Cetraro, 6 avvisi di garanzia per la morte di Tina Adamo

L’ospedale Iannelli di Cetraro in questi giorni frenetici rappresenta in pieno il triste motto degli “ospedali da incubo” che flagella la Calabria ormai da troppo tempo. La morte dopo il parto della 36enne Santina Adamo, per tutti Tina, rappresenta il fatidico punto di non ritorno o se preferite l’agghiacciante testimonianza di aver toccato il fondo.

Cercare e capire le cause della morte della sfortunata Tina è una sorta di impresa titanica. Mai come adesso questo caso si presenta di difficilissima soluzione perché quelle cinque ore nelle quali Tina è rimasta tra le mura dell’ospedale di Cetraro (dalla mezzanotte alle cinque del mattino del 17 luglio) devono essere analizzate da tutte le angolazioni e da tutti i punti di vista affinché si riesca davvero a fare luce su quanto è accaduto.

I familiari di Tina hanno presentato denuncia ai carabinieri e di conseguenza la procura della Repubblica di Paola ha aperto un’inchiesta perché il primo aspetto da monitorare riguarda l’accertamento di eventuali responsabilità penali da parte di medici e personale sanitario dal momento in cui è avvenuto il parto fino alla terribile morte della giovane donna. Il sospetto dei familiari è che ci siano state procedure errate e quindi negligenze. In questi casi, è quasi superfluo sottolineare che gli avvisi di garanzia sono un atto dovuto e di conseguenza la procura di Paola, dopo le prime indagini, ne ha notificato sei – secondo quanto si apprende – a medici e personale sanitario del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Cetraro. 

Il medico di turno in quella maledetta notte che ha preso in cura Tina è una donna, Concetta Perri, 46 anni, in servizio a Cetraro da un paio d’anni e moglie di un ginecologo – Lello Soranna – che lavora in quello stesso ospedale da quasi un decennio. E’ stata lei che l’ha fatta partorire, intorno all’una, insieme all’ostetrica Loretta De Biase e in un primo tempo tutto sembrava essere andato per il meglio e anche il bimbo è nato senza complicazioni e sta bene. Il problema è che la povera Tina ha iniziato a sanguinare e che in questi casi i medici e il personale sanitario devono rispettare i cosiddetti protocolli delle emorragie post partum ed è del tutto evidente, purtroppo, che qualcosa non ha funzionato.

La dottoressa Concetta Perri e l’ostetrica Loretta De Biase hanno capito che la situazione era diventata critica circa un’ora più tardi, quando sono emerse tutte le falle dell’organizzazione sanitaria, a partire dalla mancata presenza di un chirurgo per continuare con l’incredibile assenza di sacche di sangue, per le quali sarebbe stato necessario andare all’ospedale di Paola. E’ a questo punto che la dottoressa Perri chiama Angelo Cannizzaro, 64 anni, ginecologo esperto, in forza al Reparto ormai da 15 anni. Arriva intorno alle tre di notte, quando Tina è ancora viva ma la situazione è già decisamente compromessa. Cannizzaro cerca in tutti i modi di salvare Tina insieme ai due rianimatori dell’ospedale di Cetraro, Francesco Amoroso e Alessandra Chidichimo. Ma purtroppo non c’è niente da fare. Le indagini della procura di Paola infine accertano la presenza di un terzo medico quando probabilmente Tina era già morta, alle cinque del mattino. Si tratta di Giancarlo D’Agostino e anche lui – per quanto si è appreso – ha ricevuto un avviso di garanzia, più che altro per dare la sua versione dei fatti, visto che è stato l’ultimo ad arrivare.

Ricapitolando: tre medici ginecologi, un’ostetrica e due rianimatori. Queste sono le persone che hanno avuto a che fare con questa terribile e anacronistica morte di parto nel 2019. Nell’elenco degli avvisi di garanzia non c’è quello del primario per un semplice motivo: nel Reparto di Ginecologia di Cetraro non c’è un direttore effettivo ormai da più di due anni, come abbiamo spiegato anche ieri. Si va avanti con incarichi “ad interim”: prima Domenico Introini e poi, dopo il suo pensionamento, è toccato a Mario Greco, che è anche primario nel Reparto di Ginecologia all’ospedale di Castrovillari. Ma è chiaro come il sole che – in queste condizioni – è esattamente come se non ci fosse e di conseguenza non ha neanche ricevuto l’avviso di garanzia. L’ultimo concorso è stato espletato più di due anni fa: il ginecologo cosentino Raffaele Misasi era risultato primo ma logiche politiche e di potere gli hanno impedito di entrare in servizio. E così adesso quel concorso si dovrà ripetere ma – com’è molto triste sottolineare – solo dopo che la tragedia è puntualmente avvenuta.

Stabilire il confine tra le responsabilità umane e le falle dell’organizzazione sanitaria non sarà facile ma al di là di ogni discussione, appare chiaro il problema di fondo: se il centro trasfusionale fosse stato dove per legge è previsto cioè dove c’è un punto nascita, quasi sicuramente Tina si sarebbe salvata.

ROTA GRECA, MONTALTO E IL MONDO DELLA DANZA PIANGONO TINA

Intanto, nei centri di Rota Greca, dove Tina è nata e di Montalto Uffugo, dove risiedeva da tempo, la commozione e lo sgomento sono ancora profondi in attesa che venga effettuata l’autopsia e possa essere celebrato il funerale della giovane donna. Tina Adamo era una maestra di danza e il ballo è sempre stata la sua passione. Aveva tante allieve ed allievi nel popolare Centro di Danza di Ilaria Dima di Taverna di Montalto ed era universalmente stimata per la sua professionalità, il suo sorriso e la sua eleganza. Nessuno riesce a darsi pace per quello che è accaduto e tutti indistintamente piangono la “maestra Tina”, come tutti la chiamavano: allieve e allievi, i loro genitori e i tanti amici della giovane donna, che ha lasciato oltre al marito e al piccolo nato il 17 luglio un altro bambino di 4 anni, il suo primogenito.

GLI ISPETTORI DEL MINISTRO

Intanto, il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha disposto l’invio della task force, composta da dirigenti del ministero della Salute, Iss, Agenas, Carabinieri del Nas e un delegato delle Regioni. “Abbiamo il dovere di accertare come sia stato possibile che una donna di 36 anni, già mamma di un bimbo – ha affermato il ministro – abbia potuto perdere la vita dopo aver messo al mondo il suo bambino, che per fortuna sta bene, ma crescerà senza la madre. Anche la magistratura ha avviato le sue indagini, ma noi come ministero dobbiamo fare la nostra parte. Lo dobbiamo alla vittima e alla sua famiglia che oggi la piange. Ma lo dobbiamo anche alla Calabria a cui è rivolto il nostro massimo impegno perché torni ad avere una sanità degna di questo nome”.