Belvedere, quando la clinica Tricarico era una centrale per il traffico di neonati

Le ricerche sulla clinica Tricarico di Belvedere, crocevia del patto di potere tra i politici del PD e il clan Muto, ci hanno portato ad un articolo di Filippo Veltri su La Repubblica risalente alla fine degli anni Ottanta.

Veltri, al di là di quanto sia riprovevole il fatto, accende i riflettori anche sull’organizzazione della sanità nel Tirreno: tre cliniche solo nel centro di Belvedere e ospedali a Paola, Cetraro e Praia a Mare. Già allora era chiaro il concetto di piegare la sanità all’intreccio con la mafia.

di FILIPPO VELTRI

“HO VENDUTO IL MIO BAMBINO, SONO PENTITA, LO RIVOGLIO”

La Repubblica, 20 maggio 1988

BELVEDERE MARITTIMO – Per ora sono solo due neonati che hanno cambiato genitori. Ma il sospetto è che dietro quella clinica si nasconda qualcosa di molto più grosso, addirittura una vera e propria centrale per il traffico di neonati. Bocche cucite sia alla procura della Repubblica del tribunale di Paola che ai carabinieri, ma ieri mattina lo scalpore suscitato a Belvedere Marittimo (un grosso centro a metà strada fra Paola e Scalea sul litorale tirrenico cosentino) dall’ arresto di quattro persone, fra le quali il gestore di una clinica fra le più importanti in Calabria, è stato enorme.

Per tutti l’ accusa è di alterazione di stato civile e violazione della legge che regola il regime delle adozioni. Gli arrestati sono il medico chirurgo Pasquale Rosano Tricarico, di 38 anni, che è anche titolare della clinica che sorge alla marina di Belvedere, il caposala della stessa clinica Giuseppe Rosselli, di 47 anni, il fratello di quest’ ultimo Carmine, di 41 anni e Antonino Cennamo, di 50 anni.

Carmine Rosselli, che è muratore, e Cennamo, commerciante, entrambi di Fuscaldo, un paese vicino, sarebbero gli acquirenti dei due bambini. Per ora i carabinieri si limitano a dire che i due, con evidenti complicità, hanno dichiarato come loro figli due neonati nati nella clinica e partoriti da donne la cui identità non è stata per ora fornita.

I due, si dice in paese, volevano adottare un bambino ma le difficoltà burocratiche della legge, le lungaggini, spesso fanno perdere la volontà ed anche, a volte, le possibilità che si possono creare. Una triste odissea. Sulla vicenda che ha portato ieri agli arresti la procura di Paola aveva aperto un’ inchiesta alcuni mesi fa ma i fatti si sarebbero verificati almeno tre anni addietro.

Domenico Fiordalisi
Domenico Fiordalisi

Il sostituto procuratore Domenico Fiordalisi, che è stato incaricato di seguire le indagini, ha ordinato una serie di perquisizioni sia nell’ ufficio anagrafe di Belvedere Marittimo che nella clinica. Sono stati sequestrati documenti ritenuti utili e fondamentali per dimostrare che i due neonati sono figli di madri diverse da quelle con cui sono poi vissuti per tre anni.

LA PENTITA

Ma tutta la vicenda – si tratta dell’ unico particolare emerso dallo strettissimo riserbo istruttorio che circonda il fatto – non sarebbe venuta alla luce senza che una delle due donne che hanno partorito nella clinica di Belvedere si fosse decisa a raccontare la sua odissea. Una pentita, potrebbe definirsi.

All’ origine pare, infatti, che le due donne non abbiano fatto problemi per cedere (non si sa ancora se in compenso di soldi) i bambini appena partoriti nella clinica. Tutto sarebbe avvenuto con il loro consenso. Chirurgo nonché gestore della clinica e caposala si sarebbero curati del parto e di segnalare l’ avvenuta richiesta a chi ne aveva fatto richiesta, magari molto tempo prima.

Solo nei mesi scorsi una delle due madri si sarebbe però decisa a vuotare il sacco, raccontando tutto ai carabinieri. Il motivo del pentimento sarebbe stato quello di rivolere indietro il figlio. Da qui l’ avvio delle indagini sfociate ieri nei clamorosi arresti.

Ieri né a Belvedere Marittimo né a Fuscaldo si trovava qualcuno disposto a parlare. Le famiglie Rosselli e Cennamo, si è saputo, da tempo desideravano un bambino. Non ne potevano avere. Sono descritte come famiglie modeste, di gente che lavora, che non ha mai fatto parlare o creato fastidi di alcun genere. A Belvedere, nella clinica privata del professor Tricarico, non si scopre nessuno. Tutti dietro un rigido no comment.

BELVEDERE, CITTA’ DELLE CLINICHE

La clinica è intestata ufficialmente alla nonna del medico, si chiama Ninetta Rosano, e lo stesso Tricarico porta anche il cognome del nonno, come segno dicono in paese di un’ antica devozione. In segno di devozione. I posti letto ufficiali sono 145, tutti convenzionati. Si tratta di una clinica polispecialistica.

Particolare curioso: a Belvedere Marittimo (meno di diecimila abitanti secondo l’ ultimo censimento) ci sono tre cliniche private (oltre alla Tricarico, la Spinelli e la Cascini, ndr). Tredici ne sorgono invece in tutta la provincia di Cosenza. Il totale dei posti letto è di trecento. Un po’ troppi se si pensa che a meno di dieci chilometri, a sud e a nord, ci sono ben tre ospedali: a Paola, a Cetraro e a Praia a Mare, tutti denominati come ospedali zonali.

CONSIDERAZIONI

Fin qui un Filippo Veltri d’annata particolarmente all’attacco. Noi non sappiamo dirvi com’è finita quella vicenda giudiziaria ma è abbastanza facile supporre che una soluzione si sarà trovata, se è vero, com’è vero, che il dottore Tricarico ha operato nella sua clinica e ha fatturato milioni e milioni fino ad un anno fa e solo l’altro ieri è stato nuovamente arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta dopo il fallimento della sua “creatura”.

Tornando alla sanità, dei commissariamenti, dei piani di rientro e dei bilanci in rosso ne avremmo potuto fare volentieri a meno. La colpa di questa disastrosa circostanza va imputata alla politica calabrese, da sempre piegata agli interessi dei privati e della ‘ndrangheta. Miliardi di denaro pubblico speso per coprire appalti, impicci di ogni genere, abusi di potere e clientelismo senza mai badare ai bisogni di un popolo continuamente vessato e condannato a pagare la negligenza e l’inettitudine di chi continua ad affermare di governare in nostro nome.

Prima c’era maggiore equilibrio tra le esigenze di sanità pubblica e privata.

“Oggi – come giustamente afferma Eraldo Rizzuti – la sanità pubblica in Calabria è allo sbando per una scellerata scelta della politica che da anni continua a dirottare fiumi di denaro verso quella privata in cambio di una vergognosa egemonia politica. La salute è un diritto naturale perché è legata alla vita dell’UOMO e non può, in nessun modo, essere ridotta ad un “mercimonio e ad un mercatismo straccione” che offende la dignità umana”.

Ma i nostri politici hanno la faccia come il culo e sono sempre più prostrati alle esigenze dei papponi che guidano le cliniche: che si chiamino Greco, Tricarico, Parente, Citrigno, Potestio, Occhiuto, Gentile o Morrone cambia poco. E’ da lì che parte un flusso infinito di milioni. E che nessuno riesce a fermare.