25 aprile 1945. Ricordiamoci di tutte le vittime inermi del nazifascismo

25 APRILE 1945: RICORDIAMOCI DI TUTTE LE VITTIME DEL NAZIFASCISMO

di Giuseppe Tassi

Nel Sud fino a Salerno l’arrivo degli alleati e la tenue opposizione dei tedeschi non creò le condizioni per la nascita di un movimento partigiano di resistenza. Ma tanti furono i calabresi e i meridionali che parteciparono alla Resistenza e alla guerra di Liberazione del Centro-Nord dal nazifascismo. E’ giusto che oggi, 25 aprile, ce ne ricordiamo i nomi, le storie, le azioni eroiche. Anzi servirebbe un censimento storico per mettere insieme tutte queste storie per dare un insieme compiuto dei calabresi impegnati nella resistenza. E’ un lavoro che potrebbe fare l’ANPI in collaborazione con la Regione Calabria.

Non avrei scritto nulla condividendo tutti i ricordi che sono apparsi sui siti, sui social, su Facebook. Scrivo questo post perché penso che il 25 aprile deve essere la giornata in cui si ricordano anche i 160 mila civili morti in Italia durante quegli anni. Al fianco dei civili massacrati atrocemente dai nazifascisti vanno ricordati anche i civili morti sotto i bombardamenti degli alleati. La Calabria ha avuto migliaia di morti inermi, e i più colpiti sono state donne, bambini e anziani.

Non sono morti da nascondere, né caduti di serie B, sono caduti di una guerra folle voluta da Mussolini e dal fascismo. Il minotauro, descritto da Giuseppe Occhiato in Oga Magoga che “… stando a Roma, infestava tutto il paese e affamava la gente… il più micidiale era il primo che stava nella capitale a insozzare la nazione tutta”. Quel tragicante che ci portò in guerra “che prima ci chiamò e ci impapocchiò e alla fine ci infasciò e ci lasciò tutti con questa grande improsatura…”.

Una guerra folle, come tutte le guerre. perché, ricordiamocelo tutti, oggi si festeggia la libertà e la fine di un’immane tragedia. “Se c’era una sgomentosa atrocità senza senso, era proprio quella somma ingiustizia chiamata guerra, figurante massima di madama Mortazza, che poi equivaleva a quella scasciosa mancanza di senso che assume sempre la morte di un gairello che ancora deve assaggiare la vita, che ancora deve conoscere il mondo, costretto a congedarsi da questa terra luminosa senza che abbia potuto lasciare una sola stampa del proprio passaggio, passaggio perduto, passaggio non pervenuto, passaggio non avvertito, leggero, insignificante, senza alcuna importanza”.

Prima dello sbarco del 3 settembre 1943, gli alleati bombardarono ferocemente Reggio Calabria e tutti i punti nevralgici della Calabria. L’aeroporto militare di Vibo Valentia che si trovava a mezza strada tra Vibo e Mileto fu sottoposto a bombardamenti continui nel luglio del 1943. Il 10 e l’11 luglio fu semidistrutto da bombardamenti feroci. Mio padre, giovane tenente, si salvò la vita perchè un giovane aiutante aviere, Vincenzo Currà di 24 anni, lo protesse con il suo corpo. Dopo pochi giorni, il 16 luglio, si ebbe un’altra incursione aerea degli alleati sul campo d’aviazione di Vibo che ne completò la distruzione. Alla fine del bombardamento,, quattro cacciamitragliatori di scorta ai bombardieri si staccarono e arrivati sui cieli di Mileto si misero a mitragliare facendo una carneficina di tanta povera gente. Carneficina rimossa per decenni fino a quando Giuseppe Occhiato riportò alla luce questa tragedia nel suo primo romanzo: “Carasace, il giorno in cui della carne cristiana si fece tonnina”. Poi ripreso da Occhiato e ripubblicato da Rubbettino nel suo terzo romanzo Lo Sdiregno.

“Ma il giorno del grande sfracello era venuto davvero; e scampo non c’era, come non ci fu. Si alzarono i massari e i cilonari, si alzarono i poveri cirenei, le afflitti madri si levarono..”.
Quel tragico 16 luglio morirono 39 persone inermi, povera gente, contadini, massari, gente comune. E anche tra i deboli a perire furono quelli ancor più deboli, 18 donne, 16 bambini, 3 anziani maschi.
I nomi dii questa tragedia andrebbero ricordati oggi, 25 aprile, al fianco dei partigiani uccisi dai nazifascisti. Anche loro sono vittime del fascismo e della brutalità della guerra. Dopo il libro di Giuseppe Occhiato, l’amministrazione comunale di Mileto nel 1988 pose una lapide a ricordo dell’eccidio.

16 LUGLIO 1943
AFFINCHE LE GENERAZIONI FUTURE
NON DIMENTICHINO LA FUNESTA RICORRENZA
PER ONORARE LA MEMORIA DI TRENTANOVE MARTIRI
CHE NELLE CONTRADE PELLEGRINO – JARE – S. ELIA – CUNTURE – CARASACE
FURONO STRONCATI DAL BOMBARDAMENTO AEREO
MILETO
PONE OGGI 16 LUGLIO 1988
QUESTA LAPIDE A PERENNE RICORDO

ARTUSA CATERINA ANNI 33 PAGNOTTA S MARIA ANNI 8
BERTUCCIO M.CRISTINA ” 52 PALMIERI MARIA ” 43
BULZOMI’ RAFFAELLA ” 29 PIRAINO ANTONIO ” 2
CHILLEMI GIUSEPPE ” – PITITTO FORTUNATA ” 23
CICHELLO ANTONIO MESI 4 PITITTO MARIANGELA ” 12
COLLOCA CATERINA ANNI 11 PITITTO PASQUALE ” 15
CURRA’ PASQUALE ” 89 PITITTO ROSA ” 75
D’ONOFRIO ANTONIA ” 4 PITITTO ROSINA ” 56
D’ONOFRIO MARIA ” 9 PITITTO STELLA ” 37
D’ONOFRIO M ROSA ” 6 RAFFAELE ANNUNZIATO ” 12
GALATI DOMENICO ” 13 ROMANO M CARMELA ” 55
GANZIO GIUDITTA ” 30 TAVELLA ROSETTA ” 43
LASCALA ANTONINO ” 20 VALENTE FORTUNATA ” 26
LASCALA FORTUNATA ” 73 VARDARO FORTUNATA ” 48
LA TORRE ANTONIO ” 59 VERDUCCI CARMELA ” 37
LEOPARDI LUIGI ” 26 VITRO’ ANNA MARIA ” 67
MANDUCA M CATERINA ” 36
MASTRUZZO M TERESA ” 68 AVIERE IGNOTO ”
OCCHIATO CAROLINA ” 69
PAGNOTTA FORTUNATO ” 13

“In un lampo abbandonarono la vita, perirono per conquistarsi, ciascuno di loro, i propri non cedibili sette palmicelli di terra, all’ombra degli alberi pizzuti. Un’intera parentela di famiglie cafariate, tre fratelli ingraminati, rimasti tutti in una volta senza mogli e senza padre, e quattro innocenti diventati orfani delle mamme; tre soricelle in tenera età, e poi ancora madri e altri figli, tutti scomparsi cosi, come in un soffio, spariti, quasimente non fossero mai esisstiti, portati via dalla trista lupazza allissata da quella disgraziata malandrina di guerra”: