Calabria 2021, la sanità massomafiosa è il punto di incontro tra Robertino e la scienziata

Diamoci del tu” è lo slogan, quasi azzardato, della candidata a presidente della Regione Calabria, Amalia Bruni, sostenuta dal Pd massomafioso, dai residuati bellici del Movimento 5 Stelle e dal pasticciere Carlo Tansi, con annesse un’altra serie di listarelle, che per essere buoni resteranno nella memoria solo per essere state stampate sulle schede elettorali.

E’ l’armata Brancaleone di Queen Amalia, la donna a cui dare del tu… Francamente fa sorridere il solo pensare di poterle dare del tu: sarebbe come parlare ad un monolite, freddo, ostile e malato di vanagloria. Non lo diciamo noi, riportiamo il pensiero delle tante famiglie che hanno purtroppo incrociato nella malattia delle demenze la scienziata Amalia Bruni.

La regina della scienza calabrese, vestale per autoproclamazione di Rita Levi Montalcini, è scesa dal piedistallo, non parla più in terza persona come rappresentante in terra del Divino ed ora, chiede pure che le si dia del tu? Miracolo!

Però qualcosa non torna sulla tempistica e di una recuperata ed altrettanto strana favella, sul mutismo storico di Queen Amalia, che indossando l’armatura e lancia in resta, si autoproclama paladina dell’ultimo respiro a difesa della legalità calabra.

L’anomalia si spiega sempre ed oggi ancora di più perché nelle ultime ore il palazzo torna a tremare, la politica arranca e sullo sfondo le prossime elezioni regionali non sembrano affatto una passeggiata di salute per nessuno, né tantomeno per i complici di Roberto Occhiuto e per quelli di Amalia Bruni: la donna dall’ultima parola e dal codice etico di Agazio Loiero scesa in campo per continuare a perpetuare la logica del sistema che l’ha arricchita.

La sanità – lo ribadiamo e documentiamo da più anni ormai – è sempre il covo degli infami del sistema di potere assolutamente trasversale che coinvolge il famigerato superclan dei calabresi tuttora guidato da Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio. E’ il luogo delle invasioni barbariche ed Amalia Bruni lo sa bene, dove l’oro pesa quanto il ferro e la vita è un decimale, dove le complicità che avvelenano sempre il futuro ogni tanto sono soggette al terremoto imposto dalla magistratura.

Al centro delle truffe e del malaffare ci sono sempre le Asp e le Aziende ospedaliere calabresi, quelle dai bilanci fantasy, dai conti senza fondo e dai debiti monstre: storie di Calabria e complicità sanitarie. Reggio Calabria come Catanzaro non solo perché sciolte per mafia, ma come Cosenza, Crotone, Vibo e tutto il cucuzzaro… Non è più una novità perché è la lunga storia calabrese scritta da predoni in associazione a delinquere fra politica, imprenditoria, ‘ndrangheta, massoneria, colletti bianchi e camici bianchi.

A rifrescare la memoria c’ha pensato la Dda di Reggio Calabria del procuratore Giovanni Bombardieri che appena due giorni fa ha presentato alla stampa ed all’attenzione dei calabresi l’operazione “Inter nos” condotta dal Comando provinciale di Reggio Calabria della Guardia di Finanza in collaborazione con lo Scico, con la quale ha eseguito 17 misure cautelari, sequestrando imprese per un valore di oltre dodici milioni di euro. Al centro del malaffare sempre le Asp, questa volta quella di Reggio Calabria, tanti i fronti d’illiceità, caratterizzati da un lato da reati squisitamente associativi – articolo 416 del Codice penale –, dall’altro da odiosi soprusi e abusi in termini amministrativi e sanitari. Il canovaccio è sempre lo stesso, si parla di corruzione, di gare truccate e di appalti rinnovati tacitamente, tranciante è il commento del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni, in relazione all’utilità dei commissariamenti: «Fatto così, il commissariamento non serve a nulla. Non serve a nulla cambiare la governance, ad esempio in una specifica Azienda sanitaria provinciale, se poi non cambiano i funzionari».

La storia ritorna al punto di partenza, a quelle osservazioni che abbiano fatto fino ad oggi sulla vicenda dell’Asp di Catanzaro e sulla truffa agli anziani, venuta fuori con l’operazione “Stop and go” ed i funzionari sono rimasti al loro posto, anzi hanno consolidato la posizione, quella che è ritornata utile alle necessità di Amalia Bruni e del suo Centro fantasma di Neurogenetica. Le parole sono sempre pesanti e lo diventano ulteriormente se chi le dice è un magistrato da sempre in prima fila contro i reati consumati sulla pelle dei calabresi, Gerardo Dominijanni appunto. Questo avvalora una teoria, neanche tanto nostra, che il pozzo della sanità calabrese è avvelenato e che la prima responsabilità nasce dai vertici, quasi sempre apicali che gestiscono le risorse nelle aziende sanitarie provinciali dove i commissariamenti sono foglie di fico inutili, se prima non si rimuovono le teste di legno che siedono, in modo sempre inamovibile, nelle stanze della spesa e della programmazione sanitaria, il più delle volte – come abbiamo visto con il CCM (Chronic Care Model) dell’Asp di Catanzaro – fasulla e compromessa.

La storia che abbiamo scritto, al momento parziale in termini di rivelazioni, di Amalia Bruni, del suo Centro Regionale di Neurogenetica, della Regione Calabria e dell’Asp di Catanzaro non era e non è una favola, ma la replica di un metodo che si ripropone sempre anche cambiando la latitudine. Non possiamo nemmeno più parlare di Vaso di Pandora per darci un vezzo, perché il vasellame ormai non basta più a contenere e nascondere l’oceano di melma che è la sanità regionale, dove chi si affretta a prendere le distanze almeno con le enunciazioni, a marcare un percorso è generalmente infognato più di altri, per tradizione, per storia, per ingordigia e per appartenenza. Questo non dovrebbe sfuggire ad Amalia Bruni il cui carisma nasce proprio da questo tipo di storia e chi si ostina a negarlo non fa un buon servizio alla Calabria.

E’ palese e significativo nei fatti dandocene la misura e la conferma che nell’aria c’è tensione, l’appello estemporaneo della candidata alla Regione Calabria, Amalia Bruni lanciato alla stampa dopo aver saputo dell’operazione “Inter nos” lo conferma, perché stranamente rompe un silenzio ormai consolidato: «Naturalmente bisognerà attendere i riscontri della magistratura ma ora io dico che dobbiamo lasciarci alle spalle anni di malgoverno e di malaffare, chiedo a tutti i calabresi onesti che sono la maggior parte di riflettere e di imboccare la strada del cambiamento reale perché finalmente possiamo ripristinare la legalità nella nostra Regione. Ora abbiamo l’occasione per farlo, mandando a casa i corrotti e i collusi col malaffare».

In pratica è come ha già detto Queen Amalia: «La ‘ndrangheta è questione di cui si devono occupare i Tribunali». O magari, per dirla con Enzo Sculco, un “fenomeno letterario”. Se fosse per loro, non direbbero neanche che esiste…

Non basta bluffare su un codice etico che si dice molto restrittivo, se poi Amalia Bruni sa bene che dovrà mediare, che i suoi sponsor non le consentiranno di avere, come lei improvvidamente dichiara, “l’ultima parola” o di essere “la donna al comando” perché non è vero, ma soprattutto perché scatenerebbe la rappresaglia, quella che metterebbe fuori troppi documenti scottanti – alcuni ce li abbiamo anche noi e ce li riserviamo per la lunga campagna elettorale che ci attende – che seppellirebbero definitivamente quella credibilità troppo spesso sbandierata. La moralità in saldo non dice nulla, anzi paradossalmente ci offre quella che è la vera lettura dei fatti: che Queen Amalia è in trappola e che la “marmitta” della signora avverte i primi venti freddi e ostili nonostante il caldo torrido dell’estate 2021. 

«Il codice etico prevede un forte rinnovamento, il che significa che tra qualche giorno sarà in rete e di cui i partiti devono tenere conto, perché senza di esso non ci sarà il rinnovamento, ma non ci sarà nemmeno Amalia Bruni. Da sempre ho detto che in questa coalizione guido io, sono io a dare l’ultima parola sulle liste, anche dei singoli partiti, e di cui mi assumo la responsabilità perché sono io che ci sto mettendo la faccia, la mia storia, la mia professionalità». Questa è la via di fuga che la scienziata sta ormai preparando, perché sa bene che l’appello alla legalità dovrà prima lanciarlo nel suo backstage, ed il risultato è tutt’altro che scontato. Prima di parlare ai calabresi e di chiedere loro di darle del tu, aspetti di verificare cosa risponde il retrobottega e vediamo chi le ordineranno di mettere in lista. E se sono vere alcune voci, ci sarà da ridere per ore e ore.

La sanità è il punto di ritorno e quel luogo incontrollato dei faccendieri, anche quelli con i colori della politica: ogni operazione della magistratura lo conferma. E’ per questo che il procuratore Nicola Gratteri, visto che ha deciso di rimanere ancora qui, uno sforzo lo deve pure fare: andare a guardare nelle zone d’ombra della storia di Amalia Bruni e del Centro Regionale di Neurogenetica, ma anche in quelle di Robertino Occhiuto, il garantista a prescindere, giusto per capire i suoi loschi affari nella sanità privata, insieme al fratello Mario, con il nuovo business-man Carminuzzu Potestio, il loro prestanome, uomo d’onore e deus ex machina del Centro Anmi che sguazza negli affari tra Cosenza e Corigliano-Rossano.

In comune con Amalia Bruni hanno lo stesso cinismo con il quale speculano sui malati di Alzheimer e persino su mutilati e invalidi perché ANMI altro non è che l’acronimo di Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi, una sigla con la quale Potestio sta rastrellando milioni e milioni di euro dai fondi della sanità della Regione Calabria e ormai il giro di soldini è diventato così imbarazzante da creare fastidio persino al magistrato Gattopardo che guida la procura di Cosenza, porto delle nebbie per eccellenza del sistema massomafioso calabrese.

Gratteri, a questo punto, ha il dovere di far passare il dubbio, che molti insinuano, che la Procura di Catanzaro sia controllata dai “servizi segreti”. Non basta essere frequentatori di Via Gradoli a Roma, come Robertino Occhiuto, per spacciare coperture, anche perché in quella via ci sono certamente i riferimenti dei servizi, ma non solo… Intelligenti pauca… 

Questo ulteriore sforzo che noi riportiamo, lo chiedono a Nicola Gratteri i suoi conterranei, i tanti calabresi che vedono in lui l’unica speranza, ma anche e soprattutto quelli che hanno incrociato la malattia, come le demenze o come l’invalidità permanente e persino la mutilazione e che hanno dovuto avere a che fare proprio con Amalia Bruni e Carmine Potesttio. Da una parte con quella scatola vuota che si definisce il Centro Regionale di Neurogenetica, una loggia quasi segreta in termini di risposta dove tutto è mummificato, fatto salvo lo scorrere dei soldi dei cittadini da sempre usati per mantenere situazioni di comodo e di complicità in termini medici, quelli che esistono e resistono negli ambiti dell’Asp di Catanzaro da sempre sodale del meccanismo. E dall’altra il Centro ANMI di Carmine Potestio, prestanome di Robertino Occhiuto, altrettanto spregiudicato e senza nessuna morale.

Noi per senso civico e per rispondere ad un bisogno di giustizia che ci è stato da più parti rappresentato, con i documenti e le notizie di cui disponiamo e che giorno dopo giorno si autoalimentano con nuovi particolari che continuiamo a ricevere, daremo una mano per svelare l’arcano e raccontare, fin dove ci sarà possibile, la truffa di Amalia Bruni e le “magie” di Robertino Occhiuto travestito da Carminuzzu Potestio, ma al resto dovrà pensarci la Giustizia, sperando che ancora esista e non faccia come a gennaio 2020, quando in pratica ha spianato la strada alla vittoria dell’ormai defunta Jole Santelli.