di intervento

Secondo gli esposti inviati al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, si conferma – osserva Legambiente – «che la sovrapposizione della aree a rischio-pericolosità Pai, elaborata ed evidenziata con foto e carte di diversa epoca, consente proprio di accertare inequivocabilmente come molti edifici e le relative pertinenze adibite a parcheggi per le attività commerciali siano stati realizzati, in queste aree, dopo l’entrata in vigore del Pai stesso (anno 2001) e quindi risultino in aree a rischio e non conformi alla normativa vigente».

Ovviamente – e che ve lo diciamo a fare? – il Tribunale di Cosenza ha assolto tutti gli imputati dal processo scaturito dagli esposti. Per il leggendario porto delle nebbie, tutto va bene madama la marchesa. 

FEBBRAIO 2012: PRESA DIRETTA

In una delle trasmissioni di “Presa Diretta” su Raitre, a febbraio del 2012, il geologo Carlo Tansi viene intervistato dal giornalista Iannacone, e racconta di come a Cosenza alla diminuzione della popolazione faccia riscontro, stranamente, un aumento delle costruzioni. Si costruisce anche in zone a rischio frane ed il centro storico viene ignorato dalle amministrazioni sia di destra che di sinistra. Anche le attività commerciali non ci sono più. Eppure andrebbe fatta manutenzione e le case andrebbero anche adeguate alle leggi anti-sismiche. C’è anche quanto rimane di una chiesa dell’Ottocento ed è un abitante del luogo a mostrare a Iannacone come essa sia stata riempita di immondizia in seguito al suo abbandono. Eppure permangono alcune attività storiche interessanti, come la bottega in cui si fanno scarpe a mano. Questa, insieme a quella di un falegname, è rimasta la sola bottega artigiana della via (ora non ci sono più neanche quelle), mentre per il resto il centro storico cade a pezzi.

Nel comune di Zumpano, laddove ci sono colline a rischio frane, si costruiscono non solo case ma anche intere attività commerciali, nelle quali sono coinvolte decine di persone ogni giorno. Intanto per evitare frane si usano delle reti. Ma saranno sufficienti? Mentre Iannacone fa un sopralluogo sulla collina, ecco che arriva il responsabile dei lavori che afferma di essere nella piena legittimità e che, per quanto riguarda la collina, è stato effettuato un consolidamento. E lì sotto intanto, accanto al centro commerciale, ecco che viene inaugurato anche un cinema multisala. Il sindaco, intervistato da Iannacone, dice che è stato fatto tutto nella norma e che non sussiste alcun pericolo. Ma è realmente così? Ma la vera domanda è: chi si assume le responsabilità se dovesse accadere qualcosa?

2 NOVEMBRE 2015: CORRIERE DELLA SERA

Calabria, dove si fabbrica sulle frane

Residence, centri commerciali, cinema: dopo le sciagure le cubature aumentano «Il rischio c’è, ma possiamo conviverci»

di Marco Imarisio, inviato a Cosenza

(Ansa)

La versione calabrese del proverbio sull’acqua passata che non macina più è ancora più netta e radicale di quelle in uso altrove. Ciò che è stato fatto è destinato a rimanere. «Considerati i tempi stretti, si chiede a codesta spettabile Autorità di Bacino regionale se dette aree, in attesa della declassificazione, possono essere comprese nella nuova pianificazione come urbanizzabili». Andando a ritroso cominciò così, il 21 marzo del 2008. Con una lettera del comune di Zumpano, quasi tremila abitanti a ridosso di Cosenza, in zona 1, ovvero con sismicità alta, dove si chiedeva una piccola deroga al Piano di assetto idrogeologico in vigore dal 2001 che inseriva la collina Malavicina nel settore R4 sia del rischio alluvionale che di quello franoso. Il più elevato di tutti, quello che contempla anche «la possibile perdita di vite umane».

Il 3 marzo del 2011 gli operai che scaricavano merce nei magazzini del supermercato Lidl si salvarono per miracolo. La frana scese dalla collina con velocità di riferimento superiore ai sei metri al minuto, quasi un record italiano dovuto alla scarsa qualità dell’impasto di sabbia e limi che compone il costone sotto al quale venne costruito il centro commerciale. Le cinque sale del cinema Andromeda Village dovevano ancora essere inaugurate.

Da allora ci sono stati sequestri, dissequestri e sigilli parziali, tecnici contrari alle varianti dei progetti allontanati da solerti dirigenti comunali, inchieste della Procura sui permessi a costruire rilasciati per un residence da 22 alloggi con annessi cortili, garage e strade residenziali, tutte opere realizzate su terreni franosi e fino a oggi mai declassificati dall’Autorità di bacino nonostante qualche lavoro di consolidamento. E poi un processo in corso contro l’ex sindaco e alcuni suoi funzionari per la frana del 2011 e l’espansione del centro commerciale, il sequestro dell’azienda di proprietà del costruttore del multisala disposto dalla Procura di Napoli con la definizione tranchant di «Prodotto interno lordo della camorra» agli atti del procedimento, infine un’altra inchiesta aperta nel luglio di quest’anno dopo un esposto presentato dai migliori geologi calabresi.«La cosa più assurda è che dopo quella frana si è ripreso a costruire come se nulla fosse accaduto. Il centro commerciale è in continua espansione. Investire sulla messa in sicurezza di una collina che continua a scivolare per chiedere in seguito la riclassificazione dell’area è troppo complicato: meglio la scorciatoia, meglio fare finta di niente».

Carlo Tansi, geologo del Cnr e tra pochi giorni nuovo direttore regionale della Protezione civile, è convinto che sia meglio passare da Cassandra piuttosto che fare da spettatore ai tanti disastri calabresi annunciati, sempre con il senno di poi.
Adesso è nella piana di Gioia Tauro, dove sabato pomeriggio un uomo è stato travolto dall’esondazione di un torrente. Anche questa volta un piccolo corso d’acqua incanalato a forza, compresso tra le mura perimetrali di alcune abitazioni, che incrociava rasoterra una strada asfaltata. «Il nostro è un territorio fragile e scosceso che contiene 1.200 piccoli bacini, almeno la metà dei quali anziché aumentare di portata quando scendono da monte verso valle, si restringono a causa della costruzione di edifici talvolta abusivi ma spesso con i permessi in regola, rilasciati in zone ad alto rischio dove la legge proibisce di costruire. La vera anomalia calabrese è questa».

Agli inizi del secolo scorso lo storico Giustino Fortunato definiva già la Calabria «uno sfasciume pendulo sul mare». Ma nel decennio dopo le frane che dal 12 al 18 ottobre 1951 spazzarono via quasi 90 Comuni devastando il versante ionico della regione, le zone colpite raddoppiarono le cubature dei loro immobili. Oggi la regione ha il primato delle strutture pubbliche e delle abitazioni costruite in zone che i Piani di assetto idrogeologico si ostinano a definire «altamente insicure per la vita stessa degli abitanti». Dal 1994 a oggi sono stati realizzati 134.000 edifici con tutti i crismi della regolarità grazie a sindaci di 160 diversi Comuni che hanno dato il nulla osta nonostante il divieto contenuto nei Pai che dovrebbe essere vincolante. Lo scorso agosto l’alluvione di Rossano è stata causata da un intero quartiere sorto negli anni Ottanta sul letto cementificato del torrente Citrea.

Il River Village di Zumpano deve il suo nome alla vicinanza con il Crati. L’area sulla quale sorge rappresentava il letto naturale e la zona di deflusso del più grande fiume calabrese, dove i frutteti privati sorti sul suo alveo facevano da tappo. Dopo l’ultima esondazione, ottobre 2013, la Protezione civile ha attivato d’imperio i quattro milioni di euro per la messa in sicurezza del fiume che dal 2010 giacevano inutilizzati nelle casse della Regione. È una delle poche storie a buon fine della terra più martoriata d’Italia, dove qualcosa è cambiato, come dimostra l’imminente nomina di Tansi, non proprio il professionista più amato da amministrazioni comunali e costruttori.

Ma quel che è stato fatto rimane, bisogna rassegnarsi alla saggezza popolare. «Dovevate pensarci vent’anni fa». L’unica dichiarazione pubblica sull’argomento dell’attuale sindaco di Zumpano, Maria Lucente, moglie del sindaco oggi a processo che avviò l’opera negli anni Novanta, arrivò durante un convegno organizzato proprio nella multisala. La squadra di esperti da lei radunata varò l’ardito concetto di «rischio esistente ma convivibile». Sabato scorso alla proiezione del pomeriggio per i ragazzi la sala 5 dell’Andromeda Village era piena. Appena prima dell’aeroporto di Reggio Calabria si incrocia quel che resta della fiumara Sant’Agata, uno dei sette rivi tombati che minacciano il capoluogo. Nell’Ottocento era larga 180 metri. Il tubo che la contiene ha una sezione inferiore ai 15 metri, e scorre sotto l’ultimo tratto di autostrada e la pista di atterraggio. Ci vorrà molto tempo, per cambiare il passato.